Quando raggiungo la stazione della Circumvesuviana di Somma l’orologio segna le 14. Da queste parti è piena ora di pranzo domenicale. Abbastanza scontato, dunque, che per le strade non ci sia praticamente nessuno. È trascorsa un’oretta dal termine della sfida tra Viribus e Ottaviano e, per ingannare il tempo, mi fiondo nell’unica attività aperta: una pasticceria che – a ridosso di San Giuseppe – sforna zeppole a go-go, facendo cedere la mia già bassa resistenza al languore. I vecchi treni bianchi e rossi, pieni zeppi di gente, e rumorosi nel loro percorrere la strada ferrata che li congiunge al capoluogo, hanno sempre un fascino irresistibile e fungono da perfetta cesura a questo fine settimana. Che dapprima mi ha visto protagonista al PalaBarbuto di Napoli per la sfida tra la locale squadra di basket e Pistoia, e poi nel rinnovato stadio Nappi, dove ho finalmente potuto vedere all’opera la tifoseria locale, di cui avevo sfocati ricordi risalenti a inizio anni duemila.

Ad attirare la mia curiosità, in tempi non sospetti, oltre a un mero discorso ultras, ammetto che sono stati due elementi: il primo rappresentato dal nome del club. Un chiaro riferimento alla corazzata della Imperiale e Regia Marina austro-ungarica, nonché nave ammiraglia e fiore all’occhiello della flotta, affondata nel 1918 a Pola dalla Regia Marina Italiana. Il secondo dalla posizione del paese, posto proprio alle pendici del Monte Somma, che assieme al Vesuvio rappresenta una delle due cime di quello che fino all’eruzione del 79 d.C. (celebre per la distruzione di Pompei ed Ercolano, tanto per intenderci) era un unico cono vulcanico. Un sodalizio dalla storia calcistica travagliata, che dopo ben quattordici anni di fila (dal 1998 al 2012) passati in Serie D, ha conosciuto diversi fallimenti e ripartenze, barcamenandosi nei bassifondi del calcio regionale e non riuscendo a rinverdire i fasti del passato. Anche perché la questione stadio è stata determinante nello sfacelo sportivo e in termini di seguito: undici, interminabili, anni senza “casa” per il calcio sommese. Un lasso di tempo infinito, dal 2012 al 2023, in cui le precarie condizioni strutturali, igieniche e sanitarie del Nappi si sono aggiunte alla classica lentezza istituzionale/burocratica italiana, rischiando seriamente di far sparire il club. Il coro gridato a più riprese dagli ultras locali “Com’è bello giocare in casa”, la dice lunga sull’agonia vissuta e su quanto il ritorno tra le mura amiche sia stato anelato.

Con i suoi 33.000 abitanti Somma Vesuviana è uno dei tipici, popolosi, paesi dell’hinterland napoletano, inserito – manco a dirlo – nel cuore del Parco Nazionale del Vesuvio, che qua è il vero e proprio “Re” indiscusso. Pronto a vegliare costantemente gli autoctoni. La presenza del vulcano ha permesso a quest’area di essere da sempre fiorente e strategica da un punto dal punto di vista agricolo, tanto da renderla dapprima zona di disputa tra Roma e Nola e, successivamente al controllo romano della Campania Felix, terra privilegiata per l’esportazione di merci primarie come uva, vino e raccolti vari, nonché per l’installazione di numerose ville appartenenti all’aristocrazia romana. Il segno della storia più tangibile, probabilmente, è oggi rappresentato dalla cinta muraria edificata dagli aragonesi a metà del XV secolo e dal Borgo Casamale, celebre anche per ospitare ogni quattro anni la Festa delle Lucerne, una celebrazione di origini pagane in cui un uomo e una donna – anche detti ’o mast ‘e festa – accendono le prime fiaccole, dando il la a tutte le altre, nonché all’apertura dei banchetti con cibo e vino. Nel frattempo nella Collegiata viene esposta la Madonna della Neve, che il 5 agosto è portata in processione per i vicoli del paese. Senza voler tediare il lettore, credo sia sempre importante evidenziare la natura storica del posto che si visita e il legame con la propria squadra, altrimenti per qualcuno potrebbe sembrare un esercizio infantile quello di non seguire i propri colori o allontanarsi dalla squadra della città, quando la stessa è costretta a traslocare fuori dai confini comunali. E purtroppo, come ben sappiamo, questa è una storia che si ripete scientificamente in ogni angolo del Belpaese.

L’avvento della primavera è certificato dai numerosi venditori di carciofi arrostiti, disseminati in numerosi angoli della strada man mano che si entra nel paese. Li ritengo un vero e proprio simbolo di questa zona: armati di brace, con i loro ventagli a “soffiare” sul fuoco e le classiche chiacchiere – con birra o vino al seguito – scambiate con persone di passaggio. Un inno alla spontaneità e, se vogliamo, anche a un’Italia che per certi versi non c’è più. Quando gli passo lentamente davanti scattando un paio di foto, le loro facce irritate la dicono lunga su quanto possano ritenere inconcepibile che qualcuno si interessi alle carcioffole arrustute. Ergo: questo articolo può esser ancor più dettagliato – almeno a livello fotografico – grazie al rischio occorso al sottoscritto (sic!).

Attorno al perimetro dello stadio c’è un discreto spiegamento di forze dell’ordine, a conferma che oggi al suo interno saranno presenti entrambi i contingenti ultras. Parliamo pur sempre di Promozione e la cosa non è quindi scontata. Da buono stadio campano, la quasi totalità delle mura circostanti sono tappezzate di scritte e murales, aspetto che secondo me dà sempre un tocco di vitalità in più. Da qualche anno il gruppo Supporters Sommesi ha ricostruito il seguito organizzato attorno alla Viribus, andando a riprendere la strada tracciata dai Vecchi Ultras ’93, storica insegna (sciolta nel 2010) che ha seguito lungamente e negli anni belli le sorti dei rossoblù e dai Bronx (gruppo nato nel 2010 e sciolto nel 2017 a causa delle venti diffide ricevute dopo alcuni tafferugli in quel di Villa Literno). Un percorso non meno complicato di quello della squadra. Segnato in particolar modo dai gravissimi episodi accaduti nel 1981 a margine del match di Interregionale contro la Juve Stabia. In quell’occasione scoppiarono importanti incidenti tra tifoserie, culminati con l’uccisione – da parte di un carabiniere – del giovane supporter sommese Pasquale Ammirati, colpito alla nuca da un colpo di pistola esploso da un milite che gli aveva intimato di fermarsi. Una vicenda, ovviamente, torbida, in cui diversi amici del ragazzo evidenziarono come lo stesso non fosse intento a partecipare ai tumulti, bensì si stesse allontanando per non prendervi parte. Ciò che tuttavia resta è l’ennesima, assurda, morte di un tifoso per colpa di una malagestione dell’ordine pubblico che negli anni, ahinoi, ha mantenuto una certa coerenza. L’episodio causò grande tensione e tristezza, sia in seno alla comunità locale che ai dirigenti della società, che decisero di lasciare il club. Mettendo, di fatto, la parola fine al buon periodo dello stesso. Dopo questi fatti anche gli Ensamble Ultras Blue Red Skins – che all’epoca avevano costituito il primo nucleo organizzato al seguito dei rossoblù – porranno fine alla loro esperienza. Bisognerà aspettare il 1993 per rivedere validi imprenditori al timone della Viribus. Una cordata capeggiata da Gaetano Molaro (noto personaggio in città) a cui presero parte altri uomini d’affari sommesi. E con loro torneranno anche gli ultras sugli spalti.

L’odore del calcio regionale è sempre quello giusto, quello che alle 11 di mattina ti rimanda con la testa a dolci ricordi adolescenziali e che, soprattutto, ti estranea totalmente dallo show business delle categorie maggiori. Qua tutte le figure sono al loro posto: il magazziniere che ti consegna le pettorine, il dirigente che ti accoglie con il sorriso e l’arbitro che si raccomanda di non mettersi tra le due panchine… cosa che puntualmente faccio. Il terreno frastagliato rispecchia quel fascino dell’imperfetto di cui tutti abbiamo un po’ bisogno, sebbene non credo che i giocatori la pensino ugualmente. Ma al cospetto di manti perfetti, rasati al millimetro o – peggio ancora – rifatti in sintetico, sentire il profumo dell’erba fondersi con quello della terra è bello, genuino e verace. Così come la villetta con piscina posta proprio dietro le panchine lascia immaginare quanto i propri abitanti si divertano nella stagione estiva. Bagno con vista Vesuvio. Un po’ come essere a Vico Equense, con il vantaggio di non spostarsi.

Col sole che picchia sempre più forte, le due tifoserie fanno il loro ingresso sulle gradinate in cemento dello stadio Felice Nappi (intitolato all’omonimo giocatore della Viribus, scomparso tragicamente in un incidente stradale), mentre anche le squadre escono dagli spogliatoi. I due paesi sono separati da soli cinque chilometri e condividono le falde del Vesuvio, cosa che rende l’incontro ancor più affascinante in termini geografici (da sottolineare come sotto il comune di Ottaviano ricada l’egida di gran parte del cratere e la cima più alta). Tra le fila sommesi da segnalare la presenza dei ragazzi del Blocco Sismico Terzigno. Altra realtà alquanto consolidata nella zona che, per uno scherzo del destino, vive attualmente lo stesso “disagio” vissuto dai rossoblù per anni: stadio inagibile e società costretta a peregrinare nel comprensorio. Dall’altra parte il manipolo di ottavianesi presente, si staglia dietro le proprie pezze cominciando a sostenere i propri colori con battimani secchi e cori a rispondere. Appare chiaro – e forse anche scontato – come le due tifoserie attingano molto dalle curve napoletane in fatto di cori e stile, ciononostante le rispettive performance canore sono senz’altro ottime e molto intense. Forse, se posso permettermi, l’unica “lieve” differenza che noto è tra le fila ospiti, dove campeggia fieramente un bel fiasco di vino, andando a riprendere l’anima paesana e verace di chi vive eternamente (e fieramente) alle pendici di quello che sulla carta è uno dei luoghi più pericolosi del Vecchio Continente.

I sommesi provano in diverse occasioni a pungere i dirimpettai, senza tuttavia trovare una risposta, mentre per il resto della gara danno vita a belle manate e cori tenuti a lungo, “accendendo il settore” con diverse torce. Tra le loro fila tanti ragazzi, a cui va dato il merito di aver riportato in auge il discorso ultras in città, cosa che se da qualche mese è finalmente aiutata dal ritorno tra le mura amiche, dall’altra non è foraggiata chissà quanto dai risultati sportivi. E qua va aperta una congrua parentesi: al momento esistono due società con la “pretesa” di rappresentare Somma Vesuviana, la prima (quella seguita dal popolo) è la Viribus Unitis 100, rifondata nel 2017 dal presidente Molaro. La seconda è la Viribus Unitis 1917 (attualmente in Prima Categoria), così denominata dopo aver acquisito il titolo del Summa Rionale (squadra della frazione Rione Trieste, tanto che all’inizio il nome del club era seguito dall’acronimo S.R.T.), non riuscendo tuttavia a far breccia nel cuore dei tifosi. I quali, anzi, sostengono a gran voce la fusione tra le due entità. Fusione che da un punto di vista logico sarebbe forse la miglior soluzione per unire le forze e porre fine a un contenzioso che in una realtà non certo metropolitana rischia di essere soltanto deleterio.

Il confronto sportivo volge ad appannaggio dei padroni di casa, che regolano gli avversari all’inglese e festeggiano sotto al settore i tre punti. Clima nettamente diverso per i ragazzi di Ottaviano, impegnati a contestare una squadra che adesso deve guardarsi pericolosamente alle spalle. Non è ancora tempo di andar via: viene infatti stabilito che i primi a uscire siano gli ospiti, facendo così rimanere dentro le due fazioni e dando ai sommesi l’opportunità di esibirsi in altri cori. Solo quando il deflusso ottavianese è concluso, anche il pubblico di casa può riprendere la via delle uscite. Mi accodo riponendo l’attrezzatura e restituendo la pettorina. Il cancellone blu si apre e sono sulla strada che costeggia la gradinata, pronto a raggiungere la stazione della Circumvesuviana. Passano gli anni e con essi maturo esperienze e viaggi. Entrando sovente in contatto con realtà importanti, sia in Italia che all’estero. Eppure il gusto e la curiosità di “bazzicare” questi campi non mi passa, perché di fondo è come ritrovare – di tanto in tanto – quel confortevole cantuccio di casa, dove sai di essere al caldo e dove sei cosciente di non trovare delusioni. Il panorama passa fuori al finestrino del treno e lascio andare qualche scoria di stanchezza, sostituendola con quel minimo di forza che ancora pervade il mio animo (più che il corpo). Soddisfatto ancora una volta di poterla raccontare!

Testo Simone Meloni
Foto Imma Borrelli e Simone Meloni