Il campionato 2016-2017 riserva un match di antiche rivalità ultras a Bergamo, dove è attesa la Lazio: sospetto, già prima di partire per il Comunale, che non troverò lo scompiglio dei bei anni che furono, ma tant’è.

Parcheggio agevolmente vista l’ora presta di arrivo, ma il tempo passa veloce ritrovando vecchie amicizie locali e di importazione. Anche se è da tempo che non vengo a vedere l’Atalanta, non trovo grandi differenze: intorno allo stadio, nei luoghi preferiti dagli ultras orobici, si replica il più classico dei melting pot, a dimostrazione che questi gradoni e le strade che li circondano sono il crocevia di un pezzo significativo di gioventù bergamasca, di ieri e di oggi. È un mescolarsi disinvolto e naturale di generazioni, di attitudini, di stili di abbigliamento e, perché no, perfino di capigliature: sorrisi e pacche sulle spalle (non troppo forti per non fare rovesciare la birra o il Campari) si sprecano, alla faccia di chi da anni sta provando in tanti modi a fare terra bruciata intorno al movimento ultras bergamasco e, in particolare, al suo elemento più carismatico, ovviamente assente forzato questa sera.

Pur consci che sul loro percorso gli ostacoli non hanno mai avuto, né forse mai ne avranno, fine, i ragazzi (compresi quelli sopra gli “anta”) resistono, lottano e sperano in tempi migliori. Né si arrendono completamente al “pensiero stupendo” che, in un modo o nell’altro, si possa riuscire ad incrociare gli avversari odierni e, tal fine, organizzano le adeguate iniziative di avvistamento.

Nel parcheggio riservato agli ospiti solo un po’ di automobili, mi attardo a vedere se arriva il grosso ma senza fortuna, quindi entro allo stadio quando manca una ventina di minuti al fischio iniziale. Prendo posto nella nuova tribuna stampa, già in funzione dal campionato scorso ma per me inedita e scopro che sono collocato a ridosso della Nord: la visuale è ottima, la location più confortevole della precedente “piccionaia”, ma da qui è molto più difficile riuscire anche a fare foto. Ci si accontenta e si prova comunque, improvvisando qualche contorsionismo per non disturbare i colleghi vicini e per evitare che steward ed affini trovino di che contestare.

Appesi in Nord ed in Sud striscioni che ricordano Andrea Pala, un ultras recentemente scomparso e purtroppo solo ultimo, in ordine di tempo, dei dolorosi lutti che hanno colpito la tifoseria atalantina nel corso dell’estate: a “Spaka” e “Biofa” vengono dedicate alcune pagine di “Sostieni la Curva”, giornalino che da anni accompagna le partite casalinghe della Dea. Dallo sfoglio si ricava anche la conferma della linea che terranno gli ultras sulla questione trasferte e vale la pena trascrivere integralmente il loro pensiero, maiuscole comprese: “Anche quest’anno per andare fuori casa è OBBLIGATORIA la Tessera del tifoso e come Gruppo ribadiamo che non arretreremo di un passo. Riteniamo tutto ciò un modo creato ad arte per distruggere ed ancor prima dividere i tifosi. Vogliamo con orgoglio ribadire il nostro pensiero a chi ha fatto una scelta diversa dalla nostra. Mai a Bergamo sono stati fatti cori contro i “tesserati”, abbiamo sempre evitato di cadere nella trappola della divisione tra tifoso buono e tifoso cattivo. Quando in altre piazze si accedeva al cuore della Curva solo con i biglietti, si insultavano i tesserati e si perdeva tempo in inutili divisioni, nella Curva Nord Bergamo è sempre prevalso il RISPETTO verso chi ha la nostra stessa sciarpa. Ed è per RISPETTO che ribadiamo che in trasferta non vogliamo vedere nessun stendardo o drappo riconducibile agli Ultras, perché gli Ultras in trasferta non ci possono andare”.

Mentre lo speaker legge la formazione laziale, sulla vetrata del settore ospite viene appeso il drappo “LAZIO FANS” a sancire l’arrivo del manipolo ultras in aggiunta ai tifosi già presenti. È tuttavia un’apparizione fugace, perché in un amen tutti i laziali si spostano e si compattano nella parte alta della gradinata e sarà la balaustra ad ospitare le varie pezze. Tra di esse, immancabile, quella con affrescato il volto sorridente di Gabriele Sandri.

Coreografia iniziale della Nord con fogli riflettenti, striscione “Insieme da sempre, insieme per sempre” a centro curva e qua e là alcuni fuochi stroboscopici, oltre ai bandieroni d’ordinanza; colore anche in Sud dove i Forever usano bandiere e qualche torcia.

Gli ospiti scaldano le ugole con due cori offensivi, a dimostrazione che l’ostilità è stata ben tramandata anche in riva al Tevere. Solo dopo il saluto agli avversari si alza un “Sosterremo sempre più, i colori biancoblù….”, ben scandito e quindi udibile anche dalla mia postazione nonostante il poderoso “Vinci per noi magica Atalanta” che i locali intonano per i primi cinque minuti di partita. Quando il coro orobico appare sul punto di spegnersi i “megafoni umani” in balconata si sgolano e si sbracciano con vigore e tutto ricomincia daccapo.

Osservo le squadre in campo con l’apprensione dello scolaro che non ha fatto bene i compiti delle vacanze, ed infatti i nomi a me già noti dei calciatori che calcano il perfetto manto erboso del Comunale si possono contare sulle dita di due mani… e avanza pure qualche spazio. Cominciano meglio gli uomini di mister Gasperini ed al 7° è Paloschi, al termine di un’azione convulsa, a portare scompiglio: da buona posizione fa partire un tiro sporco che colpisce la traversa.

Sul tabellino si allunga la serie di corner conquistati dall’Atalanta, che attacca proprio sotto la Nord, e ci aspetta la capitolazione dei capitolini. Al contrario, i biancocelesti colpiscono a freddo e poco prima del quarto d’ora Immobile la infila al primo serio tentativo: bolgia nel settore laziale e steward che subito si schierano a ridosso della vetrata divisoria.

L’Atalanta reagisce ma sottoporta manca la necessaria cattiveria e determinazione per riequilibrare il risultato. “Lazio-Lazio”, prima interrotto da bei battimani e poi urlato a ripetere, è il grido che si alza dal manipolo romano e che è ripagato dal raddoppio di Hoedt, sul cui colpo di testa l’estremo orobico Sportiello è colpevole di una grossa indecisione.

La Nord persiste nell’incitamento ma, come è logico attendersi, il volume scende di qualche tacca. Non si scatena invece la bolgia che ti potresti aspettare dal “blocco blu” ospite, compatto a vedersi ma senza acuti degni di nota. Comunque belli a vedersi i battimani e le manate, replicati più e più volte.

È la mezzora quando la Lazio cala il tris: bravo Lombardi a trovarsi pronto nella ripartenza dei compagni, nuovamente male Sportiello a gestire un pallone non impossibile.

I Laziali mettono la quarta e, pur nel momento di giubilo, hanno il merito di dedicare un coro a Gabriele Sandri. Non mancano i vaffa alla Ternana, sollecitati dalla presenza tra i Forever di un drappo rossoverde: che non si tratti di stretta rivalità calcistica viene confermato da un “Me ne frego è il nostro motto…” e da un “Duce-Duce” che seguono a ruota e che riempiono la pausa di gioco per l’infortunio del bergamasco Dramè, costretto ad uscire in barella e sostituito da D’Alessandro.

La Curva Nord prova a mantenere alto almeno il morale e si cimenta in un coro per me inedito (ma va tenuto conto che qui ormai mancavo da due anni) che, pur senza trascinare le masse, sarà la colonna sonora di fine tempo, interrotto solo da un sussulto per un tiro che comunque non impensierisce Marchetti.

Durante l’intervallo ho modo di osservare meglio la ristrutturazione operata per la Tribuna Centrale nell’estate 2015 e soprattutto il pitch view a ridosso della linea laterale del terreno di gioco. Sedili avvolgenti, copertura antipioggia, zero divisori verso il campo, eleganti e sorridenti hostess agli ingressi: per chi ama il brivido dei comfort questa sera sono senz’altro 170 euro (più 10 euro di prevendita) ben spesi, ma il prezzo potrebbe quasi a raddoppiare nelle partite di cartello. Fatti due conti, quindi, diventa piuttosto oneroso vedere una partita da questa prospettiva anche se, va detto, sono comprese sicure prelibatezze del servizio “hospitality”, offerte in un’area appositamente costruita dove un tempo erano confinati i tifosi ospiti. Il pensiero corre veloce, non senza un sorriso malizioso, a pensare al garbo ed alla moderazione con cui, tra cotanta cristalleria ed inservienti impomatati, si sarebbero mossi a quei (bei) tempii Brasati del Milan, gli Skins dell’Inter, gli Alcool Campi, giusto per fare i primi esempi che mi vengono in mente….

Il match ricomincia con il coro “Diffidati sempre presenti” scandito dallo zoccolo duro della Nord. Stenta a decollare il sostegno vocale bergamasco e si respira un clima di rassegnazione tra la maggioranza dei presenti; pochi ed isolati invece i fischi, ed effettivamente il risultato è bugiardo e frutto più di episodi e della freddezza sotto porta degli ospiti che non di un dominio biancoceleste.

A dare la sveglia un bel tiro di Gomez che però trova pronto l’estremo difensore laziale: gli orobici giocano quindi la carta del “Forza Atalanta Vinci per Noi” a ripetere, con consueto corollario finale di battimani e sbandierate: non è l’urlo che in altre occasioni ha fatto vibrare i vetri del Comunale ma si può dire con certezza che il vigore è inversamente proporzionale al pesante passivo del campo. Sul fronte opposto, invece, i tifosi ospiti sembrano un po’ disuniti, oserei dire appagati: lo dico premettendo che sono una tifoseria che mi è sempre piaciuta, ma francamente un tre-a-zero in terra straniera, anzi in terra nemica, avrebbe meritato più continuità e brio nell’incitamento.

Anche sul terreno di gioco la formazione guidata da S. Inzaghi appare rilassata e, complice anche l’inizio non arrembante degli orobici, allenta la tensione ed apre varchi agli avversari. Così, come accaduto nel primo tempo, da una serie di episodi e/o pasticci prende corpo la rimonta bergamasca: tra il 60° ed 70° Kessie infila due volte Marchetti e il Comunale finalmente esplode.

Scrutando i volti dei tifosi della tribuna percepisco soprattutto incredulità ed orgoglio: sanno che forse lo svantaggio non potrà essere interamente colmato, ma almeno è emerso il carattere e la voglia di lottare della squadra. La Curva Nord è giustamente più ambiziosa e si infiamma con un coro che, sulla melodia di “Sound of silence” di Simon and Garfunkel, ha nelle parole “Devi sempre solo vincere…” il punto di forza. È un bel vedere e soprattutto un bel sentire, anche perché porta acqua fresca ad un repertorio vocale tutt’altro che innovativo.

Dall’altra parte si intuisce un “Avanti Lazio” per via dell’ondeggiare dei corpi, ma sarebbe impossibile sentirlo visto il baccano scatenato dagli orobici; anche i Forever fanno la loro parte ed un secco “Dai ragazzi noi ci crediamo” si aggiunge al coro della Nord, che continua per diversi minuti.

L’iniziativa degli orobici in campo non è certo un’onda che travolge, ma appare invece come una marea che si alza lenta: insomma il pareggio appare inesorabile, solo questione di tempo. È ancora un episodio a spostare gli equilibri: a dieci minuti dal termine si infortuna l’assistente arbitrale Stefano Alassio di Imperia e l’interruzione di gioco si protrae per diversi minuti.

Quando il match riprende il ritmo di gioco dei bergamaschi non è più lo stesso, mentre gli avversari adottano un migliore assetto difensivo. I supporter ospiti si cimentano in “Non mollare mai”, uno dei loro classici che, se la memoria non mi inganna, esordì anni orsono in una partita casalinga proprio contro l’Atalanta.

Gli orobici tentano il tutto per tutto e si espongono al contropiede ospite, che si concretizza con la quarta marcatura, ad opera di Cataldi, messa a segno al 90°. Un minuto dopo Petagna accorcia nuovamente le distanze ma nei restanti quattro minuti di recupero non si perfeziona il miracolo e la Lazio conquista i primi tre punti della stagione.

Lele Viganò.