Ci sono partite che non hanno bisogno di presentazioni: un derby regionale, una sfida particolarmente sentita tra tifoserie che non si affrontano da anni o magari un testa a testa di alta classifica, sono eventi che richiamano un gran numero di spettatori senza che vengano diramati inviti a partecipare o venga invocata la classica chiamata alle armi. Poi ci sono partite come quella di questo pomeriggio al Carlo Castellani dove il risultato è tutto, dove in novanta minuti ci si gioca quasi una stagione. Può bastare? Ovviamente no perché alcuni risultati dagli altri campi negli anticipi, non hanno fatto altro che gettare benzina sul fuoco perciò l’incontro risulta essere un vero e proprio spartiacque che può decretare già i primi virtuali verdetti.

Con queste premesse è lecito attendersi il pubblico delle grandi occasioni e devo dire che non resto deluso, nonostante la giornata cupa e leggermente piovosa non faciliti certo l’afflusso dei più indecisi o di chi magari vorrebbe godersi lo spettacolo in tutta comodità. Ma evidentemente sono in molti che pensano che il calcio visto dal vivo, allo stadio, sia un altro spettacolo rispetto a quello che si può vedere attraverso un qualsiasi apparecchio televisivo. Quello che manca è la partecipazione, l’idea chiara e fissa di poter incidere sul risultato, la possibilità di diventare da semplice spettatore a protagonista della partita. Questo perché oltre ai ventidue giocatori che si danno battaglia sul terreno verde, oltre alla terna arbitrale, oltre a tutti quei personaggi che ruotano nell’orbita di quei novanta minuti, c’è il pubblico, ci sono i tifosi, quelli che sostengono, quelli che colorano l’ambiente, quelli che trasmettono sentimenti, passione, carica, adrenalina.

E la sana tensione dei grandi appuntamenti scorre a fiumi ad Empoli dove i granata prendono d’assalto il settore ospite e dove gli ultras caricano a dovere la squadra già nel riscaldamento con qualche coro che si alza potente e preciso. Se i granata sembrano vogliosi di lasciare il segno, anche sull’altro versante si capisce dai piccoli gesti che la partita non è di quelle comuni, infatti a differenza di altre volte, la Maratona inferiore si presenta ben piena in ogni posto già prima del fischio d’inizio del direttore di gara.

Premetto che non conosco approfonditamente la situazione del panorama ultras in casa Torino, in questi ultimi anni abbiamo assistito a più di un cambiamento nella geografia del tifo granata, alcuni anche importanti e devo dire che per quanto si sente in giro e per i numeri portati lontano dalle mura amiche, non mi sarei aspettato una presenza così corposa.

Fortunatamente in questo pomeriggio i granata mi sembrano degni eredi o comunque una bella continuazione, di quel gruppo e di quella curva che indiscutibilmente ha fatto la storia del tifo in Italia. Striscione irregolare, il teschio come simbolo, una ruvidezza conclamata, l’ultras granata è per antonomasia quello che non vince ma nonostante ciò ha un legame viscerale con la maglia ed un curriculum curvaiolo di tutto rispetto.

A prima vista i granata sono un bel mix di qualche vecchio sempre in prima linea affiancato dalle nuove generazioni che hanno preso l’essenza dell’essere ultras. Poco spazio all’estetica, maglietta o felpa granata, sciarpa, tanta voce e pochi fronzoli. Del resto l’ultras non deve sfilare sulle passarelle, non deve apparire o atteggiarsi da duro a favore di telecamere, l’ultras in situazioni come queste deve fare la propria parte, ammainare a fine partita striscioni e bandiere con la consapevolezza di aver offerto il proprio incondizionato apporto. Per le critiche al mister, al sistema di gioco e alle sostituzioni dei giocatori, ci sono gli opinionisti che frequentemente offrono le loro versioni a partita conclusa.

Granata che partono con il piede schiacciato sull’acceleratore, i primi cori sono boati perché cantati praticamente da tutti i presenti, poi come ovvio il tifo poggia sulle spalle dei soliti noti che tirano la carretta al meglio. Qualche bel bandierone viene sfoggiato durante i novanta minuti, un paio di sciarpate lasciano il segno ma in fondo è quel tifo genuino, corale e sanguigno che caratterizza gli ospiti in questo pomeriggio. Sul finale di partita, a sconfitta ormai alle porte, il tifo cala notevolmente d’intensità e neppure i classici cori contro la Juventus scaldano più di tanto l’ambiente.

Maratona empolese che apre le danze con una fumogenata che mancava dal Castellani da anni, ormai bisogna sfogliare l’album dei ricordi per tornare a vedere fumi multicolore dietro gli striscioni di Desperados, Rangers e Brigate. Erano anni in cui ad Empoli c’era letteralmente fame di ultras, dove pur non potendo contare su un bacino d’utenza importante, sia in casa che in trasferta c’era la possibilità di lasciare il proprio marchio di fabbrica. Probabilmente l’uscita di scena dei Rangers è stato l’ultimo duro colpo alla Maratona che si è dovuta riassestare in un momento di crisi generazionale che si vive a corrente alterna un po’ a tutte le latitudini. Compito dei presenti e dei più navigati, fare in maniera che questo trapasso sia il più indolore possibile ed avvenga tramandando i giusti valori.

Per il resto i padroni di casa sfoggiano una gran bella prestazione, una delle migliori della stagione, con un sostegno praticamente continuo e con l’apporto di bandieroni e bandiere che colorano il settore.

Qualche frizione tra le due tifoserie, il gemellaggio dei granata con i viola cozza inevitabilmente con gli empolesi, ma il tutto si limita ad un paio di cori soprattutto nel finale di partita, mentre durante i novanta minuti i torinisti hanno ripetutamente omaggiato con cori gli amici di Firenze.

Tra gli empolesi da sottolineare la presenza dei gemellati di Montevarchi con pezza e bandierina.

Valerio Poli