“Sono stati registrati tafferugli tra le tifoserie presso lo Stadio ‘Andrea Caslini’ di Via Berni a Colleferro, in concomitanza con l’inizio della partita di Calcio Colleferro-Cassino, rinviata – causa ghiaccio sul campo – lo scorso 8 Gennaio. Evidentemente l’importanza della sfida ha surriscaldato gli animi delle tifoserie le quali, nonostante fosse stato dedicato un ingresso diverso, e la dislocazione sugli spalti in area separata, sono venute in contatto tra loro”.

Mettiamo il caso che all’indomani del match Mario Rossi, non appassionato di calcio e quotidianamente stordito da quella retorica che vuole i tifosi dei selvaggi perditempo, in grado solo di piantar grane per le strade e negli stadi, legga l’attacco di questo pezzo tutto d’un fiato. Mettiamo che stia seduto al bar con Marco Verdi e Paolo Bianchi e segua menadito le indicazioni date dall’estensore del pezzo. “Incidenti tra colleferrini e cassinati, questi ancora si ammazzano per il calcio. Li devono mettere dentro e buttare la chiave. È il minimo”. Qualcun’altro sente questi tre parlare e si unisce al discorso annuendo e facendo inserire nel dibattito un altro ancora e così via. Morale della favola? La tessera del tifoso, la repressione, le veline, le barriere in curva e altre storture simili sono giuste e sacrosante per estirpare questo cancro sociale chiamato tifo.

Visto come è facile forgiare e fuorviare, nel piccolo di una testata locale, l’opinione pubblica del cittadino medio qualunque (e spesso anche di quelli più illuminati)?

Fuorviare. Perché gli episodi raccontati non sono semplicemente mai avvenuti. Anzi, l’afflusso, i 90′ e il deflusso si sono svolti nella totale armonia. Non essendoci, peraltro, neanche una componente ultras da parte casalinga.

I più attenti diranno: “Beh ma dalla stessa testata è arrivata anche la smentita. Vero. Verissimo. Tuttavia non si capisce (veramente) il perché riportare una simile notizia se non se ne ha la certezza. Non si capisce il perché voler per forza rinfocolare quella fiamma demoniaca che deve ardere senza sosta attorno a qualsiasi tifoseria organizzata si presenti a tiro.

Colleferro-Cassino era una gara importante. Che si giocava in recupero, essendo stata sospesa e poi rinviata per ghiaccio qualche settimana fa. Seconda contro prima in classifica. Questo, lo dico per informazione di tutti, non vuol dire che si producano per forza dei tafferugli o delle tensioni. Il fatto che una sfida sia pregna di agonismo o sentita dai tifosi non equivale all’invasione dei Lanzichenecchi o all’esplosione della Terza Guerra Mondiale. E tante volte agire con meno pregiudizio, meno retorica e più senno sarebbe indicato. Anche perché al netto della rettifica si legge ancora che “i tifosi cassinati sono arrivati agguerriti”.

Ma in che senso? Chiunque fosse fuori al Caslini ha visto nulla più e nulla meno di ciò che avviene in ogni normale partita dove siano presenti delle tifoserie organizzate. Inoltre non va dimenticato come, sempre al netto della smentita, i signori Rossi, Bianchi e Verdi abbiano già trattato l’argomento e ormai la verità unica e incontrastabile è quella degli incidenti avvenuti allo stadio. Quando prendiamo una penna o una tastiera in mano dovremmo pensare cento volte a ciò che scriviamo e soprattutto alle reazioni che può produrre. Soprattutto nel mondo della condivisione estrema, dove anche la più piccola delle testate diviene potenzialmente una fonte primaria.

Tutto questo per la precisione.

Passando all’aspetto più bello e sicuramente interessante: come detto questa gara è il recupero del match sospeso qualche domenica fa. È un vero e proprio crocevia per la stagione delle due squadre, con il Cassino che vincendo può staccare gli avversari di nove punti e cominciare vedere più vicino l’agognato traguardo della Serie D. Un traguardo che sarebbe il coronamento di anni sofferti e combattuti, che hanno visto il sodalizio biancazzurro rinascere dalle polveri dopo il fallimento e scalare con pazienza la piramide calcistica laziale.

Dall’altra parte c’è un Colleferro che ormai da anni disputa campionati di vertice in Eccellenza, rappresentando una certezza nell’ambiente regionale.

La cornice di pubblico, malgrado l’orario e il giorno non proprio comodi, è di tutto rispetto. La tribuna centrale, dedicata ai supporter rossoneri, è piena per 3/4 e all’inizio viene colorata da alcuni ragazzetti che sventolano diverse bandiere accendendo un paio di fumogeni. Non si tratta di tifo organizzato e infatti, dopo il fischio d’inizio, si limiteranno a seguire la sfida sulla balaustra. Ho sempre trovato strano che un centro come Colleferro, popolato da oltre 20.000 persone, non abbia ormai da diverso tempo un gruppo al seguito. Nonostante i discreti risultati sportivi. Al contempo la risposta sta forse nella funzione svolta dal comune a cavallo tra Roma e Frosinone. La giovane fondazione di questo centro urbano (nei primi anni ’10 del 1900) non ha sicuramente contribuito a far germogliare tra i suoi abitanti un vero e proprio senso d’appartenenza.

Inoltre sono davvero tanti quelli che lavorano nella Capitale o nelle zone limitrofe, tornando soltanto di sera a casa. È un po’ una “pecora nera” se si pensa a paesi che lo circondano come Segni, Paliano, Valmontone e Labico. Tutti custodi di una lunga storia e ben incastonati nelle tradizioni regionali, e spesso legati alle antiche civiltà preromane.

Dalla città della nota Abbazia giungono in totale un centinaio di tifosi, con un buon blocco ultras che si dispone nella parte bassa, compattandosi e mettendosi subito in mostra con un bel tifo. Rimango molto colpito dalla giovane età di un ragazzo impegnato a battere il tamburo per ritmare i cori. Quando si dice che è importante tramandare le tradizioni e far capire anche ai bambini quanto sia bello seguire la squadra della propria città anziché gli asettici squadroni della Serie A, spesso appartenenti a città lontane migliaia di chilometri, intendo proprio questo. Il suo sorriso e il tempo tenuto incredibilmente alla perfezione la dicono lunga su cosa probabilmente sceglierà tra qualche anno, di fronte a una partita del Cassino e uno spareggio scudetto in HD.

Se la partita in campo è maschia, spezzettata e a tratti parecchio nervosa, sugli spalti i cassinati fanno davvero una bella figura. È la prima volta che li vedo dietro l’unica pezza Cassino 1924 e pur non essendo un appassionato delle sigle uniche, che col nome della città soppiantano quelle dei gruppi, devo dire che contribuisce a dare una maggiore idea di compattezza. I cori vengono tenuti a lungo, un paio di canti a rispondere rimbombano potenti e una sciarpata, nel secondo tempo, colora parte del settore. Il giusto premio a questa tenacia arriva nella ripresa, quando un clamoroso pasticcio tra un difensore e il portiere colleferrino fa commettere, a quest’ultimo, fallo in area su un attaccante avversario. È calcio di rigore. Dal dischetto va Carlini che non perdona e regala ai suoi un successo a dir poco fondamentale.

Al triplice fischio è festa grande, con tifosi e giocatori che per una decina di minuti si stringono a vicenda cantando e saltando. Altra parte bella e genuina di questo calcio che è abituato ormai a punire chi vuol festeggiare per un gol o una vittoria con il proprio pubblico.

L’epilogo della giornata è la standing ovation riservata dai tifosi cassinati a un signore sulla cinquantina che, serrato dentro la sua pettorina gialla, si diverte a calciare il pallone in rete da ogni estremità dell’area di rigore.

Simone Meloni