Zemanta Related Posts ThumbnailLa prima conversazione del mattino è un con un esperto di sicurezza negli stadi. Si avvicina Verona-Chievo e il Bentegodi è già tutto esaurito, eccezion fatta per il settore ospiti. Peccato che la capienza dello stadio sia tarata su numeri inferiori a quelli dati dalla struttura. Ma ai 38500 dichiarati bisogna detrarre gli 8000 posti di parterre non fruibili. Non ci sono, mi spiegano, ingressi a norma, servizi igienici, sistemi di videosorveglianza attivi. E questo soltanto per cominciare con l’elenco di quel che non va.

Quindi, si scende ad una cifra globale che oscilla intorno a quota 30000. La tentazione è quella di dire: “Chi se ne frega, tutto sommato quante volte c’è il pienone? Una o due volte l’anno, no? E allora qual è il problema?”. Ma questa è una voce che sparisce a fronte delle considerazioni sul perché non si possa avere un accesso più libero allo stadio, nella sua interezza.

I lacci, i cavilli, le clausole e i magheggi regolamentari che hanno soffocato il calcio in questi anni. L’hanno rubato alla gente. Spesso per le mani capitano foto del pallone degli anni ’80 (ho la fortuna di averlo vissuto) o dei decenni precedenti (amati nei racconti e nelle storie dettate dalla passione). Il muro dei tifosi, le code ai botteghini. Il progresso delle tecnologie, che dovrebbe abbattere le distanze, ha invece moltiplicato gli strappi. La grande cultura popolare del calcio è stata annientata. Dalle televisioni? In parte sì, ma non creiamo un Satana unico laddove i peccati sono distribuiti in più mostri pagani.

Si è usata la password della violenza negli stadi per rendere più difficile vedere una partita dal vivo a chi, da quella stessa violenza, è sideralmente lontano. Si sono inventate leggi per “riportare le famiglie negli stadi”. Effetto: non mi risulta che questo ecumenico messaggio abbia prodotto risultati. Quando ho cominciato ad andarci io, allo stadio, e avevo 7 anni ed era il 1984, con me c’era mio papà, e il gruppo era allargato ai suoi colleghi e ai loro figli, e poi a mio cugino e ad altri amici. Era una festa collettiva che si consumava sulle gradinate.

Tutto questo è ancora possibile? Non scherziamo, il sogno è finito. Non so se, fossi bambino ora, mi innamorerei perdutamente e irrimediabilmente, come si fa soltanto con una donna speciale, di questo splendido gioco, dell’emozione che provi (o provavi) nel momento in cui, salite le scale, ti compare davanti il campo, il verde così luccicante che ti abbaglia. La colpa grave di chi comanda il vapore, dalla politica alla Confindustria pallonara, è stata quella di sopprimere il rito. Tolto quello, sparisce la religione. Sì: questo è stato, ed è, per quanto faticosamente, ancora, il calcio in questo paese.

Ma per quanto durerà? Nel frattempo se uno si azzarda ad andare in trasferta viene trattato come bestiame. Ah, scusate: questo non è cambiato.

Forza Leo.

MATTEO FONTANA

[Fonte: Hellas 1903]