La partita di oggi, 28 gennaio 2018, ha per i tifosi cavesi, per gli appassionati biancoblu e più in generale per Cava de’ Tirreni un significato particolare. Non riguarda il rettangolo di gioco, sebbene si disputi un importante match fra due tra le migliori squadre del torneo, ma ha un senso che va oltre quei 90 minuti e che in fin dei conti rappresenta l’essenza del calcio stesso.

Oggi si ricorda Eduardo Purgante, storico capo tifoso biancoblu, deceduto due anni fa e a cui si è deciso di intitolare il settore distinti. Quello che a tutti gli effetti è stato e sarà sempre il SUO settore. Quando Eduardo trascinava il popolo metelliano tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, infatti, era proprio quello spazio, tra la curva sud e la curva nord, a pochi metri dal terreno di gioco, a trasudare e a ribollire di passione.

Dunque, essendo cavese, non posso non ricordare con qualche riga uno dei simboli della Cavese Calcio, una di quelle persone a cui l’aquilotto è stato tatuato nel cuore e che ha portato nel cuore fino agli ultimi istanti della sua vita con quella fierezza e quella gioia contagiosa che lo hanno sempre contraddistinto.

Eduardo Purgante. Un nome, un personaggio, un’emblema ma soprattutto un uomo che ha dato tutto per la Cavese. Quando lo si sente nominare, immediatamente, quasi come se quelle immagini fossero ancora presenti dinanzi agli occhi o quanto meno distanti solo qualche anno, si ritorna indietro con la mente a quei primissimi anni ’80. La Cavese guidata dal mister Santin (ahimè anch’egli deceduto da poco) faceva parlare l’intera nazione, dettando legge contro le blasonate Milan o Lazio e scrivendo le pagine più belle della sua storia.

Al fianco di quei calciatori, in particolar modo accanto a quegli eroi che sbancarono San Siro, i cui nomi divennero ben presto leggenda nella valle metelliana e che oggi il tifoso più sfegatato ricorda a memoria, c’eri anche tu mitico Eduardo. Posizionato sul serpentone degli spogliatoi, la tua storia in realtà è iniziata molto prima della scalata in serie B. Quando il movimento ultras in Italia si stava appena affermando, a Cava intorno alla metà degli anni ’70, accanto alle prime forme di tifo organizzato come i ragazzi dello striscione “Brigata Bianco Blu” apparisti anche tu. Con quella giacca bianca, con quei capelli lunghi sempre al vento e quell’entusiasmo coinvolgente animavi un popolo ed è proprio per questo che sarebbe troppo riduttivo chiamarti semplicemente capo-tifoso.

Eri un trascinatore. Un condottiero. Uno di quegli uomini in grado di trasformare lo stadio in un campo di battaglia, nel senso più genuino del termine, in grado di fomentare quei gradoni sempre stracolmi spingendo alla vittoria i biancoblu. Quanta tristezza mi assale vedendolo attualmente semivuoto e pensando agli anni che furono. I cancelli, o meglio le lamiere di quello che allora si chiamava ancora Comunale, sembravano poter crollare da un momento all’altro sotto i colpi di quei cori come “Pro Cavè olè, Pro Cavè olè olè” e sotto la spinta di quei folli che gremivano ogni singolo scalino.

Tra le tante partite di quel periodo è passata alla storia quel famoso Pro Cavese – Martina del 1977. La Cavese davanti a ben 20mila persone raggiungeva la promozione in serie C e ovviamente ad animare quell’esercito metelliano c’era il grande Eduardo. “Un solo grido, un solo grido, un solo grido” ripetevi più volte a gran voce. Ed era quello che accadeva. Decine, centinaia, migliaia di voci si mischiavano e come si sarebbe potuta mai perdere una partita in quel clima infernale?! I giornali l’indomani avrebbero riportato titoli come “Anche la luna ha detto di sì alla Pro Cavese. La notte delle stelle è appena cominciata, la città è in preda al delirio ed a far capolino in cielo si leva una luna luminosissima a forma di C – Fino a notte fonda s’intrecciano i caroselli, macchine e furgoni biancobleu, i tifosi arrivano anche a Salerno…”

Ci sarebbe tanto da scrivere su di te e non basterebbero cento articoli. Tantissimi i ricordi e le partite di chi ha potuto godere di quegli anni ormai tanto lontani e così diversi da oggi. Pay tv, ingaggi milionari, tessere del tifoso giusto per citare qualche elemento del caro, si fa per dire, sistema moderno erano lontani anni luce. Recarsi allo stadio la domenica diveniva quasi un obbligo morale per dimostrare l’amore e l’attaccamento alla propria città. Purtroppo, essendo nato nella generazione in cui una bandiera non autorizzata rischia di essere sequestrata, non ho potuto vivere quel periodo e non mi rimane che vagheggiarlo nostalgicamente. Posso dire, tuttavia, di aver ascoltato e assaporato quasi come se ci fossi stato anche io al “Comunale”, gli aneddoti più belli, di aver visto innumerevoli foto in bianco e in nero di quel periodo ma soprattutto di aver sentito tanto parlare di un eroe come te.

L’intitolazione di quel settore, avvenuta quest’oggi, è stato il dovuto omaggio a chi ha dato tanto per quella casacca. Adesso a chi si appresterà a salire quei gradini prima di entrare, a chi sarà su quegli spalti o semplicemente a chi passerà dinanzi a quei cancelli dei distinti che recano il tuo nome, comparirà nella sua mente il tuo volto sorridente e il tuo amore smisurato per la Cavese. Alle nuove generazioni, invece, sarà tramandato il tuo ricordo ma soprattutto quell’ineguagliabile urlo di battaglia “UN SOLO GRIDO” riecheggerà in maniera assordante nella tua valle e sotto ai tuoi cari portici. Addio Eduardo… come recitava un vecchissimo striscione: LA TUA STORIA È GIÀ LEGGENDA.

Dopo il doveroso excursus veniamo alla gara. Una bellissima giornata di sole al Lamberti fa da cornice a quello che si prospetta essere un grande match, non solo per quanto riguarda i ventidue in campo che si daranno sicuramente battaglia.

Gli spettatori sono circa 2.000 e gli altamurani sono in buon numero, giungendo a Cava molto compatti e in circa 130 unità. Fin da subito, dunque, il tifo è d’alto livello. All’entrata in campo delle due squadre i padroni di casa sfoggiano un’ottima coreografia che riguarda tutta la Sud: delle lunghe strisce bianco blu pendono dalle recinzioni con al centro l’immagine disegnata di Eduardo Purgante, mentre dai gradoni viene calato il simbolo dell’aquilotto a cui si aggiunge una sciarpata. Il tutto crea sicuramente un grande effetto.

Gli ospiti, invece, si impegnano anch’essi in una sciarpata di grande impatto a cui seguirà un tifo incessante per tutta la gara. A tal proposito i biancorossi mi hanno dato una buona impressione: oltre al livello canoro eccelso anche per le caratteristiche pezze esposte, mai banali, e il buon numero con cui si sono presentati in questa trasferta. C’è da dire, infatti, che nonostante Altamura città sia numericamente più grande di Cava, la squadra ha raramente partecipato ai campionati “più importanti”, rimanendo per anni nelle anonime categorie regionali; nonostante ciò va merito al grande lavoro fatto, tant’è che la passione e la voglia di sostenere i “leoni” è più accesa che mai ed oggi ne hanno dato nuovamente prova.

I supporter biancoblu, dal canto loro, si sono resi protagonisti di una buona prova anche se, a mio parere, si sarebbe potuto fare di più. Da segnalare due striscioni esposti dalla sud di cui uno contro la violenza sulle donne ed uno per un ragazzo morto prematuramente in settima.

Sul terreno di gioco la gara risulta meno equilibrata delle aspettative grazie ad una prestazione maiuscola della Cavese che, dopo aver chiuso in vantaggio il primo tempo, mette fine ai giochi anzitempo raddoppiando nella seconda frazione e concludendo di fatto il match sul 2 a 0.

Al triplice fischio l’undici altamurano si reca sotto la nord a salutare i propri tifosi mentre gli aquilotti festeggiano con il solito “zump zump uagliò”. Alcune ore dopo, infine, avviene l’ultimo saluto ad Eduardo. Tutta la tifoseria si è ritrovata all’esterno del settore distinti, dove tra la commozione generale, viene scoperta una targa in sua memoria.

Foto e testo di Vincenzo Amore.
Video di Vincenzo Amore e Pier Paolo Sacco.