Ragazzi della Curva Hertha BSC: Disegno realizzato per degli amici Ultras di Berlino. Da sempre il movimento Ultras tedesco ha guardato, emulandolo, il modello di tifo italiano e se oggi in Germania c’è un grande fermento di gruppi e sostegno, lo si deve anche a quest’ammirazione, mai nascosta, nei “nostri” confronti. Una riprova ne sono le amicizie strette tra gruppi teutonici e gruppi di casa nostra, nonché l’utilizzo, da parte Ultras tedesca, di nomi e scritte in italiano (il disegno in oggetto ne è una fedele dimostrazione), un po’ come facevamo (e talvolta facciamo ancora) noi italiani con la lingua inglese. È questo un periodo d’oro per il tifo del Paese dei Campioni del Mondo in carica, e non nascondo che, guardando le partite delle squadre tedesche in TV, provo una sorta d’“invidia” per ciò che il Calcio in Germania riesce ancora ad essere: passione ed entusiasmo per una terra che non è stata toccata (se non marginalmente) dagli assurdi mutamenti e divieti che abbiamo dovuto subire noi in Italia, dove il “giocattolo” Calcio s’è forse, irrimediabilmente, rotto, tra scandali, malaffare, repressione, Tessera e televisioni. L’Hertha Berliner Sport Club (che pare prenda il nome da un battello a vapore su cui aveva viaggiato da bambino uno dei fondatori) è un club molto antico – nasce infatti nel 1892 – ed inizialmente era espressione di Gesundbrunnen, un quartiere popolare di Berlino. Nonostante la sua longevità, l’Hertha non ha mai raggiunto traguardi calcistici importantissimi (se paragonato ai più prestigiosi e noti club tedeschi) e – fatta eccezione per la vittoria di due Campionati tedeschi (quando ancora non esisteva la Bundesliga) vinti negli Anni ’30 – può vantare due Coppe di Lega vinte consecutivamente negli Anni 2000, mentre il miglior piazzamento in Bundesliga rimane il secondo posto della stagione 1974-75, ed il miglior piazzamento europeo risale alla stagione 1978-79 quando fu semifinalista di Coppa UEFA, battuto dalla Stella Rossa Belgrado. Vanta inoltre svariate partecipazioni alle Coppe europee (UEFA, Europa League ed anche una Champions, per via di un terzo posto in Bundesliga nella stagione 1998-99). L’Hertha gioca le sue gare casalinghe nel bellissimo Olympiastadion, molto caro ai colori azzurri italiani in quanto fu sede della finale vinta contro la Francia nel mundial Germania 2006. Detto del nome in italiano di questi giovani Ultras, per i colori mi sono ispirato ai gruppi di casa nostra, in un iperbolico mix tra Curva Nord Lazio e Curva A Napoli, con la figura d’un giovane Ultras con cappellino ben calcato sulla fronte, a celare lo sguardo sotto l’ombra della visiera e che rimanda a figure d’Ultras incappucciati e dai volti travisati che vanno per la maggiore, soprattutto nelle side dell’Est Europa.
Ultras Ancona: Disegno che vuol omaggiare l’intera tifoseria biancorossa più che l’omonimo gruppo degli Anni ’80 (rifondato nei 2000). Una curva molto passionale quella anconetana, chiassosa e turbolenta, resasi protagonista, negli anni, di epiche battaglie con le odiate città rivali, Ascoli su tutte. Inarrivabili, per fascino, le immagini della vecchia Curva Nord dello stadio Dorico (quando un tappeto di sciarpe faceva da corollario alle imprese sul manto verde del club marchigiano). Dopo anni di nuovi gruppi, sigle ed avvicendamenti vari, è proprio negli anni post-fallimento del club biancorosso che la Nord trova la propria quadratura, riconoscendosi dietro le belle pezze Curva Nord Ancona, e negli anni del dilettantismo trova una nuova maturità che la porterà ad essere – relativamente alla grandezza della città e al bacino d’utenza – tra le migliori tifoserie italiane (e le amicizie con Napoli e Genoa lo testimoniano). Oggi l’Ancona milita in Serie C (categoria che annovera nei sui tre gironi alcune delle migliori tifoserie dello Stivale) ma con la speranza di rivedere presto il “grande Calcio”, per una piazza che può vantare, oltre a infinite partecipazioni in Serie B, anche due stagioni nella massima serie e addirittura una finale di Coppa Italia nei primi Anni ’90. Nel disegno, su uno sfondo a strisce verticali biancorosse (che rimanda alle prime casacche dell’Ancona, club datato 1905, che pare debba i propri colori alla passione d’uno dei fondatori per il Liverpool) ho posto una figura molto dinamica e che crea movimento. Un ragazzo nell’atto di abbandonarsi ad un ballo scatenato, vestito alla maniera herbert, con anfibi, camicia a quadri e bretelle (a richiamare la profonda attitudine popolare, da sempre appannaggio degli Ultras dorici), con tanto di boccale di birra in mano. E la scritta in rilievo ULTRAS ANCONA, dello stesso colore della figura. Semplice e d’effetto.
…nessuno è come noi!: Frase ripresa da un famoso coro degli Ultras azzurri del Napoli e che la dice lunga anche sull’autocelebrazione che, a partire dai primi Anni ’90, la tifoseria partenopea ha sempre praticato. Quello di compiacersi di sé, per la verità, è un tratto saliente e comune a tutta la Cultura Ultras, dalle sue origini. E gli Ultras del Napoli (della Curva A come della B) sono per davvero “unici” nel loro modo di approcciarsi allo stadio, per un’attitudine che – al di là d’ogni stucchevole retorica – va ben oltre il semplice fatto di seguire la squadra di Calcio e supportarla. Senza girarci intorno: è un quarto di secolo che la tifoseria del Napoli fa parlare di sé, per le sue posizioni intransigenti, per il suo “agire” e la sua sfrontatezza, volendo anche per gli sbagli e le esagerazioni, con alle spalle una città peculiare per eccellenza (crocevia di culture, in un melting pot sociale inestricabile quanto affascinante) e che porta seco, da decenni, problemi e contraddizioni che inevitabilmente si riflettono anche allo stadio, da sempre fedele spaccato della società. E nel disegno in oggetto, con delle mani ammanettate, ho cercato di rendere questo “estremismo” (pronto a tutto in nome d’un simbolo: il Napoli) che travalica lo stadio e va ad inglobare tutto un modo d’intendere la vita, per dei ragazzi che vivono spesso realtà difficili, con poche prospettive e dovendo confrontarsi con istituzioni incapaci di risolvere problemi reali quanto pressanti. Ragazzi che trovano nel gruppo Ultras una propria dimensione, una nuova famiglia, votandosi ad un “ideale” ch’è difficile comprendere per l’uomo-borghese medio e per coloro che non abbiano dimestichezza col mondo del tifo organizzato e della cosiddetta Mentalità Ultras. Le scritte sono molto casual, per un disegno che vuol essere al contempo minimale e patinato, giocando sul bianco e sul blu; lo stemma sociale, col suo azzurro, dona all’insieme vivacità, mentre la cornice bianca, completezza e rifinitura.
Curva Sud Roma: Andando oltre la squallida attualità che vuole il cuore pulsante del tifo romanista diviso e smembrato dalla prepotenza e viltà delle istituzioni, ma guardandola perlopiù con gli occhi del cuore e della memoria, la Sud di Roma è un mito assoluto, una di quelle curve che hanno fatto la storia del movimento Ultras italiano, dagli albori fino ai giorni nostri. Al di là delle decine e decine di gruppi che si sono alternati sui suoi gradoni e delle varie sigle che l’hanno composta e guidata, la Curva Sud mantiene inalterato il suo fascino. Una folla incredibile di persone, un mare di sciarpe, bandiere e stendardi, un’eterna festa quando la Roma scende in campo. Una curva che ha saputo davvero trascendere i risultati (assai magri) della propria squadra, andando al di là di tutto e tutti e mettendo in scena alcune tra le più belle e impressionanti coreografie del mondo curvaiolo (penso al giorno dell’ultimo scudetto giallorosso, quel Roma-Parma stagione 2000/01, con un Olimpico sventolante oltre 60.000 bandiere, qualcosa di impensabile e mai visto prima). E chiunque mastichi tifo e parli la lingua degli Ultras, deve necessariamente riconoscere l’assoluto valore, oggettivo, di questa curva che ha fatto versare fiumi d’inchiostro ad appassionati e commentatori. Nel mio disegno ho voluto cavalcare il mito della Curva Sud discendente diretta e “unica erede” (come recitava uno striscione) dell’antico Impero Romano. Questa fantasticheria, per certi versi stucchevole e ingenua, è però molto affascinante a livello estetico e possiede un forte potere immaginifico. Ed alzi la mano chi, guardando magari un film sull’Antica Roma, con legionari, coorti e senatori in toga, non abbia fatto un parallelismo con la tifoseria più accesa dell’AS Roma… a me è capitato spesso. Sarà per quei colori, sarà forse quel rosso pompeiano a richiamare i fasti del passato. E invece d’utilizzare il classico personaggio romano (sia esso un legionario o Cesare stesso) ripreso dal fumetto di Asterix (che non dimentichiamolo: si fa beffe dei romani), ho scelto una via più seria: un Cesare che par sì uscito da un fumetto, ma senza essere una caricatura. Un Giulio Cesare serio, pensoso, rugoso e affascinante, che porta scolpito sul volto, nello sguardo e sulla canuta chioma il peso e la maestà d’essere il capo del mondo “civile” (d’allora). E fa da “testimonial” a quella scritta sontuosa e affascinante ch’è accanto a lui e che non ha bisogno d’altro: tre semplici parole che racchiudono un mondo, vivo, pulsante e appassionato da oltre quarant’anni. Il colore delle scritte – in leggero rilievo, simili alle lettere scolpite sulle architetture monumentali – è bianco, come gli occhi dell’imperatore, per un disegno che trova la sua essenza nel sottrarre piuttosto che nell’aggiungere, com’è caratteristica di tutte le cose che inseguono una compiutezza data dalla semplicità.
U.C. Sampdoria 1946: Disegno dedicato all’altra metà di Genova, la Sampdoria, una delle squadre più attraenti e particolari della massima serie nazionale. Club, quello blucerchiato, relativamente “giovane” (nato infatti nel 1946 dalla fusione di due squadre preesistenti: Sampierdarenese ed Andrea Doria) ma che può vantare illustrissimi trascorsi, come la vittoria di una Coppa delle Coppe, svariate Coppe Italia e uno scudetto nella stagione 1990-91. Questo disegno, più che celebrare i fasti della Gradinata Sud – una delle curve più belle e colorate d’Italia, traboccante tifo, colore e tradizione calcistica – strizza l’occhio all’intero popolo sampdoriano e, prendendo in prestito, una celebre canzone degli Equipe 84 (decenni dopo rilanciata alla grande da Giuliano Palma in un’irresistibile versione reggae-ska), “Tutta mia la città”, vuol rimarcare la presunta superiorità cittadina della Sampdoria sugli eterni odiati cugini del Genoa. Ed in questo, nell’atmosfera da perenne derby che si respira da sempre nella città della Lanterna, sta una delle caratteristiche salienti di questi due popoli sportivi così contrapposti eppur così simili. Verrebbe voglia di vivere in quella magnifica città che è Genova soltanto per poter prendere parte ai riti collettivi di queste due immense e straordinarie tifoserie. Al centro del disegno ho posto uno dei simboli della Samp, il marinaio, ma non quello classico e stilizzato del logo sociale; il mio è un vecchio lupo di mare in una posa di chi la sa lunga, assai caricaturale, che pare guardarci con cipiglio, forte d’un cappello quasi da bucaniere e con l’immancabile pipa d’ordinanza; sembra quasi un Capitan Barbossa comic style! Caratteristica saliente del disegno è quella di non avere i classici colori sociali del club ligure (il bianco-rosso-nero cerchiato di blu), ma di azzardare una strada più sbarazzina, con addirittura un giallo limone, per un’alchimia che spero non faccia rimpiangere – almeno per una volta – i bellissimi ed unici colori sampdoriani.
Luca “Baffo” Gigli.
LE PUNTATE PRECEDENTI
Prima puntata: Terni, Caserta, Samb, Lamezia, Milan, Parma, Lazio, Udine;
Seconda puntata: Palermo, Udine, Catania, Fiorentina, Pescara;
Terza puntata: Verona, Roma, Milan, Inter;
Quarta puntata: Brescia, Napoli, Lazio, Palermo;
Quinta puntata: Livorno, Lazio, Nocera, Cavese;
Sesta puntata: Lazio, Savona, Cavese, Manfredonia;
Settima puntata: Crotone, Pescara, Catania, Napoli.
Ottava puntata: Roma, Lazio, Palermo, Milan;
Nona puntata: Spezia, Arezzo, Virtus Roma, Nocera, Cavese;
Decima puntata: Lazio, Genoa, Napoli, Roma, Palermo.
Undicesima puntata: Viterbo, Torino, Savona, Napoli;
Dodicesima puntata: Torino, Castel di Sangro, Livorno, Lazio;