BASTA IPOCRISIA, IL MONDO ULTRAS NON È CRIMINALE !!!

Che nel 2019 nel dibattito sugli ultras ancora non si riconosca il valore sociale che il nostro mondo rappresenta è sinonimo di assoluta ignoranza e cecità, la maturazione del movimento dalle origini in cui la deriva violenta era una prerogativa innegabile, ha prodotto modelli ultras impegnati nel sociale sensibili ai bisogni reali del prossimo che non meritano certo d’essere demonizzati ma casomai emulati.

Il movimento ultras piaccia o meno, è uno spaccato sociale che in 50 anni ha aggregato ed aggrega centinaia di migliaia di italiani.

Chi si lega ad una curva lo fa per la comune passione per lo sport, la squadra, la tradizione e la città che viene sostenuta non certo con fini criminali.

In curva contano i valori non i risultati.

Qualunque psicologo può certificare come le dinamiche delle aggregazioni giovanili favoriscano lo sviluppo di regole proprie prodotte dal distacco dalle regole sociali in cui non ci si identifica o meglio praticando senza ipocrisia principi di giustizia che la società non garantisce.

Nelle curve non esistono codici segreti o leggi sovversive come si vuol far strumentalmente credere, gli ultras si ispirano a regole semplici.

Nelle curve le gerarchie si strutturano sulla base dei meriti, chi più si impegna più avrà rispetto ed aiuto, anche economico se possibile, per sostenerlo nel suo adoperarsi per la collettività.

Nelle curve chi sbaglia paga in proporzione all’errore e fino all’allontanamento che è il disonore più grande.
Nelle curve gli equilibri e le scelte vengono dibattute pubblicamente e decisi dalle figure di maggior esperienza e dedizione.

Chi frequenta una curva fa propria l’identità di gruppo che nel tempo diviene un vero e proprio valore da difendere al pari dei propri colori.

In virtù della determinazione nel difendere la propria identità si sono sviluppati nel tempo relazioni ed equilibri tra tifoserie che hanno determinato la geografia di amicizie e rivalità.

Le comuni amicizie e inimicizie oggi come ieri sono uno dei collanti tra i frequentatori dei gruppi ultras e per questo non esiste possibilità di estinguere il desiderio di confronto anche fisico ne di separare chi è disposto al confronto tra chi non lo è come vorrebbe Salvini.

Non esiste l’ultras buono e l’ultras cattivo !!!

Se si approfondisce quello che è stato lo sviluppo del fenomeno ultras sarà evidente che non si potrà mai debellare l’impulso alla rivalità ed al confronto tra gruppi in quanto hanno radici troppo profonde.

Non si può pensare di arginare il problema attraverso una prevenzione come quella strutturata a Milano e che si fonda sul controllo e l’intimidazione dei rappresentanti delle tifoserie.

Le istituzioni se vogliono operare concretamente per arginare la deriva ultras legata alle rivalità tra tifosi, devono fare un profondo esame di coscienza e seguire l’indirizzo di Salvini imparando a distinguere la vigilanza e la prevenzione di chi esprime comportamenti illeciti e tutelando invece il diritto al tifo come valore sociale.

Il razzismo non fa parte delle curve non più di quanto non faccia parte della società, a certe espressioni va data semplicemente la connotazione che merita.

Certi modi di far tifo per quanto equivoci e di cattivo gusto non son altro che un modo di provocare la tifoseria avversaria o per innervosire questo è quel giocatore dell’altra squadra.

La riprova di quanto siano lontane logiche razziste dalle curve la si avrebbe semplicemente andando a veder quanto trasversali siano gli spaccati sociali, regionali ed etnici che le compongono e a prescindere dal proprio colore religione o regione di provenienza gli ultras imprechino, facciano ululati o cantino contro le squadre delle proprie regioni di provenienza.

Se di problema vogliamo parlare non è certo di razzismo ma casomai di educazione ad un approccio al sostegno positivo invece che negativo.

Nessuno come i gruppi ultras conoscono il valore dell’inclusione e del rispetto e quindi discriminazione o razzismo non possono appartenere al nostro mondo più di quanto non appartengano al resto della collettività.

La soluzione a questo “non problema” passa solo ed unicamente dalla responsabilità di media e mezzi di comunicazione in genere che, invece di speculare, dovrebbero toglier visibilità a certi atti spesso studiati da gente in cerca semplicemente di visibilità e dar maggior risalto a tifo attivo, coreografico ed alle infinite iniziative positive che arrivano dal mondo del tifo.