Potrei raccontare chilometro dopo chilometro il paesaggio che si vede dai finestrini del treno percorrendo la linea direttissima Roma-Napoli. Dagli archi millenari del Parco degli Acquedotti, uscendo da Roma, passando per lo spettacolare Golfo di Gaeta e finendo con agli acquitrini popolati da decine di bufale “a mollo” tra Sessa Aurunca e Aversa. È quasi un rito percorrerlo e difficilmente finisco con l’annoiarmi.

Questa volta la mia destinazione è Casoria, per il recupero della gara con il Giugliano rinviata qualche settimana fa causa pioggia battente.

È una di quelle giornate infrasettimanali in cui si viaggia bene, senza il caos domenicale e con quel retrogusto piacevole del “fancazzismo” tra la gente che si affanna a raggiungere i posti di lavoro.

Casoria ha una storia calcistica alquanto travagliata, che a dirla tutta non affonda radici chissà quanto lontane. Risale al 1979 la fondazione della prima compagine cittadina, l’Associazione Calcio Casoria. Squadra gloriosa che in pochi anni seppe conquistare la promozione in C2, rimanendo in vita fino al 1993 quando cedette il titolo, non iscrivendosi al campionato e scomparendo definitivamente.

Ci sono voluti ben ventuno anni per riveder rotolare una sfera di cuoio allo stadio San Mauro (impianto che peraltro ospitò gli allenamenti di diverse nazionali durante il mondiale del 1990). Due decenni di nulla, in cui la città non ha visto battagliare le maglie viola, non dimenticandone però l’essenza. Tanto è vero che dalla loro ripartenza, nel 2014, il pubblico ha sempre fatto registrare ottimi numeri, accompagnando la squadra a una lenta risalita delle categorie.

E non si creda che certe cose nascano per caso. Casoria aveva già fatto sentire la propria voce negli anni precedenti, con una manifestazione nel 2011 per restituire alla comunità il proprio stadio, abbandonato all’incuria da tanti anni, e facendo pressione sulle istituzioni affinché un sodalizio cittadino ritornasse a fare calcio. Perché da queste parti lo sport funge ancora da importante collante sociale, nonché da motivo di vanto per chi riesce a trarne delle soddisfazioni e a costruire percorsi lunghi e duraturi.

A tal proposito è apprezzabile l’iniziativa della società viola, che per l’occasione ha disposto l’accesso gratuito con l’intento di favorire l’afflusso di tifosi malgrado il giorno e l’orario sfavorevoli. Scontato o di poco conto? Nel calcio dei settori ospiti a 100 Euro, dei prezzi folli anche in Serie C e dei tifosi spesso utilizzati e spremuti come il peggiore dei clienti, questi scelte non sono mai dovute.

E alla fine la cornice di pubblico sarà infatti dignitosa considerate le difficoltà logistiche di cui sopra.

Una storia travagliata ce l’ha anche il Giugliano, storica compagine che un po’ tutti ricordiamo in Serie C tra la fine degli anni ’90 e la metà dei 2000. Le ultime stagioni sono state un turbine di delusioni e colpi di scena per il popolo gialloblù, basti pensare a quanto accaduto nel 2014 quando, al termine di una infuocata e tesa partita di Eccellenza contro la Virtus Volla, il presidente Sestili decise di ritirare il club dal campionato, lasciando di fatto la città senza calcio fino all’inizio di questa stagione, che ha visto tornare il sodalizio giuglianese in campo grazie all’acquisto del titolo del Sibilla.

Anni sofferti per un centro che conta ben 124.000 abitanti e che, come detto in precedenza, può far leva su una discreta fame di calcio e aggregazione tipica di queste zone. Rimangono tuttavia ancora tanti punti interrogativi, su tutti quello dello stadio De Cristofaro, attualmente inagibile e il cui destino viene continuamente rimpallato dalle istituzioni locali. Momentaneamente il club è costretto a giocare le proprie gare interne al Vallefuoco di Mugnano.

Calcisticamente non è certo una stagione esaltante per i Tigrotti. La squadra veleggia nelle zone basse della classifica e anche nella gara odierna dimostrerà tutti i propri limiti, incassando un sonoro 3-0 dai dirimpettai. Malgrado ciò gli ultras giuglianesi non hanno mai fatto mancare il proprio apporto e anche oggi si presenteranno al San Mauro davvero in ottimo numero.

In loro c’è un qualcosa che mi colpisce, come accadde qualche anno fa, quando li vidi all’opera in quel di Frattamaggiore: conservano quella “cazzimma” tipica delle tifoserie di una volta. Non badano tanto alle apparenze, quanto alla sostanza. È un fattore che mi colpisce in positivo, perché viviamo l’era della facciata, del “tutto fumo e niente arrosto”, quella in cui magari una tifoseria è bella da fotografare grazie al materiale di pregevole fattura, a qualche bella manata, ma se si va a stringere, di “ciccia” spesso se ne trova poca.

E sì che io di loro ho uno strano ricordo primordiale: inizio anni 2000, Lodigiani-Giugliano al Flaminio. Ospiti frammentati in diversi gruppi e oggettivamente non bellissimi da vedere. Non so se in quel periodo attraversassero un periodo di transizione, so solo che negli ultimi anni sono in gran forma. Ed essendo questo trend inversamente proporzionale alle loro fortune calcistiche, la cosa non può che farmi piacere. Benché non vivano sotto la luce dei riflettori come altre tifoserie corregionali più decantate (spesso in maniera esagerata).

Generalmente sono avaro di complimenti, eppure quando vedo una tifoseria alzare il tono della propria voce con il passare dei minuti e dei gol presi, non posso far altro che applaudirli idealmente. Forse è proprio vero che ormai, nella mediocrità del movimento ultras, sono in pochi a venire fuori, soprattutto nei momenti di buio e difficoltà.

Su fronte casalingo una trentina di ragazzi si posizionano dietro la pezza della Brigata Cirillo (suppongo che questo nome sia legato all’omonima piazza presente a Casoria) e sostengono i viola per tutta la partita, effettuando qualche pausa di troppo nel secondo tempo. Li conosco poco e non posso inoltrarmi in giudizi approfonditi, di certo è sempre bello vedere come, a queste latitudini, i ragazzi siano sempre pronti ad aggregarsi dietro uno striscione malgrado la categoria e i campi impervi.

Il Sud è un eterno Vaso di Pandora all’opposto, scoperchiandolo escono fuori mondi e modi di vivere talmente belli, passionali e approfonditi che non tutti sono in grado di comprenderli. E l’andare allo stadio, cantare e accendere un fumogeno fa parte di tutto ciò. Ovvio, nella fattispecie ci sono realtà che poi si confermano durature nel tempo e altre che spesso ammainano le proprie bandiere e i propri vessilli troppo precocemente: non so di quale categoria faranno parte i ragazzi della Brigata Cirillo, ma di sicuro quest’oggi  si possono ergere da alfieri del movimento ultras casoriano.

Al triplice fischio devo lasciare il San Mauro alquanto velocemente, per non perdere il primo treno utile. Mi lascio alle spalle un impianto affascinante, incastonato tra i palazzi e con la gente che si affaccia dai balconi per vedere la partita. Si respira calcio e passione su questo sgangherato manto verde caratterizzato dalle zolle dissestate.

C’è un baracchino che vende zeppole e frittatine di fronte all’uscita. È roba genuina, in grado di sfamarti con pochi euro. I panini di plastica e il clima industriale delle grandi città sembrano lontani anni luce.

Simone Meloni