Il concetto di derby, soprattutto se cittadino, è un qualcosa che ho vissuto sempre trasversalmente e che negli ultimi anni mi ha fiaccato in maniera invereconda ogni qual volta si avvicinasse. Un tempo vero e proprio spartiacque della stagione, appuntamento che odiavo letteralmente in veste di tifoso, oggi spettacolo stuprato e privato di buona parte del suo interesse. Roba di cui farei a meno più per le polemiche costruite ad hoc sulla presunta gestione dell’ordine pubblico che per la disputa calcistica, per cui negli ultimi anni ho perso buona parte del trasporto che un tempo mi fece avvicinare a questo sport.

Sta di fatto che il derby della Capitale, almeno a leggere quelle due squadre affiancate e divise da un trattino, è sempre un qualcosa che richiama fascino. Anche se in campo ci sono le squadre Primavera. Una volta tanto l’idea della Lega sarebbe pure carina, vale a dire far disputare la finale di Coppa Italia Primavera allo stadio Olimpico, dando a questi ragazzetti l’opportunità di vivere una giornata da leoni. Peccato che i luminari addetti alla scelta di date ed orari optino per il calcio d’inizio alle 17:30. Ora, è vero che a Roma la disoccupazione non scherza per niente e in tanti sono rimasti a piedi ultimamente, ma è anche vero che su cinque milioni di persone la maggior parte ancora riesce a portare la pancetta e le uova a casa per farsi un piatto di carbonara o di amatriciana, a seconda dei gusti.

Ciò fa sì che muoversi dal lavoro allo stadio diventi quasi un’impresa titanica, con il traffico letteralmente impazzito man mano che ci si avvicina all’Olimpico e i vigili, come da tradizione, capaci più a fischiare in stile Collina che a dirigere il traffico come si dovrebbe.

Riesco quindi ad arrivare davanti l’ingresso della tribuna stampa solo qualche minuto prima del fischio d’inizio. Ritiro il mio tagliando e passo diligentemente attraverso quella sorta di gabbia concentrica che gira su se stessa e che il ministro Pisanu (chi v’ho ritirato fuori dalla cloaca maxima del Ministero degli Interni eh?) individuò come una delle prime armi per contrastare la violenza negli stadi, vale a dire i tornelli.

Accelero il passo percorrendo tutto d’un fiato le scalette che dal cuore dello stadio mi conducono direttamente in tribuna stampa. Quando il manto verde si apre davanti ai miei occhi, lo spettacolo del pubblico, come facilmente preventivabile, non è certo quello delle grandi occasioni. Indovinate un po’ chi sono gli unici ad essere presenti? Ebbene sì, proprio coloro che i presidenti delle rispettive società capitoline vorrebbero far fuori: gli ultras laziali e romanisti. Gli ultimi, peraltro, entreranno con qualche minuto di ritardo a causa delle invadenti perquisizioni, ordinate probabilmente dalla questura dopo il clamore mediatico scaturito da Roma-Napoli e da Roma-Atalanta disputata con la Sud chiusa.

Tutto sommato, volendo esser paradossali, a me va pure meglio così. Zero tifosi occasionali e nessuno che intralcia il tifo per vedere la partita. Tanto gli stadi vuoti sono il futuro, almeno così non sarebbero silenziosi.

Delinquenti, mafiosi, animali, “fucking idiots”. Ma intanto senza le due curve oggi sarebbe stato un vero e proprio flop. Così la sfida è vera, in campo e sugli spalti, con il tifo che si mantiene costante da ambo le parti. Presenti i principali bandieroni che caratterizzano le due curve e da segnalare l’accensione di torce e fumogeni da ambo i lati.

In campo la Roma opera una supremazia che riesce a tramutare in gol solamente nel secondo tempo, con Verde che fallisce un calcio di rigore ma si fa trovare pronto sulla respinta del portiere. Un 1-0 che di sicuro non pone la parola fine alla contesa in vista del match di ritorno, in programma tra una settimana. Bella l’esultanza finale con tutte e due le squadre sotto ai rispettivi settori, per prendersi i prolungati applausi. Esemplare l’atteggiamento dell’allenatore dei biancocelesti Simone Inzaghi, che appena dopo il fischio finale richiama con veemenza i suoi ragazzi, intenti a prendere la via degli spogliatoi, invitandoli a ringraziare il pubblico che li ha incitati per tutti i 90′. Chissà se Lotito gli permetterà ancora di lavorare.

E’ forse uno dei momenti migliori di questo pomeriggio, soprattutto se si pensa a tutta la pressione che Lega, Osservatorio e società fanno costantemente affinché le squadre evitino qualsiasi contatto con i propri tifosi. Nel bene o nel male. L’appuntamento è tra sette giorni, quando i giallorossi proveranno a vendicare, nel loro piccolo, la sconfitta subita dai “grandi” due anni fa, mentre i biancocelesti vorranno bissare anche in ambito giovanile il trionfale pomeriggio dell’ormai celebre 26 maggio.

Simone Meloni.