doriamilan867spareggioaDedicato a tutti quelli che quegli anni c’erano…

Stagione finita ormai, per tutti o quasi. Per noi da marzo, dopo la partita col Tirol in Austria, dove ci hanno gabbato il passaggio del turno, ma ormai questo non fa più notizia. Stagione finita per il Napoli campione, per l’Inter che rosica molto vicino e per i gobbi che dopo la batosta di coppa col Real non si sono più ripresi.

Stagione finita per tanti, ma non per tutti, dicevo. Capita difatti che a giocarsi un posto in Europa ci siano Milan e Doria e che, proprio a Torino, la Lega decida di disputare lo spareggio. Partita secca, un solo risultato possibile per entrambi: la vittoria.

Doria-Milan, per gli sportivi, è la sfida tra due che squadre mancano successi importanti da tempo; da una parte il nuovo corso del Milan, quello col presidente sull’elicottero che tanto piace alla stampa ed altrettanto poco piace a chi vive la curva, Fossa dei leoni in prima linea; dall’altra la Doria che in Europa ormai ci fa tappa fissa e non può mancare l’appuntamento. Sarà per questo, ma i giornali ne parlano quotidianamente con titoli a tutta pagina e pompando la cosa finiscono per attirare l’attenzione dei tifosi. Da Milano si muovono in ventimila circa, almeno 15 mila da Genova., insomma grandi numeri che per una sfida Uefa poco hanno a che fare.

Doria-Milan, per la gente della curva, significa scontri sicuri e grandi coreografie. I ragazzi del forum, soprattutto i più giovani, quando sentono parlare di Milan e Doria, penso corrano con la mente ad un pomeriggio a Ponte Curone, provincia di Alessandria, quando due treni speciali si bloccano in aperta campagna ed i tifosi se le danno per ore. E’ entrato nella storia delle curve quel giorno, era il 6 giugno del 93.

A Torino, di certo Milan e Doria le si conosceva bene, c’erano state addirittura delle amicizie, di breve durata e, soprattutto delle profonde rivalità. I gobbi coi doriani avevano fatto un gemellaggio, da fine ’70 alla metà degli ’80, più che altro in contrapposizione al nostro legame storico, con l’altra metà di Genova, quella della Fossa dei Grifoni e del Ponente Rossoblu. Eppure, ai primi ’70, amicizie personali avevano coinvolto anche noi ed i doriani in un amicizia che mai aveva coinvolto la curva, tutte robe del tipo io sono amico di questo, lui di quello, poi di mezzo c’era la tipa carina e la cosa era fatta…ovviamente fin quando durava, in linea di massima molto poco perché la generale antipatia per i soriani era ben radicata. Restavano le amicizie personali, se vuoi anche il rispetto, ma poi la domenica ci si dava. Coi milanisti, invece, scontri pesanti ai primi ’70, ma poi anche amicizie. Per certi anni ci fu anche un “patto di non belligeranza”, di tanto in tanto infranto, senza tuttavia episodi di rilievo. Ci si rispettava e poi c’era il collante dell’antipatia contro la juve, tra i gobbi ed i rossoneri sono state botte da sempre.

Torniamo all’87, epoca di corrispondenze e di foto su pellicola, quelle che potevi farne 24 o al massimo 36, che se le sbagliavi non potevi buttarle via, semmai cambiavi il rullino, ma nel frattempo avevi perso l’attimo. Altra cosa il digitale, vero? Sono gli anni che ci si scrive via lettera coi corrispondenti, quelle che le lettere impiegano almeno una settimana per arrivare dall’altra parte e, quando lo fanno, son piene di foto, esclusivamente su carta, formato ruvido, di rado liscia. Sono gli anni del Comunale, quelli che i cancelli venivano aperti a tutti nell’ultimo quarto d’ora, quando il calcio era ancora uno sport popolare. Si faceva il giro dall’altra parte, mischiati a studenti, pensionati, cassaintegrati, e si andava a visionare gli ultras dell’altra sponda. Poi il tempo passa, cambiano i legami, ma i ricordi restano, così le lettere e le foto di quegli anni, chissà che qualcuno di loro, come me, ricordi ancora quel giorno….

Torino, 23 maggio 1987

Porta Susa, stazione di Torino Nord, metà mattinata. L’appuntamento per i vari corrispondenti è sul vecchio cavalcavia della ferrovia, anche perché il piazzale è già pieno di blindati e di celere. Saranno le undici quando arriva il treno da Milano e sulla piazza sbucano prima i turisti domenicali, i pendolari e poi la miriade di cappellini da baseball rossoneri, griffati FdL. Un saluto breve agli amici di vecchia data, poi un rapido sguardo alle bandierine rossonere, quelle con le aste di plastica dura che servono per ogni occasione, tranne che per la coreografia. Il gruppo si compatta, duemila persone che procedono incolonnate verso lo stadio, una roba che, quando la testa del corteo attraversa corso Matteotti, la coda ha appena lasciato l’atrio della stazione. In pratica è un chilometro di gente che si sposta a piedi.

I miei amici della Fossa parlano di aver visto cose simili solo negli anni ’70, nella famosa trasferta di Verona, quella del 5-3. Può darsi abbiano ragione, però senza andare tanto lontano coi ricordi qualcosa lo ricordo pure io. Era il 5 ottobre di quest’anno e giocavano a Torino coi gobbi. Stessa strada, stazione Porta Susa e poi corteo a piedi: Via Cernaia per poi svoltare a destra, giù dritti fino a Corso Agnelli e quindi allo stadio. Ma, in prossimità di piazza d’Armi qualcosa si muove, la polizia prova a dire qualcosa, ma quando si muovono più di mille persone non le tieni e così il corteo prima di arrivare in Maratona si fa un passeggiata davanti alla curva Filadelfia, prima a passo svelto, poi direttamente a passo di carica. Fu uno spettacolo anche quel giorno, ma la cosa oggi non si ripete.

Il prepartita è Via Filadelfia, quella della curva dei gobbi, oggi occupata dai doriani, la stessa del nostro vecchio stadio e del bar Sweet, la stessa dove passa il corteo che arriva da Genova. Saranno circa mille persone, meno numerosi dei rossoneri, ma la qualità non manca, anzi è forse superiore. Capita spesso che ci siano dei casi in cui la differenza non la faccia il numero di persone, ma la gente. I doriani conoscono fin troppo bene noi e quella zona, per cui scendono dal treno con qualche decina di bandieroni, regolarmente provvisti di aste di plastica, pronti per l’occasione. Ci sono quelle arancioni, le stesse che verranno ricordate su un loro striscione di quegli anni (“aste arancioni”, penso lo ricorderemo in tanti…), ma ci sono quelle bianche, quelle nere, ogni tipo di tubo d’idraulico da sventolare sulle teste di chi capita, sulle vetrine, sulle macchine. Il corteo scende dalla stazione Lingotto, imbocca Via Giordano Bruno, supera Corso Giamone e Via Tunisi, per girare proprio davanti al vecchio stadio, in via Filadelfia. I primi incidenti del giorno capitano lì, ci si scontra noi coi doriani, vanno in pezzi bottiglie, vetri di macchine ed anche una vetrina. Si finisce a difendersi con le barre di acciaio e con le saracinesche dello Sweet abbassate, fino a quando madama non mette ordine manganellando come può, mentre l’elicottero dall’alto segue l’evolversi della situazione. Il corteo dei doriani si ricompatta in Piazza San Gabriele da Gorizia, prima di entrare nell’antistadio.

Il Comunale oggi si colora di blucerchiato e di rossonero. In mezzo altri colori, altri dialetti, altre storie. Come quella dei viola, presenti in Filadelfia con bandiera al seguito, a fianco dei gemellati doriani ed interisti, con striscione Viking appeso nella balconata inferiore. Maratona in rossonero, anche se nella parte bassa di curva si riconosce compatto un gruppo granata. Sugli spalti ci si sfida a colpi di sciarpate, bandieroni, palloncini. Il prepartita è di marca doriana, l’ingresso è milanista. In Filadelfia qualche torcia sparsa, maratona vince la sua partita con un muro di fumogeni bianchi lanciati sulla pista e fumogeni colorati o torce in balconata. Concordano tutti, compreso il loro vecchio capo, presente a Torino nei distinti che, col braccio ingessato per l’occasione, si mette di fianco alla cancellata di maratona con la maglia a maniche corte “ultras tito”. Capitava così negli ’80, che quando ci si avvicinava ad una trasferta “calda” trovavi sempre qualcuno ingessato, anche se non necessariamente si era rotto un braacio; il fatto è che lì in mezzo non arrivava la “perquisa” e che, a torto o ragione, ci nascondevi un po’ di tutto. E, per dirla proprio tutta, col gesso ci si difendeva meglio in caso di necessità.

Il dopo partita è Via Spano, zona Filadeflia. Una traversa come tante, solo per chi non la conosce: c’è via Spano, quella della posta e c’è Via Spano dei casermoni residenziali. Un tratto si butta dritto in via Filadelfia, l’altro su Via Tunisi, davanti alle vecchie mura del nostro vecchio stadio. Coi doriani ci si saluta in qual tratto; un bel gruppo di gente il nostro, circa 100 persone quello milanista, circa 200 quello dei doriani. Dieci minuti buoni di delirio mettono sottosopra due isolati, fino a quando non arriva madama che non riesce ad asciugare nessuno del nostro gruppo. In compenso riusciamo a rendere i saluti che i doriani ci avevano portato in mattinata e rimediamo pure un bel bottino di sciarpe e bandiere, blucerchiate e non solo.

Nel mezzo c’è la partita che, oggi come poche altre volte, è solo un pretesto .Le squadre in campo/sole a palla/sugli spalti a torso nudo, come sulla spiaggia di Pietra Ligure/”aranciate, birra fresca, coche”, urla Catanzaro/trentamila sugli spalti, qualcosa di più, forse/“d’estate vi scopiamo le donne, d’inverno vi vinciamo le partite” in Filadelfia/”siamo stanchi di rincorrervi, fermatevi conigli” in maratona/ fischio d’inizio/4.3.3-4.4.2/palla lunga e pedalare/lo striscione ultras doria che brucia in maratona/battimani e sciarpate incessanti in Filadelfia/ fischio finale.

Un pomeriggio che scivola veloce, come tanti, alla metà di quegli anni ’80. Rimangono le foto, talvolta mosse, altre sbiadite, comunque vissute. E rimangono i ricordi, da condividere insieme, anche se il tempo per farlo è sempre troppo poco.

[Fonte: Fototifo anni ’80]