Un mio professore del liceo diceva che il vero fumatore è quello che si fa al massimo una o due sigarette al giorno. Per lui quella era la soglia che divideva un piacere dall’assuefazione. Anche se il fumo non mi ha mai accattivato, il senso di quella frase lo porto ancora con me, perché ci sono sempre quelle cose nella vita che, oltre una certa soglia, non possono più definirsi un piacere. Ora, questo terzo derby tra Ambrì e Lugano in meno di un mese e mezzo, col quarto in programma tra sei giorni, penso che sia già una soglia ben delineata. L’attesa della partita, il gioco, e tutto quello che c’è intorno non si possono ripetere all’infinito. Se i derby in una stagione regolare fossero due, o al limite tre, tutto sarebbe più bello e più carico. Secondo voi, perché il primo derby stagionale tra Ambrì e Lugano, indipendentemente che si giochi alla Valascia o alla Resega, è sempre il più atteso? Perché, quando accade, sono passati minimo 6-7 mesi dall’ultimo derby disputato. Anche le partite più attese devono sottostare a determinate leggi di quantità. Per non diventare mera routine.

Ora, non dico che il derby di oggi sia da buttare, ma si vede da subito che, rispetto alla partita di tre settimane prima, sempre alla Valascia, qualcosa è logicamente cambiato. Intanto sono in ritardo, in netto ritardo, e ho paura di trovarmi in un ingorgo peggiore della volta precedente. Invece, nonostante sia l’ora di punta, in questo Lunedì di posticipo serale, arrivo in men che non si dica ai parcheggi sulla pista di volo di Ambrì. In giro sembra esserci molta meno gente della volta precedente. Una corsa e via. È vero che manca un’ora all’inizio della partita, ma a me sembra terribilmente tardi. La sorpresa successiva è il mio mancato inserimento nella lista degli accrediti, anche se presto anche questo scoglio viene superato. Senza passare per la sala stampa, mi butto subito in pista, dove trovo la curva di casa già piena, e il settore ospiti con diversi effettivi già dentro.

Sugli ospiti va fatta una premessa importante: i biglietti sono stati rilasciati solo in prevendita, mentre il giorno della partita, cioè oggi, la cassa ospiti è stata annunciata chiusa. Una maniera soft per dire a tutti i bianconeri “se non avete il biglietto non partite”.

Mi posso concentrare e buttarmi a capofitto sull’atmosfera del derby, sulla sua attesa, sulla sua preparazione e sulla sua carica nervosa ed emotiva. I giocatori sono già entrati in campo per il riscaldamento, e la Sud ha già dato il suo “benvenuto” ai cugini, tenendo in vetrata uno striscione che ricorda il divario attuale in classifica tra le due squadre: “-17: più che corvi sembrate pinguini”. Qualche coro contro ma, almeno stavolta, il prepartita appare un po’ meno caldo del solito. Sarà anche per la temperatura, all’estremo limite dell’utilità per trasformare la pioggia in neve.

Le squadre tornano negli spogliatoi e, come di consueto, dal settore di casa si alza il bandierone della Gioventù che tende a coprire i preparativi della coreografia. Va premesso che non c’è derby dove, sotto questo profilo, le due curve non offrano uno spettacolo all’altezza della situazione. Non si capisce molto cosa bolle in pentola in Sud, anche se, “origliando” un po’ quanto dice il megafonista ai suoi adepti, sento parlare di cartoncini e palloncini. Può voler dir tutto come dire niente. Bisogna attendere che le squadre entrino in campo.

 

Puntualmente, alle ore 20.30, i giocatori del Lugano e dell’Ambrì Piotta, preceduti dai fischiatissimi arbitri (va detto che i tifosi biancoblu, in queste ultime uscite della squadra, hanno avuto da ridire non poco su molte decisioni dei giudici di gara), entrano in pista. Dalla Sud si abbassa il tendone e inizia lo spettacolo. Per ora si vedono dei bandieroni che rappresentano la valle, con le sue montagne, ricoperta di stelle, mentre i cartoncini nella parte bassa della curva rappresentano il verde e i prati della Leventina, e il tocco di originalità sta nel fatto che alcuni cartoncini verdi hanno disegnato, nel mezzo, un fiore. Ma manca ancora qualcosa, tanto che lo striscione che dà l’“input” della coreografia rimane piegato a metà. Qui si inseriscono gli ospiti, che non offrono nessuna coreografia, ma espongono uno striscione in due parti; nella prima “Voi disegnate montagne e stelle”, nella seconda, in maniera molto diretta “Noi ci scopiamo le vostre sorelle”. Una clamorosa spiata ha offerto alla curva bianconera il contenuto della coreografia della curva di casa? Forse sì, forse no. Perché è vero che in simultanea alla coreografia i Luganesi hanno esposto il loro messaggio, ma è anche vero che, nel prepartita, prima che la Gioventù alzasse il bandierone, le uniche parti che si vedevano della coreografia, nella parte più alta, erano proprio montagne e stelle. O una spiata clamorosa, quindi, o il tempo di preparare fuori dall’impianto uno striscione al volo. Non si sa. Fatto sta che se i bianconeri hanno previsto la prima parte della coreografia leventinese, sono rimasti ignari del seguito: infatti, calato lo striscione in balaustra, con scritto “La valanga biancoblu”, le montagne in alto si aprono per far cascare verso il fondo della curva una marea di palloncini bianchi e blu, simulando, appunto, proprio l’effetto della valanga. Dalle tribune si leva un applauso per lo spettacolo proposto, mentre il tifo può iniziare nella sua accezione più ortodossa.

Il settore ospiti, nonostante la chiusura del botteghino, può tranquillamente definirsi completo, mentre anche la Valascia offre i soliti grandi numeri, anche se gli spettatori totali (5.650) sono quasi un migliaio in meno rispetto all’incredibile derby precedente. Il vuoto è riscontrabile soprattutto nella tribuna alle mie spalle, anche se rimaniamo su numeri molto alti. Come sempre la Televisione della Svizzera Italiana trasmette la diretta e, come nell’occasione precedente, trovo il mio cantuccio proprio accanto ad una delle telecamere a bordo pista. L’entusiasmo, in casa Ambrì, non sembra sugli stessi livelli della precedente occasione: la Sud canta, ma sembra mancare quel qualcosa in più che caratterizza queste partite. I battimani, al solito, sono molto belli, ma coinvolgono, il più delle volte, solo l’anello basso della curva. Sventolano comunque in gran numero le bandiere dei padroni di casa, che offrono un sostegno costante. Ad apparire carichi, quest’oggi, sembrano i Luganesi, squadra e tifosi. Questi ultimi appaiono, sempre se paragonati all’ultimo derby, più decisi e compatti, i cori giungono a destinazione, le pause nulle.

In campo esce fuori una partita tesa e contratta dove, dopo pochi secondi, c’è già il primo accenno di rissa in area biancoblu. Subito penalità da una parte e dell’altra, e proprio in una di queste situazioni passa in vantaggio, al minuto 7, l’Ambrì, con una respinta di Mieville su tiro, parato non in maniera decisiva, di Reichert. L’esultanza della Valascia, più che di gioia, sembra liberare una strana tensione nervosa che stava attanagliando il pubblico sin dall’inizio. Entrambe le curve sono sugli scudi e sostengono la squadra, nessuno scoraggiamento per gli ospiti. Verso la fine del primo periodo, a conferma di una fase un po’ strana del match, si registra qualche scaramuccia del tutto irrilevante tra il settore ospiti e la piccola Curva Nord di casa, dove non trovano posto che alcuni spettatori normali. Il piccolo episodio fa da preambolo ad un power-play a favore del Lugano che, ad un minuto dalla fine, regala una bella gioia ai suoi tifosi, portandoli alla pausa sul punteggio di 1-1. A confezionare la rete ci pensa Ulmer. L’Ambrì non ci sta assolutamente e, nell’ultimo minuto di gioco, con rara rabbia e sospinto dal pubblico, assalta la porta bianconera. Ma non c’è niente da fare, e si torna negli spogliatoi sul punteggio di parità.

Durante la pausa, come consuetudine, si registra qualche striscione di sfottò tra le tifoserie. Comincia la curva di casa, che in riferimento agli striscioni sulle “Lezioni” di tifo del derby precedente (già pubblicato su Sport People), scrive “Corvo bocciato, la lezione non hai imparato”. Per ora tutto tace nel settore ospiti. Perché sta arrivando una sorpresa, ovvero la coreografia dei ragazzi di Lugano, che alzano delle bandiere, da una parte bianche e dall’altra gialle, con in mezzo un bandierone della curva; a completamento di ciò lo striscione, esposto nel mezzo della vetrata, che recita “Chi la fa l’aspetti”. Un colpo d’occhio veramente suggestivo, in un settore che, per forza di cose, di solito non si presta a grandi spettacoli, essendo schiacciato su un lato della tribuna, in basso.

In questo periodo, il sostegno del proprio pubblico diventa una linfa vitale per il roster del Lugano, che soffre terribilmente la pressione di un Ambrì che appare arrabbiato, e attacca con un’intensità che ho riscontrato solo poche volte. I Leventinesi vogliono vincere a tutti i costi, la Valascia capisce e offre il suo consueto sostegno anche se, mia sensazione, la curva non risponde al 100%. Verso la metà del periodo un nuovo striscione dei Luganesi per i cugini, anch’esso alzato in due spezzoni: “Prima il megafono poi la pezza… altro che Galli, siete dei polli!”, in riferimento ad alcuni episodi recenti tra le due tifoserie, e all’ultima coreografia alla “Asterix” dei Leventinesi nell’ultimo derby.

La partita va avanti, col Lugano che, sporadicamente, esce dal proprio guscio e si rende insidioso. Verso la fine del periodo si presenta una situazione che, nel precedente scontro diretto tra le due squadre, si era presentata ben quattro volte (due per parte), ovvero un gol dubbio per l’Ambrì, visto e rivisto dagli arbitri dalla cabina di regia che offre la moviola istantanea. Mentre il pubblico, di casa e ospite, attende in agonia sugli spalti, e le squadre si ammassano sulle rispettive panchine, riguardando le mie foto, capisco in anticipo che il gol sarà annullato per spostamento della porta. E così è. Dopo quasi cinque minuti di attesa, l’arbitro principale dice che non è gol, tra i fischi assordanti della Valascia e l’esultanza dei Luganesi come se avessero fatto gol loro. A questa decisione, associata alle recenti partite contestate dall’ambiente Ambrì, la squadra di casa reagisce con furia, ripresentandosi sotto la porta bianconera, ma quest’oggi passare appare incredibilmente difficile. Finisce un tempo di emozioni in campo e fuori, sarà il terzo periodo a far pendere la bilancia dall’una o dall’altra parte.

Durante l’ultimo intervallo risposta luganese sul tema “lezioni”, breve ma concisa: “Il dopo scuola ve lo insegnamo noi”. Di tutt’altro genere l’ultimo striscione su sponda Ambrì, “Concordato e magistrato, ora anche tifare è reato?”, in chiaro riferimento e contestazione alle ultime leggi confederali in fatto di sicurezza negli impianti sportivi, il cui tema, nell’ultimo periodo, si è esponenzialmente alzato di interesse fra l’opinione pubblica svizzera.

Dato l’andamento della partita, quanto succede nel terzo periodo, appare impronosticabile: un’ingenuità di Park porta i suoi in inferiorità numerica; occasione troppo ghiotta per il Lugano che, con l’uomo in più, non sbaglia. Dopo neanche due minuti dalla ripresa, gli ospiti passano con Pettersson, ed è molto significativa la frizzante esultanza dei tifosi del Sottoceneri, ora molto più galvanizzati degli avversari. Infatti la curva dell’Ambrì sbanda. Incitamento, qualche silenzio, a tratti si sente solo il tifo di marca bianconera. La questione dure due-tre minuti di gioco, poi la Sud sembra riprendersi, anche se il tifo non è più la stessa cosa. La sensazione è che la partita sia sfuggita di mano, e a queste latitudini il derby è tutto. Chi se ne frega se si gioca anche due volte in una settimana, per il tifoso la partita va vinta e sempre, altrimenti il resto è pura sofferenza. Il morale delle due curve è opposto, con i Luganesi che sembrano tarantolati, mentre i padroni di casa demoralizzati. Il colpo è stato duro, ma la reazione, d’orgoglio, parte dal campo. Il roster biancoblu le tenta tutte, ma il fortino bianconero tiene. L’Ambrì si espone e rischia, e il Lugano ha le sue occasioni per l’allungo. I secondi passano e i Luganesi assaporano sempre di più una vittoria veramente cercata. Alla sirena finale è incredibile la baldoria nel settore ospiti e, istantaneamente con la conclusione, in vetrata appare un “Salutateci la capolista”, condito da due torce che fanno il loro grasso effetto.

Non finisce qua. In segno di festa, e di scherno, gli ospiti alzano le loro sciarpe cantando “La Montanara”, e l’esecuzione non è apprezzata dal pubblico della Valascia, che fischia copiosamente. Entrambe le squadre vanno a ringraziare le curve ma, è chiaro, la festa è solo sul lato della tribuna destinato agli ospiti: prima va tutta la squadra sotto al settore, poi, a momenti alterni, qualche singolo giocatore. Un’altra sciarpata parte momentanea dai bianconeri mentre io, per la prima volta, provo il ghiaccio della pista leventinese. Ho il tempo di immortalare un deluso Santa Claus, di uscire, e di attendere, una volta all’esterno, il passaggio dei due pullman ospiti che, per i festeggiamenti, subisce qualche ritardo, bloccando tutto il pubblico di casa, tenuto a freno, in più zone, dai cordoni della polizia. Un’altra torcia viene accesa accanto ai pullman, e illumina la fredda e piovosa notte dell’Alto Ticino. Piove, e il ritorno a casa, coi suoi 100 km, non è il top da affrontare. Ma, come al solito, ogni chilometro percorso è valso lo spettacolo appena visto. Ora sotto col prossimo derby, fra appena sei giorni alla Resega.

Stefano Severi.