Penultima giornata di campionato e ultimo turno casalingo per la VJS, che allo Scavo ospita il Campo di Carne, squadra proveniente dall’omonima frazione di Aprilia. Con il campionato ormai nelle mani del Torrino, i castellani devono assolutamente vincere per incassare punti e sperare, poi, nel ripescaggio tra le migliori seconde. Non sarà facile né scontato, ma per società e soprattutto tifosi una promozione sarebbe importante in termini di crescita ed esperienza.

Come sempre raggiungo Velletri con il comodissimo treno, che mi lascia proprio a poche centinaia di metri dal terreno di gioco. Arrivando da una settimana difficile e movimentata, ammetto una volta tanto di apprezzare la vicinanza e la comodità. Oltre che, come sempre, il calcio a misura d’uomo che si respira in queste categorie. Fa un certo effetto passare dalla trafila per ritirare l’accredito della finale di Europa League all’entrare sul manto verde aprendo semplicemente una porticina che collega gli spalti al campo. Mi restituisce sicuramente un certo brio il poter sentire tutto più vicino e a portata di mano. Perché il grande evento è bello, gratificante e imprescindibile per chiunque abbia deciso di raccontare e fotografare sport o argomenti a esso correlati, ma il non dimenticarsi mai da dove si viene tiene vive quelle radici che puntualmente danno linfa nuova per andare avanti.

Per celebrare l’ultima casalinga la società ha schierato in campo dei bambini con la tuta sociale, al fine di accogliere l’ingresso delle squadre facendo volare dei palloncini con i colori rossoneri. Sono sincero: in generale non amo molto queste cose, soprattutto quando avvengono nelle serie professionistiche. Mi lasciano sempre un retrogusto di plastificato e retorico. Trovo che invece, in questa occasione, il tutto sia riuscito con molta semplicità e aiuti a solidificare il rapporto dei più piccoli con la squadra della città. Considerato il cammino dal basso fatto dalla VJS in questi anni, c’è assoluto bisogno che lo strato più giovane e attivo veliterno prenda immediatamente coscienza di quanto il polo calcistico autoctono sia importante, in maniera da poter continuare su questa falsariga e garantire una stabilità identitaria anche nei prossimi anni.

Chi per questa stabilità ha gettato basi importanti e sta lavorando affinché si coinvolga sempre più gente è ovviamente la Banda Volsca, che anche oggi si fa trovare al suo posto. Pronta a sostenere la compagine rossonera, mettendo sugli spalti le ultime forze di questa lunga stagione. Gli ultras veliterni, come al solito, spolverano un’ottima performance fatta di cori tenuti a lungo, battimani e tre bandieroni sventolati praticamente senza sosta. Di tanto in tanto appare anche qualche torcia, che di sicuro non fa mai male. Per questi ragazzi si è trattato sicuramente di un’annata positiva, che li ha visti crescere ma che non può essere un punto d’arrivo nel mondo ultras del 2023. Come spesso mi capita di dire: accontentarsi, in genere, rappresenta solo l’inizio della fine. Voler sempre migliorare – ovviamente senza scadere nella mania e nel perfezionismo compulsivo – è invece necessario per forgiare la propria opera e salire lentamente di gradino in gradino.

Resta il grande merito, da parte loro, di aver saputo aggregare in un’area geografica tutt’altro che semplice. Con Roma a due passi e con la maggior parte dei ragazzi che proprio la Capitale bramano e scimmiottano, tirar su e insistere su un discorso ultras a queste latitudini è ardua. Lo dico con senno di conoscenza, avendo visto numerose realtà nascere – magari portare anche discreti numeri – ma poi implodere su loro stesse un po’ per demerito e molto per il contesto sociale che quotidianamente si trovano ad affrontare. Benché creda che negli ultimi anni stia avvenendo una sorta di “ritorno all’ovile” da parte di molti, ormai stanchi delle logiche iper commerciali della Serie A, ma annoiati anche dal sentirsi soltanto un numero in mezzo alla marea anziché i primi protagonisti.

In campo la VJS viene ripresa a pochi minuti dal termine, con l’incontro che termina 1-1. Un risultato che di certo scontenta un po’ giocatori e tifosi, i quali tuttavia si cingono in un bell’abbraccio dopo il triplice fischio. Dopo il triplice fischio cominciano a cadere le prime gocce di pioggia, una vera e propria costante di tutte le mie visite a Velletri. Il pubblico lascia gli spalti e io sono attesa dal treno di ritorno, con destinazione Stadio Olimpico. Il che, per l’appunto, mi fa rifare quel salto dalla realtà a misura d’uomo a quella immensa, della metropoli. Sono certo che senza la prima nella mia vita avrei vissuto molto diversamente – forse male – anche la seconda. E questo è il segreto anche di chi nella provincia, nei piccoli campi di periferia e in quelli con poche decine di posti disponibili continua a coltivare il sogno e la passione, al seguito della propria squadra e della parola Ultras.

Simone Meloni