Artena dista da casa mia appena trenta chilometri. Una mezz’ora abbondante passando per le vie interne e godendo del notevole paesaggio che domina questa fetta di Lazio incastonata tra i Castelli Romani, i Monti Lepini e la valle del fiume Sacco. Queste furono zone di transizione e stanziamento per i popoli italici, nonché teatro di guerra con Roma, che lentamente cominciava ad espandersi verso il resto dello Stivale. Interessante la diatriba che riguarda il cambio di nome cui Artena (fino al 1873 conosciuta come Montefortino) è stata protagonista. Con questo nome si voleva infatti individuare la sede in cui sorgeva una delle più importanti città volsche, cosa che però negli ultimi anni è stata a più riprese smentita da diverse archeologi, i quali collocano l’Artena dei Volsci più a Sud, dopo Ferentino (attuale provincia di Frosinone).

A pensare quanto oggi la mano dell’uomo abbia messo a repentaglio l’ecosistema autoctono (il fiume Sacco è uno dei corsi d’acqua più inquinati e tossici d’Italia, rendendo incoltivabili diverse aree) fa davvero piangere il cuore. Soprattutto se si ha la fortuna di percorrere la Via Anagnina prima e la Tuscolana poi, immergendosi nei Colli Albani e nelle verdi vallate che circondano Artena, scendendo lentamente verso la Via Casilina. Nomi di arterie che richiamano a un passato grande, in cui veramente tutte le strade portavano a Roma. Qua persiste ancora un sentore di ruralità impressionante se si pensa alla vicinanza dell’Urbe. E forse proprio ciò non ha permesso la piena e giusta riscoperta dei tanti siti storici esistenti in questo quadrante. Ma parliamo di una costante per il Lazio.

Oggi Artena è senza dubbio uno dei paesi meglio conservati e più vivibili della regione. Con il suo centro storico medievale – totalmente non carrabile – restituisce l’idea di una città a misura d’uomo, benché attorno a essa la vita continui a scorrere con i ritmi frenetici e il suo appiglio superficiale cui siamo tristemente abituati.

A livello calcistico è la Vis a portare il nome della città per tutti i campi del Lazio e – da qualche anno – anche per quelli d’Italia. Strana storia per una società che vanta il record di campionati d’Eccellenza disputati (ben 13) e che solo nel 2019 ha conosciuto la gioia del massimo campionato dilettantistico. Il salto di categoria ha obbligato il club ad apportare importanti modifiche allo stadio Comunale, cosa che ha costretto i rossoverdi a emigrare per diverse gare nella vicina (e tutt’altro che amata) Colleferro.

Ospite di giornata è la capolista Giugliano. Non un’avversaria qualsiasi. Dopo anni di delusioni, fallimenti e ripartenze, il club campano sembra aver imboccato la strada giusta per tornare nel professionismo. I nove punti di vantaggio sulla Torres (e i due scontri diretti a favore dei Tigrotti) lasciano ben sperare nell’ambiente gialloblu, anche se le ultime prestazione sembrano aver ridestato qualche preoccupazione.

Di sicuro dopo l’ultimo fallimento il club è rinato con una società solida. Potendo contare sul rinnovato stadio De Cristofaro, dopo anni di esilio al Vallefuoco di Mugnano di Napoli. Impianto per cui – lo dico con tutta franchezza – non nutro grande simpatia. Scomodo per scattare le tifoserie, stretto, con una sola tribuna e pure poco agevole da raggiungere. E comunque quando una squadra non gioca nella propria città e sul proprio manto verde, per me perde sempre qualcosa. Si smarrisce un po’ della sua anima e del suo spirito. Costringendo peraltro i tifosi all’eterna trasferta (si è vero, Mugnano e Giugliano distano meno di quattro chilometri, ma per il calciofilo è come se fossero quattrocento!)

Con un comunicato alquanto arzigogolato in settimana la società laziale ha annunciato che il numero dei biglietti in vendita sarebbe stato di 450. Senza alcuna limitazione. Alla fine la maggior parte dei tagliandi sarà comprato – come prevedibile – dal pubblico giuglianese, che si attesterà attorno alle duecento unità. Numeri e seguito che non sono mai mancati in questi anni, malgrado le alterne fortune calcistiche. Giugliano conta ben 123.000 abitanti, il che la rende al città non capoluogo di provincia più grande d’Italia. Un bacino d’utenza sconfinato che – sebbene sia ovviamente influenzato dalla vicinanza di Napoli – ha tutte la carte in regola per figurare tra le grandi piazze della Serie C.

Il contingente ultras arriva a pochi minuti dal fischio d’inizio, posizionandosi nello spicchio di settore alla mia destra (con la nuova pezza Giugliano on tour che ricalca il marchio della Lonsdale) e cominciando a sostenere l’undici in campo con cori a rispondere e ritmati dal tamburo. Molto belli, soprattutto nel primo tempo, quando cantano con un’ottima sincronia e tanta intensità. La squadra in campo non aiuta e prima dell’intervallo subisce il gol dell’1-0. I campani cercano di spronare i propri giocatori, consci di quanto queste ultime dieci partite da disputare siano fondamentali per la storia recente della loro squadra. Nella ripresa gli ospiti trovano il pareggio ma, benché per qualche minuto l’inerzia sembri dalla loro parte, la Vis Artena riesce a tornare in vantaggio sugli sviluppi di un corner, siglando così il 2-1 che sarà il risultato finale.

Per quanto riguarda il pubblico di casa, da segnalare la presenza dei ragazzi della Legione Borghese. Nome prettamente legato all’omonima nobile famiglia romana che da queste parti si è per lungo tempo stabilita arricchendo sia il paese che il territorio circostante. Gli ultras rossoverdi aprono la gara con una fumogenata, sventolando un bandierone e tifando con una discreta costanza per tutti i 90′. Al triplice fischio gioia incontenibile per un successo storico e squadra sotto al settore per raccogliere il meritato applauso.

Clima diverso in casa Giugliano, dove la squadra si confronta civilmente con i propri tifosi ricevendo poi l’applauso finale, che vuol essere uno sprono a non mollare e a non gettar via un campionato sinora ai limiti della perfezione.

Il cielo plumbeo e un vento fresco mi ricordano che è ora di andare. In men che non si dica guadagno la strada del ritorno, lasciando alle spalle il centro abitato e percorrendo nuovamente le mie amate strade di campagna. Ogni tanto fa bene anche rimanere in prossimità di casa, assaporando il buono che la tua terra ti offre. E ovviamente coronandolo con una partitella.

Simone Meloni