Introduzione: riflessione sui disordini in città

Ho aspettato qualche giorno prima di scrivere questo articolo. Ero curioso di leggere, ascoltare e farmi un’opinione. Ma più che su quanto successo durante il soggiorno dei tifosi olandesi, sulle reazioni degli italiani. Da parte di media, istituzioni ed opinioni pubbliche. Tutto ad un tratto ho scoperto un paese diverso (“un paese diviso, più nero nel viso più rosso d’amor” direbbe Rino Gaetano), che ama alla follia la propria cultura, le proprie arti, i propri monumenti. Tanto che è pronto a difenderli con un ferreo nazionalismo-populista. Eppure io tutto questo ardire, nei mesi passati, quando celebri teatri chiudevano i battenti in Italia, quando a Pompei un sito visitato da tutto il mondo andava in malora, tra l’incuria e il disinteresse, quando Roma, sì la stessa città attaccata dai Goti travestiti da tifosi del Feyenoord, vedeva diversi luoghi culturali marcire tra topi, scarafaggi e urina dei passanti, beh io tutto questo clamore non l’ho avvertito.

Al ritorno, nella terra dei tulipani, quando in molti faranno scalo ad Amsterdam per tramortirsi di spinelli e affollare i bordelli della capitale olandese, sfruttando le centinaia di ragazze importate con maniere poco lecite da ogni parte del mondo ed esportando il solito modello dell’italiano puttaniere e casinista, qualcuno si scandalizzerà? E qualcuno si scandalizzava quando anche noi, tifosi italiani, partivamo la mattina per arrivare nelle città avversarie e spesso metterle a soqquadro, proprio come hanno fatto quelli del Feyenoord? No. Anzi, nella mia modesta collezione di libri ultras, tutte queste gesta sono narrate quasi con orgoglio.

La morale è sempre un qualcosa di sconveniente da fare, perché o si è puritani e si vive sotto una campana di vetro, oppure difficilmente non si ha qualche scheletro nell’armadio. Quindi, se vogliamo fare un’analisi io sono il primo a tirarmi in gioco, ma se vogliamo giocare a chi è più civile e meno “barbaro mangia patate”, allora rivolgetevi ai politici che due secondi dopo gli incidenti di Piazza di Spagna erano su Twitter a raccogliere voti, dimenticandosi completamente tutte le feci tirate su Roma nel ventennio precedente (che a livello politico e sociale sono ben più gravi).

Sia chiaro sin da subito, non sono qua per difendere niente da nessuno. Come sia chiaro che da cittadino italiano, che ama la propria terra, la propria città e le proprie opere d’arte, non posso provare piacere nel vedere un salotto grazioso e unico come Piazza di Spagna divenire centro di sfogo per cinquemila ubriaconi. Ma la prima domanda che mi viene in mente è questa: chi ce li ha messi? La questura e la prefettura possono rinchiudere cinquemila tifosi alterati dall’alcool, in uno spazio grande quanto il cortile di casa mia? Soprattutto in virtù dei disordini già successi la sera precedente in quel di Campo de’ Fiori? Come è possibile che questi signori siano ancora al loro posto? Se penso solo al calcio, che in fondo dovrebbe essere un aspetto secondario della vita quotidiana, chi gestisce l’ordine pubblico a Roma negli ultimi dieci mesi ha sulla coscienza un morto (Ciro Esposito), gli scontri di Champions League tra romanisti e moscoviti, quando la questura non riuscì ad intercettare questi ultimi, e la cosiddetta “calata dei Lanzichenecchi” dai Paesi Bassi. Se si fosse in un posto normale, questore e prefetto sarebbero ingaggiati sul litorale laziale per piantare gli ombrelloni questa estate. E invece no.

Poi c’è il sindaco. Il magnifico, sublime e poliedrico Ignazio Marino. Colui che ha spinto per l’epurazione di diversi lavoratori del Teatro dell’Opera, lo stesso che ha cambiato lo storico logo cittadino sostituendo alla millenaria corona che sormonta l’SPQR, i cinque cerchi delle Olimpiadi di Seoul. E mi fermo qua perché andrei davvero fuori traccia. Ma insomma, dando per scontato che di fondo c’è stata l’inciviltà dei tifosi ospiti, ma davvero Roma sarebbe in grado di contrastare un’ipotetica avanzata terroristica? “Ma mi faccia il piacere!”, come disse Totò all’Onorevole Trombetta.

Qua ormai si è troppo abituati a vietare, limitare le trasferte, imporre tessere del tifoso ed avere, di conseguenza, quasi sempre poche centinaia di persone nel settore ospiti. Non posso che condividere l’articolo di Stefano Severi uscito proprio su queste pagine qualche giorno fa. La polizia italiana non è più capace di fare il proprio mestiere, pertanto quando si ritrova di fronte qualcosa di più che grande che quaranta tifosi del Sora a Ostia o cinquanta pescaresi a Trapani, perde totalmente sia il controllo che la presunzione. Però in compenso può contare su una stampa amica e prona, sempre pronta a colmarne le lacune scaricando la colpa su terzi ed aizzando il popolo a chiedere pene severe ed esemplari. Arriverà il giorno che ciò non si potrà più fare, ma evidentemente non saremo in grado di discuterne. E sapremo chi ringraziare.

La partita: olandesi tutto fumo e niente arrosto

La giornata è promettente, almeno in fatto “ludico”. Alle 16:45 ho infatti appuntamento con Sebastien, nota e saltuaria firma di Sport People. Appena sceso dalla metropolitana in Piazzale Flaminio, sfilano di fronte a me una decina di bus dell’Atac con a bordo i tifosi del Feyenoord. Brutte facce ci sono, inutile negarlo. Tuttavia mi danno sin da subito l’idea di veri e proprio esibizionisti. Con quel numero, volendo, avrebbero potuto fare molto di peggio. Una decina di anni fa tutto questo clamore verso i tifosi non c’era, ma io ricordo bene quando quelli della Torcida Spalato vennero da queste parti. Quella, in tutta franchezza, era gente da temere davvero. Qua, nella stragrande maggioranza dei casi, parliamo di ragazzetti che hanno alzato il gomito e si fanno forti di indossare il loro giacchetto North Face piuttosto che Stone Island. Un genere che non amo ma che si è diffuso sempre più in Italia. Ufficialmente serve a “mascherarsi” dagli occhi indiscreti. In realtà questi “occhi indiscreti” oggi arrivano anche dove meno si pensa. Un po’ come quando si inveisce verso i fotografi che scattano fototifo, quando ci sono mille macchinette della Digos che ne hanno già immortalato vita, morte, miracoli e non certo per collezionismo.

Una volta raggiunto il franco-lussemburghese in quel di Piazza del Popolo, ci possiamo spostare in direzione stadio. Saliamo sul tram e in un quarto d’ora arriviamo in Piazza Mancini. Di lì in poi fitto è lo schieramento di polizia e carabinieri. Prima di Ponte Duca d’Aosta alcuni agenti sono addirittura preposti a fermare presunti tifosi olandesi per controllargli il biglietto ed incanalarli verso il settore ospiti. Tutto molto patetico. Tipica scenetta all’italiana, dove si chiude il cancello una volta scappati i buoi.

Superiamo il ponte e andiamo a ritirare l’accredito. Tutte le strade attorno allo stadio sono chiuse e blindate. Cosa che creerà non pochi ingorghi, con tifosi che arriveranno persino a secondo tempo inoltrato. Cioè che funziona a meraviglia, invece, sono gli asfissianti controlli degli steward ai varchi del prefiltraggio che, tra un tappo della bottiglia e un ombrello con la punta, si divertono a sottrarre oggetti “pericolosi” a persone di qualsiasi fascia di età e sesso. Siamo sempre alle solite, forti con i deboli e deboli con i forti.

Anche se questa gara è, almeno sulla carta, molto importante per la stagione della Roma, i tagliandi venduti sono stati circa 30.000, di cui più di 5.000 ai tifosi olandesi (si dice anche che un migliaio di loro sia giunto a Roma privo di biglietto). I motivi sono diversi. Il pessimo andamento della Roma nelle ultime settimane non ha certo invogliato i tifosi dell’ultim’ora a venire all’Olimpico, così come il terrorismo psicologico esercitato da stampa e televisione. Ma come sempre, la principale causa del “Deserto dei Tartari versione capitolina” è il prezzo del biglietto: 25 Euro per una curva, 40 per un Distinto. Si comincia a capire perché, come slogan della campagna abbonamenti, quest’anno la società ha scelto “Nessuno ha più fame di noi”.

Sulla gara del tifo, onestamente, non c’è molto da dire. Alla nostra sinistra il settore ospiti è stracolmo, ed anche in Curva Nord spunta qualche tifoso olandese, ma mai come in questa occasione la quantità non corrisponde alla qualità. I supporters del Feyenoord ricordano un po’ gli inglesi: qualche coro spontaneo, tanto rumore in relazione a ciò che avviene in campo e nessuna organizzazione vera e propria. Di migliore rispetto ai colleghi britannici hanno giusto qualche torcia. Non che mi aspettassi di meglio, non ho mai avuto passione per il movimento ultras di quell’area geografica. Anzi, a dire il vero non li ritengo proprio ultras, ma tifosi più caldi a cui, al massimo, interessa farsi notare con le loro scorribande esibizioniste. Li vogliamo chiamare hooligans? Non lo so, non ho mai capito bene chi sono gli hooligans e cosa rappresentino. E manco mi interessa.

La prestazione della Sud si mantiene su buoni livelli, tante torce e fumogeni accesi all’inizio e poi bandieroni tenuti in alto per tutta la gara. Meritano di essere citati anche i ragazzi della Nord alta, oggi spostati in tribuna Tevere. Molto bella la loro fumogenata iniziale e poi numerosi battimani con cui si fanno sentire durante tutto l’arco dei 90’.

In campo ennesima Roma evanescente e a tratti inguardabile. I giallorossi trovano il vantaggio con Gervinho, ma si fanno rimontare da una squadra nettamente inferiore. Finisce 1-1.

Ovviamente quando ce ne andiamo gli olandesi sono ancora nel loro settore e probabilmente ci rimarranno ancora per molto. Del resto tenere a bada le persone dentro lo stadio è facile. Ci riuscirei anche io probabilmente.

Testo Simone Meloni
Foto Cinzia Lmr

https://www.youtube.com/watch?v=0yKZ3LuFWWk

https://www.youtube.com/watch?v=N9TKCHrHX9g

https://www.youtube.com/watch?v=jv1KIkmWKCo