Ripartire. Nel bene o nel male c’è da ripartire. Inutile piangersi addosso, puntare il dito contro o urlare la propria rabbia. Il fallimento di un club ormai non fa più notizia. Ogni anno al termine dei campionati ci sono i consueti verdetti, retrocessioni e promozioni, gioie e dolori, ma ormai è diventato importante, direi fondamentale, il post campionato, quando saprai con certezza se la tua squadra si è iscritta, è fallita o magari ha rinunciato ad iscriversi. Siamo all’assurdo ma questo assurdo è ciò che ci propinano e malgrado qualche momento di ovvio disgusto, lo accettiamo consapevoli che armi in pugno non ne abbiamo se non quella, coerente ed estrema, di farsi da parte, non mettere piede in uno stadio, abbandonare il calcio e darsi alla raccolta di funghi o magari, per chi ha la possibilità, comparsi una canna da pesca e mettersi a vedere se la sera è possibile pranzare a costo zero o quasi. Scegliere un passatempo dove non esiste competizione e dove non girano soldi perché puoi pure andare a fare una gara di pesca in un laghetto artificiale squallido e puzzolente, ma stai sicuro che se c’è da vincere una Coca Cola calda e un panino alla marmellata, c’è chi cercherà il modo per ottenere il premio e fregiarsi di aver battuto gli avversari. Perciò inutile girarsi attorno, il fondatore dei giochi olimpici moderni Pierre de Coubertin quando esordì con la famosa frase “L’importante non è vincere ma partecipare”, probabilmente disse una delle più grosse bugie della storia.

Livorno riparte e già questa è una notizia non scontata, riparte dall’Eccellenza, una categoria che aveva già esplorato in passato, del resto la storia del club parla di tanta serie C e di qualche puntatina nei dilettanti; solamente nel recente passato Livorno ed i livornesi si sono affacciati al calcio che conta, a meno di non andare molto indietro nella storia quando l’ultras manco esisteva. Comunque è dura ripartire, dura passare dalle passeggiate nelle Ramblas di Barcellona all’esodo di Castelfiorentino, dura passare dalle bandane di Milano con relativa invasione alla trasferta di Perignano, ma del resto se “l’ultras non conosce le categorie” come piace dire a molti, è nella polvere dei campi di periferia che si nota chi dà seguito alle proprie parole e chi invece continua a ragionare a colpi di slogan e di frasi fatte.

Premesso che il Covid si agita sopra le nostre teste come un avvoltoio sopra la preda, agli ospiti vengono concessi in un primo tempo circa quattrocento biglietti che vengono letteralmente polverizzati, poi ne vengono aggiunti un altro centinaio. Ad occhio direi che alla fine i livornesi presenti sono comunque ben oltre le cinquecento persone: miracolosamente è spuntato qualche altro biglietto, qualche accredito, qualche offerta 3×2 e si è cercato di accontentare un po’ tutti, a maggior ragione che il pomeriggio è presentato come una festa dello sport.

Già nel prepartita il settore riservato agli ospiti è ben carico, si alzano i primi cori e – udite udite – vengono accesi alcuni fumogeni: l’aspetto positivo della discesa nei dilettanti è che la tifoseria livornese si è tolta di mezzo biglietti nominali, tornelli e diavolerie varie. Se si vuole vedere il bicchiere mezzo pieno, lo si può fare!

All’estremità opposta ci sono anche gli ultras del Castelfiorentino con lo striscione Brigate Gialloblu. Sono una ventina armati di bandiera e tamburo e fanno il proprio tifo in maniera corretta e soprattutto continua. Riescono a farsi sentire per lunghi tratti della partita ed anche sotto di due reti proseguono nel loro compito. Infiniti applausi a chi continua a portare avanti i propri progetti in contesti complicati come in questo caso: Castelfiorentino è un paese alle porte di Empoli schiacciato dal blasone e dalla storia di Firenze, immaginare di creare una realtà ultras in questi casi è parecchio complicato ed una volta creato un certo tipo di discorso, altra notevole difficoltà è tenerlo in vita per un discreto periodo di tempo. Sotto questo aspetto i ragazzi di Castelfiorentino possono fregiarsi di aver già raggiunto un obiettivo considerevole visto che la loro storia inizia nel lontano 1994.

Ospiti che visti i numeri fanno la parte da leoni con una coreografia all’ingresso delle squadre a base di torce e fumogeni, semplice e sempre d’impatto. La categoria lo permette e perciò fa sempre piacere inalare il crudo sapore dei maledetti fumogeni arancioni usati nella nautica. Poi c’è il tifo, decisamente buono, in certi momenti della partita veramente ottimo, con una grande partecipazione. A tirare le redini c’è la nuova sigla del tifo amaranto, la Curva Nord Fabio Bettinetti oggi presente con lo striscione “C.N.F.B.” che si posiziona a centro settore e propone un paio di bandiere nuove di zecca con la nuova denominazione del club, Unione Sportiva Livorno, che in realtà riprende la vecchia denominazione, quella per intenderci prima dei fallimenti. Tanti cori per la squadra, immancabili quelli per gli idoli Protti e Lucarelli, un coro pungente verso l’ex presidenti Spinelli ed una sequela di battimani sempre parecchio partecipativi. Il tifo ospite si mantiene sempre su ottimi livelli ed arriva fino al triplice fischio del direttore di gara. Il nuovo corso della curva livornese inizia con il piede giusto, come in tutte le realtà sarà il tempo a dire se le fondamenta sono solide, se la discesa nei dilettanti potrà dare nuova linfa per rinvigorire una curva che ultimamente aveva vissuto di troppi alti e bassi.

Valerio Poli