Curva Nord Viterbo: Bella tifoseria quella viterbese, che ha conosciuto il suo acme calcistico nella Stagione 1999/2000, quando sfiorò la Serie B, nell’anno in cui fu guidata anche da Carolina Morace (caso unico in Italia, almeno a livello mainstream, di un allenatore donna per una squadra maschile); e ricordo anche d’una coreografia in cui – proprio per onorare questa coriacea signora (che entrò fatalmente in conflitto col padre-padrone della società, Gaucci) – la Nord di Viterbo si tinse di cartoncini rosa. Dopo anni di Serie C e sfide più o meno ad alto livello, la Viterbese ha conosciuto, come purtroppo tante nobili piazze della Provincia italiana, l’onta del fallimento ed è dovuta ripartire dagli ultimi scalini del Calcio, ma sta pian piano risalendo verso palcoscenici più consoni al suo blasone e alla sua storia sportiva. Passato il tempo della Brigata Etrusca (bel gruppo, che riuscì a tenere le fila d’una tifoseria assai numerosa, ma erano gli anni della C1), già negli ultimi campionati pre-fallimento si mise in mostra (e quindi ereditò il timone della Curva) un nuovo gruppo, Questione di Stile, che già dal nome fece capire verso quali lidi traghettare i tifosi gialloblu più accesi. Un’attitudine da stadio molto casual ed elitaria è alla base della mentalità di questi ragazzi che fanno dello stile (per l’appunto) e della ricercatezza del materiale uno dei loro capisaldi. Nel disegno – tutto giocato sul forte contrasto tra il blu dello sfondo e il giallo delle scritte e delle linee, che quasi abbaglia la vista – ho utilizzato una delle icone più care agli Ultras di tutte le latitudini (in special modo coloro che si professano casual), Andy Capp, il mitico personaggio uscito dalla matita del geniale Reg Smythe, che incarna in sé (almeno a livello epidermico) alcuni dei punti fermi della Cultura Ultras: la passione per il Calcio, l’uso ed abuso di alcool, una certa indole “rissaiola”, il mito del pub. Certo, noi sappiamo che non è così e che l’Ultras da stadio ha mille sfaccettature che sarebbe riduttivo e ingiusto ricondurre unicamente a stereotipi d’un personaggio di strisce a fumetti, ma per quanto concerne il materiale, è bello avere un simbolo universalmente riconosciuto, che genera immediata identificazione e simpatia (e di cui, negli ultimi decenni, s’è forse troppo abusato).

02. Ultras Torino

Ultras Torino: Sovente, quando si parla di tifoseria granata, si fa uso di parole come popolo e fede. E non a caso. Quella del Torino, anzi del Toro, com’è affettuosamente chiamato dai suoi tifosi, è realmente una leggenda del Calcio a livello mondiale. Se è vero che in ogni parte del mondo ci sono squadre che sono tutt’uno con la propria tifoseria (ed anche qui in Italia ne abbiamo tanti illustri esempi), è pur vero che un attaccamento e una passione come quella dei tifosi granata alla propria squadra, è più unica che rara; in una parola è “fede” (e non se la prendano coloro che “fedeli” lo sono per davvero). Già il fatto di vivere in una città, Torino, dove gioca una delle squadre più forti e titolate d’Italia, la Juventus, e “decidere” di tifare per il suo opposto, il Toro, che al di là d’un nobilissimo passato, negli ultimi quarant’anni ha dato più sofferenze che gioie, è senz’altro un atto di fede. È un po’ come una scelta politica. Non è semplicemente il solito campanilismo per la supremazia cittadina: no, essere granata significa essere altro rispetto alla Juve; significa averci nel dna un destino irrimediabilmente legato a quelle gloriose casacche che trasudano storia e racconti, per cui non basterebbero volumi e volumi per contenerle. Ed è una fede che va oltre la sofferenza calcistica, fatalmente legata ad un passato e ad un mito di cui è schiava e al contempo parte: lo stadio Filadelfia, il Grande Torino, la Tragedia di Superga; parole e concetti entrati a far parte dell’immaginario collettivo non solo d’una città e d’una tifoseria calcistica, ma d’un’intera nazione, per cui tutti noi – fin da piccoli – ne abbiamo assaggiato un pezzettino. Il Torino è parte della Storia e della cultura di questo Paese, al di là del gioco del pallone. E la tifoseria che lo rappresenta, è un altro pezzo di Storia, per ciò che ha fatto ed ha rappresentato, e non a caso il tifo da stadio (in una fase embrionale) si dice sia nato proprio al séguito del Toro, e le cronache raccontano che furono i Fedelissimi, nel lontanissimo 1951, a dare inizio ad un fenomeno che (sviluppatosi appieno soltanto vent’anni dopo) avrebbe coinvolto intere generazioni nel più grande fenomeno di aggregazione giovanile d’Italia. E chi, come me, ha vissuto da bambino gli Anni ’80 (i più belli del Calcio italiano) non ha potuto fare a meno di subire il fascino d’una curva come la Maratona, in un vecchio Comunale rimasto insuperato in quanto a poesia e bellezza; e quella vecchia Curva Maratona, tutta un colore granata, è stata, per chiunque s’avvicinasse al mondo Ultras, mito e sogno d’infanzia. Nel disegno in oggetto, andando oltre le varie sigle che compongono oggi la geografia del tifo granata, ho scelto due semplici parole che racchiudessero l’intero popolo torinista e la sua città e squadra. Al centro ho posto la testa cartoonesca d’un toro ghignante, pronto alla carica, con tanto d’anello al naso. Per i colori ho osato: addirittura al classico bianco e granata ho aggiunto il nero, su cui le scritte bianche in un font futuribile e retrò al contempo, creano una suggestione quasi da Anni ’50, da vecchia Hollywood.

03. Brigata 1907 Savona 04. Brigata 1907 Savona FBC

Brigata 1907 Savona: Torno a parlare della Brigata 1907, affascinante gruppo al séguito del Savona FootBall Club. Questo manipolo di ragazzi, in controtendenza rispetto ad uno dei periodi più bui della ultracentenaria storia della loro squadra, hanno raggiunto la propria piena maturità, esprimendo un contegno e un’attitudine nel concepire lo stadio che dovrebbero esser prese ad esempio da ogni Ultras che si rispetti. Un sostegno che va al di là di tutto e tutti, sublimando e dando nuova linfa alla parola e al concetto di Ultras. È questa la vera aggregazione giovanile di cui tutti parlano, è questo lo zero scopo di lucro da tutti millantato, è questo l’amore incondizionato senza alcun compromesso. E mi piace pensare, anzi ne sono certo, che comunque andranno a finire le cose per la loro squadra quest’anno (partita con un assurdo handicap di -12 punti in classifica, ch’avrebbe spezzato le gambe a chiunque), questi ragazzi ci saranno sempre, in ogni categoria e contro ogni logica benpensante. Un gruppo, una tifoseria e una città sportiva che pagano colpe non proprie, conseguenze di politiche e giochi che hanno nulla a che fare con lo sport e che mortificano l’illustre nome di Savona e d’una squadra sua espressione, che vanta trascorsi importanti e campionati di Serie B. Serie B sfiorata anche qualche anno fa e che sarebbe il palcoscenico più degno per le casacche biancoblu e per lo stadio Bacigalupo. Nel primo disegno, molto calciofilo, tutto giocato su quattro colori (bianco, nero, azzurro e blu), ho posto al centro della scena una fase di gioco cara ad ogni buon Ultras che si rispetti, il tackle, che la dice lunga sulla “nostra” filosofia d’intendere il Calcio; l’immagine è molto bella e dettagliata, ricca di particolari, di linee e curve date dai rigonfiamenti di magliette, calzoncini e calzettoni. Il font col nome di gruppo e città, in risalto, fa molto Anni ’90 e crea una continuità (materiale, quanto concettuale) con l’azione dei football player. Per il secondo disegno, invece, ho optato per un altro simbolo assai caro a tutti i vecchi “Ultrà”, quel teschio evocativo di mille battaglie, bucaniere, che sa di Anni ’70 e di campi sportivi più che stadi, di vecchi striscioni attaccati alle recinzioni arrugginite e traballanti. La scritta in rilievo, bianca come il teschio, su sfondo blu, vuol sì essere precisa ed impeccabile, ma mantenendo un senso di artigianalità e manualità. Lo stemma cittadino, col suo oro, giallo e rosso, ravviva il disegno e richiama alla memoria vecchi gruppi (Blu Army Treviso, Estrema Fazione Como) di altrettanto “piccole” tifoserie provinciali ch’hanno contribuito a scrivere la storia Ultras di questo Paese. La striscia grigioblu sulla sinistra, spezza, creando movimento e dando al tutto rifinitura e completezza. L’ho immaginato per davvero come un drappo dipinto la sera precedente in garage, che sa ancora di vernice e umidità, da appendere in balaustra e dietro cui fare quadrato e sgolarsi fino a strapparsi le corde vocali.

05. SSC Napoli

SSC Napoli 1926: Per questo disegno ho abbandonato – per un attimo – il terreno Ultras e mi sono addentrato nel territorio dei “Fans”. È questo un disegno dedicato alla squadra del Napoli, seppur fatto avendo sempre fisso in mente lo stile Ultras, che è cosa totalmente differente da quello dei vari fan club. Ho voluto così lasciarmi alle spalle le sigle e i simboli forsennati dei gruppi partenopei e son voluto tornare, un po’, bambino, quando il Calcio era (almeno ai miei occhi) pura passione popolare e la domenica s’andava allo stadio senza la sensazione di scendere in guerra. Disegno che nasce dall’amore per quel simbolo mutuato dalle mitiche Figurine Panini degli Anni ’80, quel “ciucciariello” con addosso la casacca azzurra, che corre felice dietro il suo pallone: un’immagine d’una purezza e ingenuità talmente spensierata e fanciullesca che è cosa impossibile non lasciarsi contagiare. E quanti ricordi che riaffiorano guardandola… gli album e le bustine di figurine (100 lire l’una) da scartare avidamente cercando il pezzo mancante, quell’odore di colla che mi sento ancora nelle narici, il cortile sotto casa dove passavamo le estati intere a giocare a pallone, infaticabili, sotto il sole, mattine, pomeriggi e sere, nugoli di bambini con indosso i colori delle squadre del cuore, pane&nutella e ghiaccioli, quando si parlava dei nostri idoli calciatori e si fantasticava di diventar come loro, quando inconsapevoli di noi stessi e di quello che si faceva, s’andava forgiando, con quei riti, una generazione tra le più romantiche e sensibili. Nella nostra ingenuità si viveva di Calcio e – citando il maestro Nick Hornby – il Calcio era la vita. Per la parte scritta, ho utilizzato un font cubitale, impostando il tutto affinché ricordi un vecchio biglietto da stadio di quegli anni, quando alla partita s’andava coi genitori e non si pagava, s’entrava sottobraccio a papà che poi ce lo regalava, quel biglietto, che avremmo custodito come una reliquia ed avremmo guardato fino a consumarlo con gli occhi. Avremmo mai immaginato che quelli sarebbero stati tra i ricordi più belli e cari della nostra vita? Noi, il Calcio.

Luca “Baffo” Gigli.

LE PUNTATE PRECEDENTI
Prima puntata: Terni, Caserta, Samb, Lamezia, Milan, Parma, Lazio, Udine;
Seconda puntata: Palermo, Udine, Catania, Fiorentina, Pescara;
Terza puntata: Verona, Roma, Milan, Inter;
Quarta puntata: Brescia, Napoli, Lazio, Palermo;
Quinta puntata: Livorno, Lazio, Nocera, Cavese;
Sesta puntata: Lazio, Savona, Cavese, Manfredonia;
Settima puntata: Crotone, Pescara, Catania, Napoli.
Ottava puntata: Roma, Lazio, Palermo, Milan;
Nona puntata: Spezia, Arezzo, Virtus Roma, Nocera, Cavese;
Decima puntata: Lazio, Genoa, Napoli, Roma, Palermo.