In tanti ci hanno chiesto cosa avremmo fatto del rimborso dell’abbonamento non goduto a causa dell’annullamento del campionato in seguito all’emergenza sanitaria in atto in Italia, e noi stessi ci siamo confrontati in merito, arrivando non ad una decisione ma ad alcune domande e perplessità.

Partiamo dal fatto che noi ci abboniamo per sostenere la Sampdoria sia fisicamente allo stadio sia sotto il punto di vista economico. Ognuno di noi dà il proprio contributo, perché proveniamo da una storia che ci è stata tramandata secondo la quale l’abbonamento è l’importante riconoscimento del nostro legame con la Sampdoria. Con l’abbonamento si dice “io ci sono!” Quanti di noi negli anni hanno rinunciato a qualcosa di piccolo o grande per potersi abbonare? Tanti crediamo, anzi tutti! In quest’ottica nessuno di noi avrebbe mai valutato l’opzione di chiedere il rimborso. Non se ci fosse una società trasparente, che non sia sospettata di aver fatto sparire soldi dalle casse della Sampdoria e che mostrasse dei valori veri di attaccamento. Ma oggi, purtroppo, non è così.

Inoltre abbiamo altre perplessità, in particolare sulla forma che è stata data al rimborso stesso, ovvero un voucher, spendibile solo sul circuito ticketone, per eventi che nessuno può essere certo saranno disputati. A supporto di questa perplessità apprendiamo che l’Unione Nazionale Consumatori, che fa parte del consiglio nazionale Consumatori e utenti (un organo dello stato italiano), sostiene che sia un diritto dell’abbonato poter scegliere tra il rimborso tramite “buono” oppure in denaro. 

Sono questioni importanti, specialmente in una situazione economica precaria come quella attuale, alle quali crediamo debba essere data una risposta seria, altrimenti temiamo che i “buoni rimborso” possano finire come quel buono in farmacia di Carlo Verdone e della Sora Lella».