Sono le quattro e mezza del mattino di una domenica di inizio marzo quando accendo i finali dell’auto e mi metto in viaggio in direzione del basso Molise. Finalmente è arrivato il giorno in cui si gioca una partita che negli ultimi mesi ho atteso con grandi aspettative: si tratta della sfida Real Guglionesi – Isernia, un interessantissimo incontro dell’Eccellenza molisana che ho messo in agenda già all’inizio della stagione.

Quest’anno sto macinando parecchi chilometri, sempre solo, alla scoperta di stadi e città in cui non sono mai stato: Sulmona, Civitanova Marche, Giulianova, Palma Campania, Altamura, Chieti, L’Aquila sono state soltanto alcune delle tappe dei miei “pellegrinaggi” calcistici. La regola che mi sono imposto è sempre la stessa: scegliere la partita migliore possibile, considerati i sacrifici economici connessi a tali spostamenti, sperando, ovviamente, che tra i programmi e la loro realizzazione non si frappongano divieti di trasferta o rinvii dell’ultimo secondo.

Da tempo volevo recarmi a Guglionesi, sia per osservare anche in casa la bellissima realtà ultras locale, che ho avuto modo di apprezzare, a gennaio, in quel di Bojano (un altro posto nuovo per me), sia perché incuriosito dallo stadio e dalle bellezze artistiche del piccolo centro molisano. Questo paese dista da casa mia 250 chilometri, quindi, coerentemente con quanto scritto sopra, ho aspettato la gara interna con l’Isernia per vedere Guglionesi per la prima volta, visto che questa partita mi offre anche la possibilità di ammirare, nel settore ospiti, una tifoseria di valore come quella isernina.

Quando metto in moto l’auto vedo comitive di ragazzi che tornano dalla serata trascorsa a Roma o in altre città del Lazio. Per me, invece, è appena l’inizio di una lunga giornata: sorrido pensando al fatto che fin dall’adolescenza ho sempre considerato la domenica allo stadio, non altri divertimenti, il momento più importante della settimana. Il viaggio fila liscio e quasi senza accorgermene mi ritrovo nel Molise. Prendo la Statale 17, da dove posso ammirare la mole imbiancata del Miletto, la vetta più elevata di questa regione, sotto la quale sono tracciate le piste da sci di Campitello Matese.

Poco dopo imbocco la Bifernina, la superstrada che collega le aree interne della regione con il litorale adriatico, come la parallela Trignina. Intorno a me posso osservare un dolce paesaggio collinare, accarezzato dal corso del Biferno, il Tifernus dei nostri antenati, che si fa strada in direzione del mare con andamento sinuoso. Rimango impressionato dalla Rocca di Oratino, una torre medievale che si può raggiungere arrampicando sulle rocce della rupe calcarea sulla quale è stata costruita. Ancor più meraviglia desta in me il viadotto che attraversa il lago di Gualdialfiera, un invaso artificiale che fornisce acqua preziosa ai paesi di questa zona.

Sono ormai a due passi dall’Adriatico, nel cuore del territorio dell’antica tribù italica dei Frentani, anticamente stanziata tra i bacini del Fortore (Frento), del Biferno e del Sangro (Sagrus). Vedo le indicazioni per Larino (Larinum), una delle città più importanti di questo popolo insieme a Lanciano (Anxanum), a Ortona e alle scomparse Cliternia e Buca. Ripenso alla prima stagione calcistica di cui ho memoria, quella del 1997-98: avevo sette anni ed ero già appassionato dei campionati dalla B in giù. In quell’anno la Frenter Larino militava nel girone G del Campionato Nazionale Dilettanti, che comprendeva piazze come Giugliano, Campobasso, Terracina, Latina, Pozzuoli, Caserta e Caivano. Mancano ancora diverse ore al calcio d’inizio, per cui ho tempo per andare alla ricerca del tratturo L’Aquila – Foggia. Le vie della transumanza hanno rappresentato, per secoli, le principali direttrici di insediamento in questa zona, una funzione oggi assolta, invece, dalle vie di fondovalle, dall’autostrada A14 e dalla ferrovia litoranea.

Verso le dieci decido finalmente di salire a Guglionesi, un paese di 5.000 abitanti posto a 369 metri sul livello del mare. La visuale che si offre al visitatore è incredibile: in direzione dell’Abruzzo vedo i valloni orientali della Maiella e le cime del Gran Sasso, ma anche la Puglia è a due passi, per cui dall’altro lato posso notare il Gargano e i primissimi lembi del Tavoliere. Un traghetto percorre immaginari sentieri marini in direzione delle Tremiti, le Insulae Diomedeae: secondo gli antichi vi sarebbe stato sepolto Diomede, l’eroe di Argo, che era l’inseparabile compagno di Ulisse nei poemi omerici. Vedo anche i paesi del Molise arbëreshë e quelli dell’area serbo-croata: in Età moderna, al tempo dell’invasione ottomana, nel Molise si rifugiarono numerosi nuclei di slavi, provenienti soprattutto dalla Dalmazia, e di albanesi, le cui tradizioni e la cui lingua sono ancora vive in questo affascinante angolo dell’Italia adriatica. Osservando le colline che digradano verso il mare provo a immaginare la posizione di Usconium, un antico insediamento frentano purtroppo scomparso. Un vicolo di Guglionesi, Vico Usconio, lo ricorda nel nome.

Dopo la passeggiata lungo il perimetro della cinta muraria mi inoltro nei vicoli del centro storico. Ne consiglio vivamente una visita, perché gli edifici antichi di questo paese conservano tesori incredibili. Entro prima di tutto nella Chiesa di Santa Maria Maggiore, settecentesca ma rifatta su strutture romaniche. Scendo nella cripta di S. Adamo Abate, dove posso ammirare la stupenda icona dell’Assunzione della Vergine. È un’opera di Michele Greco, un pittore del XV/XVI secolo originario di Valona, in Albania: l’Adriatico non è mai stato una cesura tra popoli, ma uno spazio comune, in cui per secoli si sono incrociate culture diverse, con un secolare movimento di scambio, tra le due sponde, di artisti, architetti, pittori e letterati, che ha spinto qualcuno a parlare di “cultura adriatica”. Nella chiesa si trovano anche numerosi sepolcri dei vescovi di Termoli, che spesso, soprattutto in Età moderna, si rifugiavano a Guglionesi quando il litorale adriatico era poco sicuro. Visito poi la chiesa di S.Nicola di Bari, una splendida opera architettonica in stile romanico pugliese, anch’essa caratterizza da un’affascinante cripta medievale, e quella di S. Antonio da Padova, eretta nel 1410. Passo, infine, sotto ciò che rimane del castello, una fortezza importantissima quando queste terre facevano parte del ducato longobardo di Benevento, nell’Alto Medioevo.

Dopo questa passeggiata ricca di spunti decido di recarmi allo stadio. Rimango innanzitutto colpito dalla sua posizione panoramica, tanto che durante la partita scatterò diverse foto alle Tremiti. Si tratta di una struttura molto carina, composta da due tribunette coperte poste sullo stesso lato, una destinata ai locali, l’altra agli ospiti. Entrambe le gradinate sono dotate di seggiolini.

Il cielo è sereno, la temperatura mite, l’ambiente disteso. Dai dirigenti ai tifosi, qui sono tutti gentili e ospitali e vengo accolto con grande cordialità. In questi campi si vive ancora un calcio sano, autentico e genuino, una boccata di ossigeno rispetto all’atmosfera patinata delle categorie professionistiche. Non vedo l’ora che inizi la partita, perché sono sicuro che assisterò a uno spettacolo bellissimo.

Quando le squadre stanno per entrare in campo osservo un certo movimento nel settore di casa: i ragazzi stanno preparando, evidentemente, una coreografia. Come ho scritto all’inizio di questo testo, ho già avuto modo di vedere gli ultras neroverdi al “Colalillo” di Bojano. Quel giorno mi fecero davvero una bellissima impressione per il loro tifo di ottimo livello e per il loro materiale curatissimo. Il gruppo locale si chiama Brigata Neroverde ed esiste dal 2014. Nel corso degli anni è cresciuto sempre più, fino a diventare un’ottima realtà, con una ben definita fisionomia ultras. Considero questo risultato come il frutto di un lavoro eccellente, tanto più se rapportato alle piccole dimensioni di Guglionesi.

La coreografia che i ragazzi realizzano all’inizio della partita conferma quando detto: tanti cartoncini neroverdi contornano un telo con il codice di avviamento postale del paese (86034), mentre dei bellissimi bandieroni vengono fatti sventolare tutt’intorno. Lo striscione Sempre insieme a te sarò completa il quadro. Semplice ma ben riuscita e d’impatto. Del movimento ultras italiano mi affascina sempre la sua capacità di radicarsi in ogni dove, anche nei piccoli paesi. È come se il desiderio di tifare fosse connaturato alla nostra indole e sempre pronto a sbocciare. Spesso ci stropicciamo gli occhi di fronte a ciò che avviene negli stadi esteri, soprattutto nell’Europa orientale, ma una diffusione così capillare del germe del tifo credo non possa vantarla nessun altro posto al mondo.

Per il resto della partita i guglionesani offrono veramente un bel tifo, fatto di cori ritmati dal tamburo, di bandieroni sempre al vento, di battimani e manate. Molto bella anche la sciarpata finale e il due aste Jamm Wajù.

Dall’altro lato si presenta, nel settore ospiti, un bel gruppo da Isernia. Come ho scritto prima, ho aspettato questa partita per recarmi a Guglionesi proprio perché quella isernina è una tifoseria di tutto rispetto, che si è sempre contraddistinta per il suo forte attaccamento e per la sua costanza: l’Isernia Ultras c’è sempre stata, anche nelle categorie regionali.

I ragazzi di Isernia si compattano dietro uno striscione con cui invitano in modo perentorio la squadra a cacciare gli attributi. Proprio qualche giorno prima della gara odierna i ragazzi del gruppo No One Can Stop This Generation hanno emesso un comunicato di contestazione verso i calciatori e la società per i risultati sportivi degli ultimi tempi, da loro considerati insoddisfacenti in ragione dei diversi punti persi contro squadre dal livello tecnico decisamente inferiore rispetto a quello dell’Isernia. Nel comunicato hanno poi preso posizione anche in relazione alla questione stadio, chiedendo il ritorno dell’Isernia al “Lancellotta”, visto che il club pentro disputa le partite casalinghe fuori città.

Gli isernini presenti quest’oggi nel settore ospiti dello stadio di Guglionesi si fanno notare per la loro compattezza, per i bei battimani, per l’uso del tamburo e per il sostegno vocale caratterizzato da una mescolanza di cori secchi e prolungati. Non mancano quelli contro le rivali Termoli e Venafro. Il colore è assicurato dal bel bandierone sempre in movimento e dalle bandierine. Sugli spalti la gara del tifo procede piacevolmente, mentre in campo l’Isernia, impegnato nel duello al vertice con l’Aurora Alto Casertano, regola facilmente gli avversari, vincendo con il punteggio di 0-4.

Quando finisce la partita decido di rimanere ancora per qualche minuto per scambiare quattro chiacchiere con le persone del posto, visto che vorrei cercare di conoscere ancora meglio la bella realtà guglionesana. Rimango ulteriormente colpito dalla cordialità di tutti. Spero che quanto costruito dai ragazzi di Guglionesi resista a lungo e, perché no, che gli ultras neroverdi possano, un giorno, vivere il sogno di un loro primo campionato in D, una categoria nella quale merita ovviamente di tornare quanto prima la tifoseria isernina.

Il sole, purtroppo, inizia a calare dietro i monti appenninici e per me arriva il momento di tornare a casa. Mi aspettano tre ore di auto, ma il viaggio scorre veloce tra una canzone degli Oasis e l’altra. Quando metto piede a casa sono stanchissimo ma felice, perché sono stato in uno stadio nuovo, ho visitato un bel posto, ho respirato a pieni polmoni un’atmosfera pura e genuina e ho passato del tempo facendo quello che amo più: vedere all’opere due tifoserie!

A.C.