Quando mi approccio a questo genere di gare – il grande evento per antonomasia – lo faccio sempre con un certo fastidio. Vuoi perché sono gli eventi che un po’ tutti bramano di seguire e vuoi perché con il passare del tempo non mi rimangono particolarmente nel cuore. Intendiamoci, è sempre bello vedere un’ottima cornice di pubblico, assistere a delle importanti prestazioni di tifo e immortalare momenti che comunque – volenti o nolenti – sono destinati a rimanere nella storia dei club e dei tifosi.

Ma per dirne una, di tutta la risalita del Bari dal dilettantismo, ricorderò sicuramente più il match giocato a Locri, a cui ebbi la felice intuizione di andare. Ovvio che per qualunque tifoso biancorosso quella sia una delle partite a cui non sono legati momenti particolarmente vividi e felici, eppure sono abbastanza certo che chi ha seguito il Bari anche nei campi della Serie D capisca cosa voglio dire. L’essenza non è mai nel momento di gloria, ma nella scalata che ad esso conduce. E non è un caso, quindi, che queste siano basi importanti da sfruttare nel futuro prossimo.

Dici Bari e puoi intendere tante cose. Personalmente ci ho sempre visto una tifoseria con potenzialità sterminate – sia in fatto di passione che di seguito numerico – ma con alcuni momenti di discontinuità evidente, che ne hanno a volte ostacolato il cammino. Chiaro che la performance di oggi sia storia a sé. I duemila cuori biancorossi presenti hanno sospinto l’undici in campo alla loro maniera, con voce e tanto colore. Perché poi, al netto di tutto, va detto che questa tifoseria quando riesce ad esprimere appieno le proprie capacità è capace di sparigliare avversarie anche più blasonate.

Ecco, introducendo questa gara con il ricordo di Locri volevo semplicemente esprimere il mio auspicio affinché i baresi da qui in avanti continuino a essere quelli di quel tiepido pomeriggio calabrese. Con un piede sempre ancorato alla terra e un altro indirizzato alla crescita della piazza.

Sarà importante che l’asset societario non riserbi sorprese. Personalmente non sono certo un amante delle multiproprietà e, ancor meno, della famiglia De Laurentiis. Anche se a questi ultimi va riconosciuto di aver saputo fare degli investimenti solidi e duraturi nel calcio italiano. Ma mai come quest’anno abbiamo l’esempio della Salernitana in Serie A che certifica – almeno prima del cambio societario – quanto questa pratica di acquisire più di un club debba esser assolutamente interdetta e stigmatizzata. Se non altro per quello che produce nel lungo tempo.

“Noi vogliamo un grande Bari” cantavano gli ultras pugliesi a fine partita. Ecco, mi voglio sbilanciare: un grande Bari difficilmente può essere figlio di situazioni societarie ambigue e ambivalenti. Non mi voglio certo erigere a educanda, anche perché tutti sappiamo come vanno le cose nel mondo del football. Ma a prescindere dal discorso morale c’è da affrontare quello pratico. Molto più importante e irto di difficoltà nel dipanarsi fluidamente e senza intoppi.

Venendo alla sfida degli spalti, come anticipato la prestazione dei biancorossi è di grande livello. I baresi mettono in mostra tutte le loro peculiarità nel fare tifo: tantissimo colore, cori lunghi e tre sciarpate (durante e dopo la sfida) davvero perfette. Degna di nota la festa finale con staff e giocatori che stazionano lungamente sotto al settore ospiti per festeggiare lo 0-1 che consegna nelle mani dei Galletti la matematica promozione in cadetteria.

Ciò che sempre amo constatare in queste sfide, invece, è la controparte sugli spalti. In questo caso gli ultras del Latina. Non un compito facile il loro, chiamati a fronteggiare la masnada di biancorossi che si sarebbero palesemente trovati di fronte. Eppure la Nord risponde con un discreto numero e un bel tifo durante tutto l’arco della gara: i pontini non vogliono assolutamente lasciare campo ai dirimpettai e fanno così sentire la loro presenza. Rumorosi anche i ragazzi presenti in tribuna dietro lo striscione Sparuta Minoranza.

Mi allontano dallo stadio che tifosi e giocatori del Bari ancora stanno festeggiando. Diverse bottiglie di spumante hanno fatto il loro ingresso sul manto verde e giustamente sono diventate le protagoniste indiscusse. Ora nelle partite che mancano ci sarà ancora da gioire per il Bari, mentre subito dopo arriverà l’opera di consolidamento e costruzione per riportare una delle più importanti città italiane ad ottimi livelli calcistici.

Chiudo dicendo che sarebbe sempre bello, nel futuro prossimo, dover evitare di commentare fallimenti e retrocessioni a tavolino causate da personaggi alquanto discutibili (a Bari ne sanno qualcosa) e che, invece, questi divenissero veramente invisi a tutto un sistema che sicuramente non ne trae mai e poi mai giovamento.

Simone Meloni