Altissima la posta in palio in questo playoff fra Virtus Bisceglie e Ideale Bari. Si tratta in realtà “solo” di Prima Categoria ma è sempre la prospettiva delle cose a renderle importanti. Parliamo anzitutto di un sodalizio di calcio popolare, che fin qui ci è arrivata solo ed esclusivamente con le sue forze, che sono quelle della sua tifoseria che la sostiene anche economicamente. Oltre che con il tifo, s’intende.

Commisurata e notevole è la presenza barese allo stadio “Di Liddo” di Bisceglie, che ho il piacere di visitare per la prima volta; impianto con un suo certo fascino, se si considera che è tra i più vecchi della Puglia, risalendo la sua costruzione al 1926. Per tanti anni terreno di gioco storico dell’AS Bisceglie, fino alla costruzione dell’attuale “Ventura”, è stato riconsegnato qualche anno fa alla comunità dopo un corposo restyling. Quindi emozioni e storia, passate e presenti che si fondono sulle gradinate di questo stadio, incastonato fra le vie cittadine.

Anche climaticamente la giornata è molto bella e i ragazzi dell’Ideale concorrono a renderla perfetta. Oltre ai buoni numeri con cui si presentano, impreziosiscono e avvalorano la sfida con una prova di alto livello, compatto e sempre deciso è il loro sostegno, nonostante in campo non ci sia storia. Al di là del risultato che va maturando sul terreno di gioco, loro continuano a farsi sentire in maniera incisiva per tutti i novanta minuti, riuscendo con il loro calore a far finire in secondo piano l’aspetto calcistico.

Alla fine è la Virtus Bisceglie a proseguire il suo cammino verso la finale e con esso il sogno della Promozione. Sarebbe bugiardo sostenere che i tifosi dell’Ideale non ci avrebbero sperato, ancora più bugiardo dire che non l’avrebbero meritato, ma ben oltre queste circostanze imponderabili del gioco del calcio, gli “idealisti” hanno ugualmente vinto il loro campionato. Domani si sveglieranno e saranno ancora loro, pur davanti all’ennesimo campionato di Prima Categoria, con rarissime tifoserie con cui misurarsi, con gli stessi immutati valori che ne hanno ispirato le primissime gesta e che li hanno portati fino a oggi. Niente ripescaggi, niente fusioni, niente titoli acquisiti per accorciare la salita, nessun ammiccamento ai piacevoli vizi del calcio maggiore. È la passione a rendere speciale uno sport come il calcio, dove spesso ci si annoia per novanta e più minuti, dove molte volte ci si deve accontentare di un guizzo decisivo. Senza la passione di chi lo segue, come diceva bene John King, sarebbero solo ventidue uomini in mutande che rincorrono un pallone. È la passione dei tifosi a renderlo speciale. Non la categoria.

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