La Coppa più iniqua e squilibrata del globo terracqueo giunge alla sua settantaseiesima finale, che come di consueto da qualche anno si disputa in gara secca all’Olimpico di Roma. Saranno Fiorentina e Inter a contendersela, di fronte alla solita, ottima, cornice di pubblico. I viola – forti di cinque coccarde tricolori conquistate nella loro storia – tornano a disputare una finale dopo quella persa nel 2014 contro il Napoli, mentre l’Inter si presenta da detentrice del trofeo, con l’obiettivo di centrare il nono successo. Curiosità: entrambi i club saranno impegnati, a qualche settimana di distanza, nelle rispettive finali europee: Champions League e Conference. Vero e proprio avvenimento per un calcio italiano che, negli ultimi anni, ha quasi sempre detto addio prematuramente alle rassegne continentali.

Il pre partita è funestato dai comunicati della Curva Nord Milano che, a poche ore dal match, annuncia uno sciopero del tifo della durata di 45′. Il motivo è da ricercare nella difficoltà, secondo gli ultras interisti, nel reperire biglietti per l’imminente finale di Istanbul contro il Manchester City a causa di una mancanza di collaborazione da parte della società. Mentre su fronte viola regna l’entusiasmo di disputare due finali nel giro di pochi giorni, con la Fiesole che attraverso i suoi canali ha invitato tutti i tifosi a rispettare le direttive provenienti dai megafoni per la giusta riuscita dello spettacolo coreografico.

L’esterno dell’Olimpico è presidiato da moltissimi agenti, con decine di camionette che fungono da divisorio tra l’area che interessa l’afflusso degli interisti e quella che riguarda i supporter toscani. Sebbene oggi sia una giornata tranquilla, in cui si percepisce che il rischio incidenti è veramente pari allo zero, va pur sempre ricordato che lo storico tra le due fazioni annovera turbolenze alquanto aspre datate settembre 2021. Incidenti che, peraltro, portarono a una raffica di Daspo su ambo i fronti. Pertanto la finale assume i “piccanti” contorni tipici di ogni rivalità.

Una volta salite le scalette il primo sguardo, manco a dirlo, è alle due curve. Alla mia sinistra gli interisti sono privi di striscioni per lo sciopero di cui sopra, mentre i viola hanno riempito la Sud e affisso tutte le loro classiche insegne. Menzione particolare merita la scelta di non aver posizionato pezze sul muretto storicamente occupato dai Fedayn romanisti. Un gesto non dovuto, né tanto meno scontato, che evidenzia il modo di pensare dei fiorentini. Una tifoseria che negli ultimi anni è cresciuta in maniera notevole, lavorando a fari spenti ma sviluppando al proprio interno un modo di fare ultras coraggioso, pulito e in grado di contenere diversità tra i gruppi in favore dell’unità di curva. Una mosca bianca in un universo curvaiolo dove sempre più si va verso spaccature e pensieri annacquati, talvolta poco logici e rispettosi.

Un lavoro che ha elevato i viola anche a livello di tifo. Dopo averli visti all’opera diverse volte ultimamente, stasera confermeranno il loro stato di forma, realizzando una bella coreografia – è vero – ma soprattutto rendendosi protagonisti di una grande prova canora. Ma andiamo con ordine.

All’ingresso delle squadre in Nord prende forma la scenografia nerazzurra: tantissimi cartoncini che vanno a formare la scritta 1908, lo stemma della città di Milano e un guerriero a indicare la via. Ben riuscita e di grande impatto. Teoricamente dovrebbe essere l’unico sussulto della prima frazione, anche se – come vedremo – lo sciopero di 45′ verrà disatteso.

Per quanto riguarda le coreografie è assolutamente notevole anche quella realizzata dalla Fiesole: un telone su cui è impresso il Perseo con la testa di Medusa di Benvenuto Cellini, esposto nella Loggia dei Lanzi in piazza della Signoria. Un richiamo storico che si sposa appieno con una tifoseria che è da sempre fiera della propria storia e campanilista fino al midollo. Oltre a essere l’ennesima conferma dell’ottima vena coreografica dei toscani, autori anche in questa stagione di diversi spettacoli sempre ben riusciti.

Quando cala il telone, il tifo su sponda fiorentina comincia a farsi sentire. Accompagnati dai gemellati di Torino, Sporting, Verona e Catanzaro, gli ultras viola si esibiscono innanzitutto in quello che resta un grande classico delle nostre tifoserie: la torciata. Tanta la pirotecnica che piove sulla pista di tartan, quasi a voler rimandare indietro di qualche anno la mente. Mentre nel diradarsi del fumo i cori prendono vigore ritmati dai tamburi. La squadra di Italiano trova quasi subito il vantaggio con Gonzalez e ovviamente i supporter gigliati esplodono in un’esultanza sfrenata. La Fiesole formato finale riesce a coordinare perfettamente una curva con una conformazione ben diversa rispetto a quella del Franchi. Senza amplificazione, ma con i soli megafoni e diversi lanciacori sparsi sulla balaustra. Personalmente trovo che anche questo denoti lo stato di forma di una tifoseria: l’esser attenti al dettaglio, lo studiare precedentemente uno stadio per capire come meglio convogliare il tifo e la sinergia collettiva tra tutti i gruppi, al fine di far cantare anche le persone posizionate più in alto. Stampo italiano a tuttotondo!

Dicevamo dello sciopero degli interisti. Una volta apprese le difficoltà della squadra in svantaggio, i bauscia decidono di interrompere la protesta al 17′, cominciando a sostenere la propria squadra. Ora, nel rispetto di tutte le scelte e di tutte le opinioni, penso anche che sia sempre difficile non tifare in una partita che assegna un trofeo. Soprattutto se si va in svantaggio e gli uomini in campo hanno palesemente bisogno di aiuto. Magari non sarà un caso ma la doppietta con cui Lautaro ribalta il risultato e manda le squadre negli spogliatoi sull’1-2, avviene proprio nei momenti di picco del tifo interista. Supporto che – come avuto modo di descrivere in occasione di un Empoli-Inter recentemente visionato – conferma gli ottimi progressi della Nord sotto l’aspetto canoro. A me i nerazzurri di questa sera non sono dispiaciuti: manate per tutti i 90′ e voce bene o male sempre in alto. Forse avrebbero potuto fare di più dal punto di vista del colore. Ma rispetto alla Nord di qualche anno fa, il miglioramento è sotto gli occhi di tutti. Da segnalare la presenza dei gemellati laziali e del Botev Plovdiv, posizionati ai due estremi della Curva Nord.

Se tra il contingente meneghino il colore scarseggia, stessa cosa non si può dire per i viola. Oltre ai tanti bandieroni portati, alle torce e ai fumogeni, infatti, i gigliati si distinguono per una piccola coreografia con bandierine realizzata in zona PAG, molti due aste e due sciarpate che come sempre si dimostrano cavalli di battaglia. In particolar modo bella quella nel finale, a sconfitta ormai acquisita. Un monito nei confronti della squadra, un voler dimostrare la propria incrollabile fede malgrado l’ennesima finale persa (la Viola non alza un trofeo dal 2001). Con i giocatori in lacrime che si portano sotto al settore, cercando di lenire il proprio dolore nell’abbraccio con la propria gente.

Clima totalmente diverso in casa Inter, con Inzaghi che conquista il suo ennesimo trofeo e la Nord che alza ancor più i decibel su un paio di tormentoni in grado di coinvolgere davvero tutti. Il pensiero è ovviamente a Istanbul, ma una coppa in bacheca è pur sempre un traguardo da festeggiare. E i calciatori non risparmiano il classico giro sotto la curva con il trofeo in bella mostra.

Nell’uscire dallo stadio mi imbatto nel serpentone viola che torna deluso verso le proprie macchine. C’è chi bestemmia, chi prende a calci lattine di birra e chi sembra rassegnato al proprio destino. Una marea umana che senza pensarci, tuttavia, si è riversata a Roma per cullare un sogno. Malgrado sapesse di partire sfavorita. Eppure loro non possono davvero rimproverarsi nulla. Ci hanno provato fino all’ultimo minuto di recupero, tentando di spingere il pallone in rete con i loro cori e il loro sostegno.

Una finale resta sempre un mix di tra gioia e delusione, ma anche un disegno indelebile per una tifoseria e la sua trasferta. Un momento per ingrandire e solidificare il proprio orgoglio e la propria appartenenza. Se solo questo torneo venisse riformato e si desse equo spazio a tutti, permettendo di coltivare sogni remoti come avviene in altri Paesi, allora potremmo, forse, assistere a storie da raccontare, imprese, tragedie sportive e momenti epici. Ma siamo per antonomasia quelli che spianano la strada ai più forti e precludono ogni possibilità di speranza a chi, magari, si fa in quattro per ottenere risultati decenti. Ergo: il mio auspicio è destinato a rimanere tale!

Testo Simone Meloni
Foto di Agenzia