Il decisivo match di ritorno dei Playout fra Potenza e Monterosi si gioca in prossimità della festa San Gerardo, Santo patrono di Potenza, che mai come in questa occasione è stato invocato da un’intera comunità, pronta ad aggrapparsi a tutto e tutti, santi in paradiso compresi. Dal pareggio interno contro il Francavilla, match che ha condannato i lucani a giocarsi un’intera stagione in questi spareggi, tutta la città si è stretta ancora di più attorno alla propria squadra. Sono infatti più di quattromila gli spettatori presenti questa sera (4.077 il dato ufficiale al botteghino), con lo stadio sold out già dal sabato e i biglietti andati a ruba nonostante la prevendita fosse iniziata soltanto il giovedì.

Il match di andata si era concluso con la vittoria per 1-0 per i lucani, successo ottenuto grazie al gol dell’attaccante Caturano, parziale riscatto di un calciatore spesso criticato dalla tifoseria potentina per comportamenti un po’ ambigui tenuti durante tutto l’arco della stagione. La vittoria, seppur di misura, ha comunque rinvigorito l’intero ambiente del capoluogo lucano, che dopo l’esodo dell’andata, quasi 800 potentini al seguito della squadra, vede il traguardo più vicino ed è pronta a festeggiare una salvezza tanto sofferta quanto voluta. Per quanto riguarda gli ospiti, stranamente, a Potenza oggi sono presenti circa un’ottantina di tifosi che hanno provato anche a tifare; ciò che però stupisce non è il numero, pur buono considerando sia la posta in palio che la categoria e il bacino potenziale di tifosi del Monterosi, quanto la presenza in sé, visto che per tutto l’arco della stagione, il club laziale ha disputato i propri match senza il supporto del tifo organizzato. Gli ospiti, tra l’altro, sono, il frutto perfetto del calcio moderno o quanto meno una loro vittima, in quanto pur rappresentando un piccolo centro del viterbese, dal loro approdo in terza serie hanno girovagato per l’Italia, trovando rifugio prima a Pontedera, poi a Viterbo e infine a Teramo e probabilmente, a partire dalla prossima stagione giocheranno a Guidonia. La Lega quindi dovrebbe avviare una seria e attenta riflessione a riguardo, perché a fronte di piazza blasonate relegate nelle categorie dilettantistiche, ce ne sono altre che cambiano stadi e città senza destare alcun imbarazzo. Nel calcio non deve vincere chi ha più tifosi ma è altrettanto ovvio che non deve neanche essere impedito ai piccoli centri, nel caso di specie alla comunità di Monterosi, di poter vivere il sogno della serie C. Le regole che vengono imposte per disputare i campionati professionistici, fra tutte l’adeguamento degli impianti sportivi alle prescrizioni, di fatto impedisce a piccole realtà di vivere il proprio sogno in casa, costringendole di fatto a cercare dimora altrove.

Già un’ora prima della partita, la Ovest è quasi tutta gremita: in settimana, i ragazzi della Curva avevano invitato i tifosi rossoblù ad assiepare i gradoni sin dal riscaldamento. Il tifo dei padroni di casa è per tutti i 90 minuti forte e costante, supportato per l’occasione dalla presenza degli amici di Rionero in Vulture e Altamura. Nonostante la vittoria dell’andata, la tensione è tanta e il gol del momentaneo vantaggio serve solo a rasserenare gli animi, ma solo per pochi istanti, infatti quasi subito arriva il pareggio degli ospiti che, nonostante l’assedio finale, comunque sterile, non riescono a segnare i due gol necessari per evitare la retrocessione.

Al triplice fischio tutto lo stadio festeggia una vittoria sofferta ma meritata e concede agli undici in campo il meritato tributo, con l’unica eccezione della curva che invece mantiene un atteggiamento freddo e distaccato, rifiutando le maglie che i giocatori erano pronti a lanciare. Gli ultras potentini festeggiano ovviamente la salvezza ma ricordano ai giocatori che, per tutto l’arco della stagione, non sono stati in grado di mantenere fede alle promesse fatte: la compagine lucane era stata infatti costruita per ben altri obiettivi e quella di oggi rappresenta solo una minima ricompensa per una stagione che ha regalato poche gioie e tanta sofferenza.

Pier Paolo Sacco