Ultima giornata di campionato per la Promozione Laziale e verdetti appesi a un filo. A Grottaferrata – paese posto a una manciata di chilometri dalla Capitale, sulla Via Anagnina – la Vivace ospita la VJS Velletri, in una sorta di derby tra squadre poste ai due estremi dei Castelli Romani. Il sodalizio biancorosso vanta lontane origini, essendo stato fondato nel 1922 ed essendo, dunque, tra i primi a praticare il football in questa zona. Grottaferrata è storicamente luogo di passaggio, nonché sede dell’Abbazia di San Nilo, importante centro religioso legato alla curia romana, al quale tutt’oggi sovente fanno visita – oltre ai turisti e alle scolaresche – un gran numero di religiosi provenienti da tutto il Mondo. Essendo una tappa fissa per gli alunni romani, tornarci a distanza di parecchi anni mi fa un certo effetto. A prescindere dalla sua impronta religiosa, la sua struttura mantiene intatta un’indubbia bellezza, con la vista imponente che domina la Capitale, ai suoi piedi. Inoltre alla sua presenza è legato il nome del paese: quando, a inizio dell’anno 1000, San Nilo da Rossano prese possesso del terreno a lui donato dai Conti di Tuscolo, si accorse infatti dell’esistenza di una cripta ferrata, su cui poi verrà eretta proprio l’abbazia. Non a caso per tutto il medioevo, il centro urbano viene conosciuto come Cryptaferrata e i suoi abitanti come criptensi. Denominazione oggi affiancata dal linguisticamente più farraginoso “grottaferratesi”.

Nell’immaginario collettivo – soprattutto in quello romano – Grottaferrata è anche uno dei luoghi convenzionali per scampagnate e pranzi fuori casa. Prassi accresciuta soprattutto dal dopoguerra in poi, quando per ovvie ragioni legate all’estrema povertà di un Paese appena devastato dal conflitto bellico, il massimo che ci si poteva permettere era percorrere qualche chilometro col “tramvetto de’ I Castelli” e riversarsi sui pratoni, ancora oggi presi d’assalto alla bella stagione. Non a caso Renato Rascel, uno dei più celebri cantori della Città Eterna degli anni ’50 e ’60, nella sua “Arrivederci Roma” menziona il saluto malinconico di un romano prossimo all’emigrazione in Inghilterra, citando Squarciarelli, località criptense tutt’ora ricca di ristoranti e chioschetti che vendono porchetta: “Se ritrova a pranzo a Squarciarelli/Fettuccine e vino dei Castelli/Come ai tempi belli che Pinelli immortalò”.

Parentesi storica/sociale a parte, superata l’Abbazia si arriva ai cancelli d’ingresso dello stadio Degli Ulivi (no, non siamo ad Andria e il nome è dovuto all’omonima via su cui il campo è ubicato). Terreno di gioco letteralmente infossato in una conca e caratterizzato da un bella tribuna orizzontale, che grazie ai lavori svolti una decina di anni fa è migliorata tantissimo, soprattutto per la categoria. Per la VJS è una partita fondamentale: un successo le permetterebbe di mantenere matematicamente la categoria, cosa che sino a poche giornate fa sembrava difficile, specie a causa di un girone di ritorno davvero deficitario sotto il profilo dei risultati. Quando il match è da poco iniziato ecco far capolino la Banda Volsca, che dopo un piccolo corteo all’esterno raggiunge l’impianto, posizionandosi nel lato alla mia sinistra, appendendo il consueto materiale e cominciando a macinare tifo. La distanza tra i due centri non è certo proibitiva (una ventina di chilometri) e la gara è di quelle fondamentali, ma anche oggi gli ultras veliterni confermano l’ottimo mix tra quantità e qualità che ormai li caratterizza da qualche anno. Un paio di torce vengono accese e poco dopo la loro squadra trova il vantaggio, andando a festeggiare sotto al settore. Salvo una disinteressata volante della stazione locale dei Carabinieri, non c’è servizio d’ordine e chiunque può sorseggiare una bella birra in vetro da 66cl o passare da una parte all’altra del settore senza paranoie. Ovvio, questo anche perché non esiste una tifoseria locale (il signore col tamburo e uno striscione alle sue spalle è senza dubbio pittoresco, ma non lo definirei certo ultras), ma come spesso ci troviamo a sottolineare, in queste categorie e in queste giornate si respira almeno una sana aria di libertà. E per quanto a tutti noi piacciano le domeniche movimentate e le gare segnate da rivalità, a volte anche disintossicarsi dalla repressione e dalla caccia alle streghe che ormai accompagna questi eventi è a dir poco salutare.

La VJS trova anche il raddoppio e a poco vale la rete con cui i criptensi accorciano le distanze. Al fischio finale la bella prestazione canora degli ultras rossoneri trova la giusta ricompensa nella salvezza, ottenuta sul campo e soprattutto con il loro merito. Senza voler sembrare ruffiani, ma fa certamente piacere vedere realtà che nel bene e nel male riescono a vivere e crescere negli anni, senza perdersi in inutili gineprai di mitomania o autoreferenzialità, ma lavorando costantemente per accrescere la propria forza aggregativa e rafforzare l’impronta ultras all’interno della comunità. Il fatto che la scalata dei veliterni sia ripartita dai bassifondi del calcio laziale e che anche gli ultras abbiano lentamente serrato le loro fila, rimodulando il proprio modo di essere e riuscendo lentamente a diventare un punto di riferimento trasversale in città, è importante per il presente ma soprattutto per il futuro. Se un centro grande e popoloso come Velletri, infatti, riuscirà ad alzare l’asticella delle proprie ambizioni, la Banda Volsca potrà cominciare anche a confrontarsi con curve e realtà di discreta tradizione. Step cruciale per crescere ancor più e capire i propri punti di forza e le proprie debolezze. Per oggi squadra e tifosi si godono la salvezza, che è comunque figlia di un percorso che parte da lontano e che ha rimesso il pallone al centro di qualsiasi progetto. Senza speculazioni e senza interessi loschi. Nella nostra epoca si abusa nettamente del termine “sostenibilità”, ma d’altro canto è proprio con una sostenibilità economica e gestionale che oggi si deve e si può tornare a fare calcio in modo regolare. Senza la smania di vincere e senza sedicenti imprenditori dell’ultima ora, in grado di far vedere le stelle i primi mesi, per poi gettare nella discarica anni di storia sportiva.

La Via Anagnina è deserta ora. Il pranzo è servito e – chi a casa, chi al ristorante – tutti sono impegnati nel rito che unisce la Penisola senza distinzioni. In questa domenica il sole comincia a scottare e il pullman che mi riporta verso Roma, senza aria condizionata, sembra una vera e propria fornace. Chissà che anche la Cotral stia saggiamente pensando di interpretare – ovviamente a modo suo – la parola “sostenibilità”.

Marco Meloni