Quasi due mesi dopo il match all’Artemio Franchi, salito alle cronache anche e soprattutto per i misfatti delle divise blu nei confronti di un pullman di ultras bergamaschi, Atalanta e Fiorentina si ritrovano per i novanta minuti che decideranno la seconda finalista di Coppa Italia, dopo che la Lazio ha espugnato San Siro e si è prenotata per il 15 maggio.

I neroazzurri godono dei favori del pronostico, sia perché il pirotecnico 3-3 dell’andata mette loro a disposizione due risultati utili su tre e sia perché l’undici di Gasperini ha il morale alto per l’ottimo rendimento in campionato. Per contro i viola, che da poco hanno sostituito l’allenatore, hanno il vantaggio di 48 ore di riposo in più, visto che gli avversari hanno giocato appena tre giorni prima a Napoli.

Al termine della prevendita riservata agli abbonati, il 15 aprile a Bergamo  e provincia è partita la corsa al biglietto per accaparrarsi uno dei circa 10.000 posti ancora disponibili: le lunghe file presso le rivendite autorizzate sono il preludio di un Comunale esaurito in ogni ordine di posti.

Arrivo allo stadio con largo anticipo e ritrovo conoscenze vecchie e nuove: la pioggia che cade in abbondanza consiglia di ripararsi al bar bevendo una buona birra per ingannare l’attesa.

Dal capoluogo toscano sono attesi oltre 2.000 sostenitori, una parte dei quali si è messa in viaggio alle 14.00 a bordo di un treno speciale.  È proprio  per costoro che i locali allestiscono il comitato di accoglienza: non sono ancora le 19.00 quando in fondo a Viale Giulio Cesare si notano inequivocabili segnali di fumo, mentre sta arrivando una decina di bus-navetta partiti dalla stazione ferroviaria. La celere ha creato uno sbarramento  che tiene a distanza di sicurezza le opposte fazioni e torce, petardi e bottiglie si infrangono in una zona-cuscinetto o contro gli scudi delle fdo. All’arrivo dei pullman arancioni nel parcheggio del settore ospiti si registreranno altri momenti caldi, con i caschi blu impegnati a fronteggiare il tentativo dei viola di uscire dagli spazi a loro destinati. Non siamo certo ai livelli della finale di ritorno di coppa Italia del 1996, ma stasera un po’ di movimento si è visto…

È ora di prendere posto,  nel frattempo il meteo concede una tregua e si alza una brezza che allontana per un paio d’ore le nuvole più minacciose. A farne le spese anche il lungo striscione appeso in cima alla Curva Nord, che si sgancia in più punti: solo l’azione dei soliti funamboli consente, ormai a ridosso del fischio d’inizio, di rimettere tutto a posto e di leggere l’incitamento a caratteri neroazzurri: “UN LEGAME INDISTRUTTIBILE: SQUADRA, CURVA E CITTÀ UNITI PER VINCERE”.

Il settore ospite sin dal prepartita regala un ottimo colpo d’occhio con la presenza di tante bandiere, quasi tutte di grandi dimensioni oltre che di pregevole fattura. Se il “Tucano” si conferma un must assoluto, non passa inosservata quella “Amici viola” che rivela la presenza dei tifosi portoghesi dello Sporting.

Le squadre entrano in campo per il riscaldamento e raccolgono gli applausi e l’incitamento dei rispettivi sostenitori, ma dal punto di vista vocale le vere ostilità si aprono verso le 20:30. I buoni rapporti che legarono le due tifoserie nella prima metà degli anni Ottanta appartengono alla preistoria ultras e nel trentennio successivo, viceversa, si è consolidata una fiera rivalità: non a caso i cori offensivi sono quelli che, soprattutto su sponda neroazzurra, toccheranno le migliori vette dei decibel.

Lo speaker annuncia l’ingresso in campo delle formazioni e lo stadio le accoglie degnamente: bandierine distribuite dagli “Amici dell’Atalanta” nella tribuna Creberg, coreografia in curva Morosini ed in curva Pisani, ai cui ingressi sono state distribuite, a fronte di un’offerta economica, delle sciarpe commemorative. Alla sciarpata si aggiunge un bandierone che raffigura il profilo di Bergamo alta sulle cui mura perimetrali campeggia lo striscione “A GUARDIA DI UNA FEDE”.

Prima dell’inizio del match si osserva un minuto di silenzio per Mino Favini, storico dirigente e talent scout della squadra orobica scomparso il giorno precedente: in suo ricordo anche un lungo striscione in Nord.

La partita comincia con il solito svarione della maginot neroazzurra e così, dopo appena tre giri di lancette, la Fiorentina passa in vantaggio con Muriel, facendo salire di tono l’incitamento dei supporter viola. Passano i minuti e la Dea rischia di subire il colpo del KO, con Gollini che si oppone alla disperata su Veretout. Come l’undici in campo, anche la Nord impiega un po’ di tempo prima di riprendere quota e, dopo il pareggio di Ilicic su penalty, mantenersi su buoni livelli. Sarà la tensione, sarà la presenza di molti più occasionali del solito, ma la performance è forse un po’ al di sotto delle attese, o per meglio dire in alcune partite di campionato (penso contro Roma e Inter, ad esempio) si è vista una curva più compatta.

Si supera la mezz’ora con la Fiorentina che si è ormai fatta imbrigliare dalla manovra orobica e non riuscirà più a varcare la metà campo. Seppur virtualmente eliminati, i tifosi gigliati non si fanno prendere dallo sconforto e proseguono con un incitamento che non registra particolari flessioni. I cori sono prolungati all’infinito o quasi, come il “Fiorentina alè alè” , ed accompagnati dal ritmo dei tamburi. Assai belli a vedersi, dal punto di vista vocale vale anche per loro quanto scritto per gli atalantini:  azzardo l’ipotesi che non tutti i presenti stasera siano tornati a casa senza voce…

Chiusa la prima frazione di gioco, le squadre tornano in campo a formazioni invariate. Nella curva di casa si srotola un maxi striscione “Atalanta sei forte” che non ha particolari finalità coreografiche quanto piuttosto serve a garantire l’anonimato per chi nel frattempo ha acceso le torce.

Riprende a piovere con una certa intensità, mentre la squadra di Gasperini alza inesorabilmente il baricentro e assedia la porta avversaria. Il goal che mette in cassaforte il passaggio del turno arriva a metà tempo: Ilicic gestisce l’ennesima ripartenza, serve Gomez che penetra in aerea e scocca un tiro sul quale Lafont si fa trovare impreparato.

La sensazione è che ormai il risultato sia scritto ed in effetti l’unica vera preoccupazione  in casa orobica arriva dall’infortunio che costringe Ilicic a uscire dal campo.  Per il resto è una festa che si trasforma in tripudio al termine dei quattro minuti di recupero concessi: i giocatori omaggiano tutti i settori del Brumana mettendo il sigillo ad una serata che è destinata a restare nella storia sportiva di Bergamo.

Ora tra la Storia e la Leggenda resta un ostacolo chiamato Lazio…

Lele Viganò