“Dobbiamo ringraziare la concessione delle autorità e dimostrare che la maturità dei tifosi è tale da evitare ulteriori divieti in futuro”. Così La Provincia, uno dei più importanti giornali con sede a Frosinone, ha salutato la domenica in cui ai tifosi Sorani è stato concesso di rimettere piede nel settore ospiti dello stadio Nazareth di Isola del Liri. Cominciamo con il dire una cosa semplice ma che molti non sanno, o forse fanno finta di non sapere. Per tutta la settimana si è parlato di trasferta libera dei sorani a Isola Liri dopo 24 anni, omettendo però il fatto che le due squadre, dopo l’ultimo derby di inizio anni ’90, sono tornate ad incontrarsi nella stagione 2012-2013, quando divieti e limitazioni erano ormai di gran moda. Se la stessa partita si fosse svolta tutti gli anni, che so, dal 2000 al 2007, non ci sarebbero stati problemi per le trasferte, anche fossero successi pesanti scontri ogni annata. Resto un po’ basito poi nel leggere che si dovrebbe ringraziare per questa “concessione”. Ma davvero crediamo così normale che le partite si disputino senza una parte di pubblico da dover ritenere un derby a porte aperte (la normalità per quasi 100 anni di calcio in Italia) una concessione? Perché se così è chi scrive tali corbellerie o è ignorante in materia, o è un proibizionista della prima ora oppure è totalmente in malafede.

Torno a battere su un tasto: è normale che la Questura di una provincia grande e problematica come quella di Frosinone passi un’intera settimana a parlare, decidere e pianificare il derby tra Isola Liri e Sora (due comuni che insieme non fanno 40.000 abitanti) pensando a come vietare tamburi, megafoni e striscioni alle tifoserie? A me sembra tutto francamente assurdo. E la cosa grave è che la maggior parte dei media, invece di scandalizzarsi, li assecondano ritenendo tutto non solo normale, ma anche cosa buona e giusta. Ormai il calcio è ostaggio dei questori, dei prefetti e dei sindacati di polizia, che pur di dimezzarsi il lavoro e tentare di  sferrare il colpo finale a chi ha ancora voglia di frequentare i gradoni, inventano ogni anno marchingegni burocratici e repressivi per togliersi di mezzo i tifosi. Alla luce di tutto ciò mi verrebbe quasi da dire: “E brava la Questura di Frosinone che in un solo fine settimana è riuscita a far giocare senza divieti Isola Liri-Sora, Atletico Boville-Cassino e Frosinone-Cittadella!”. Roba da virtuosi dell’ordine pubblico insomma. Un po’ come organizzare un incontro tra Obama e Putin per decidere il destino del globo. Dai, volevate i ringraziamenti e gli allori, io ve li do. Sono una persona generosa. Ma vi consiglio di non spargere troppo la voce circa il vostro modus operandi. In Italia ormai è necessario per accalappiare il favore di un’opinione pubblica narcotizzata e di politici quaquaraquà, ma all’estero forse vi manderebbero ai lavori forzati nelle miniere del Donbass.

Che poi, fondamentalmente, già con tutte queste tiritere il derby per me non era come avrebbe dovuto essere. “Una festa di sport”, si mettono spesso in bocca i soloni della carta stampata o i dirigenti calcistici e le autorità. Per me a una festa non ci si va mostrando documenti e non potendo portare le candeline, i festoni e buona parte dei colori per renderla allegra. Isola Liri-Sora era un derby davvero. Due cittadine divise da poco più di sei chilometri e da una rivalità campanilistica che si perde nella notte dei tempi. “Cacannacqua” contro “cinciari”. Discriminazione territoriale, la chiamerebbe ora. Quello che piace a noi. Siamo razzisti? Forse. Retrogradi? Senz’altro. Viviamo nel mondo delle favole? Può darsi. “Rompiamo e sconvolgiamo a noi piace così…” diceva un vecchio coro in voga negli anni ’80. Sì, siamo zozzoni, ignoranti, caproni e cafoni che vanno dietro a 11 smutandati, ma visto e considerato chi è a volercelo impedire…meglio così!

Arriva il giorno di questa partita tanto attesa. Anche per me che abito a cento chilometri di distanza. Sono curioso di tastare l’ambiente e vivere quella che un tempo era una delle sfide più accese della regione. Ma al contempo, devo essere onesto, non mi faccio troppe illusioni. Sono conscio che sarà un derby monco, perché la famosa “concessione” di cui sopra te la devono far scontare. Magari non facendoti passare una bandiera piuttosto che il tamburo (il megafono sì, ma il tamburo no, hai visto mai, superassimo la soglia dei decibel provocando una denuncia da parte degli ambientalisti di zona). O magari facendoti entrare a partita iniziata. Ma visto come vanno le cose, non mi sorprenderebbe nemmeno se all’ultimo decidessero di non far partire proprio i sorani. Tanto ormai vale tutto a livello di scuse, anche “no ragazzi, ci sono troppe buche sulla strada. L’asfalto potrebbe cedere”.

Siamo io e Marco, un altro partitellaro stagionato, a dirigerci verso Isola Liri. In mattinata ne abbiamo approfittato per fare una capatina nella vicina Boville, dove era impegnato il Cassino con il suo manipolo di ultras. Con un quarto d’ora arriviamo a destinazione e parcheggiamo la macchina sotto lo sguardo severo dei vigili urbani che con solerzia ci chiedono chi siamo e dove stiamo andando. Sarebbe stato da rispondergli: “Siamo la Fossa dei Leoni del Milan, siamo venuti qua per mettere a soqquadro il paese”. Sai chi dovremmo essere…Babbo Natale! Mangiamo un paio di panini sorseggiando una birra e ci avviciniamo alla porta carraia entrando quasi immediatamente sul terreno di gioco quando manca un’ora al fischio d’inizio.

La prevendita è andata abbastanza bene a Sora, dove su 750 tagliandi ne sono stati staccati 575. Sul fronte biancorosso, con la squadra reduce da cinque sconfitte consecutive, le presenze sono comunque importanti. Alla fine in curva a cantare saranno circa 250. Chiaramente, quando parlo di numeri importanti, tengo in considerazione determinati fattori: innanzi tutto la media spettatori che di solito accompagna queste due squadre; poi il periodo storico che certo non invoglia a frequentare gli stadi. Se invece vogliamo fare un discorso generico, è inutile girarci attorno, per un derby del genere i numeri sono bassi rispetto ai bei tempi in cui non sarebbe entrato neanche un ago di spillo sugli spalti. Ma questo genere di partite, almeno per come le intendiamo noi, ormai rimangono ricordi sbiaditi da conservare con cura nei cassetti della nostra memoria. Chi magari non ha mai assistito a un Roma-Lazio dal 2000 al 2006, piuttosto che a un Taranto-Cavese del 2006 (andata e ritorno), a un Teramo-Giulianova del 2005 e via dicendo, riterrà la giornata di oggi più che soddisfacente. Io invece la giudico indubbiamente bella, ma non straordinaria. Senza scomodare paragoni come Paganese-Nocerina o Savoia-Turris, va ricordato che quando lo stadio era un luogo sano, con un ingranaggio del tifo ben oleato, la tensione di queste sfide si sentiva già quando si entrava in città. Invece oggi a me l’ambiente è sembrato fin troppo rilassato. Capiamoci, ora come ora altre cento di queste partite con le tifoserie che cantano e portano materiale per colorare il settore. Ma il paragone con il passato non regge, seppure chi ancora si sbatte per la propria curva può avere soltanto il mio rispetto.

Ai tifosi bianconeri l’ingegnosa Questura di Frosinone ha imposto di passare per Arpino, evitando così la strada principale che collega i due paesi (neanche dieci minuti in macchina). Una decina di minuti prima del fischio d’inizio la curva di casa si comincia a compattare e fa sicuramente piacere riveder comparire in balaustra alcune pezze che gli isolani erano soliti portare anni addietro. Ci accorgiamo che i sorani stanno arrivando quando dalla montagna che sovrasta lo stadio sentiamo scoppiare qualche bombone vedendo un paio di bandieroni che sventolano dietro al fumo e un ragazzo che si aggrappa alla recinzione per “salutare” il pubblico di casa. Alla spicciolata gli ospiti fanno l’ingresso nel loro settore, sistemandosi definitivamente con le squadre schierate a centrocampo. Da ambo le parti si è deciso per una coreografia composta da bandierine con i colori sociali, con i biancorossi che si esibiscono anche in un bel lancio di carta igienica. Il tifo è buono e intenso da ambo le parti, anche se si avverte la mancanza della pirotecnica. Fortunatamente invece non mancano gli striscioni, da parte isolana si gioca molto sui recenti cambi di denominazione del Sora e sul mercato di abiti usati che un tempo aveva sede nella città che diede i natali a Vittorio De Sica. Da ciò nasce il nomignolo “cinciari”, mentre discorso diverso per il “cacannacqua” che i sorani affibbiano ai rivali. Isola Liri, come dice il nome, è attraversata dal fiume Liri che, in pieno centro, forma delle caratteristiche cascate. Questo rende il paese ricco d’acqua e di umidità.

I bianconeri espongono un paio di striscioni contro i rivali, offrendo poi una prestazione continua e sempre colorata con le tante bandierine, i cori a rispondere e i battimani possenti. Sul fronte di casa i supporters del Lisera si danno un gran daffare con bei cori eseguito all’unisono, saltellando e sventolando i propri vessilli. Un altro aspetto che secondo me ha pesato nelle due tifoserie, è la poca abitudine ad affrontare questo genere di sfide. C’erano molti ragazzi che, per ovvie ragioni, non avevano mai assaporato l’aria del derby e l’appiattimento calcistico-culturale non ha favorito un loro “fomento” in vista del match. Mia personale opinione. Ma soprattutto è palese che in tanti non sono più abituati ad andare allo stadio. E’ per questo che ho sottolineato quanto sia difficile riavere il clima teso ed ostile del passato.

In campo la sfida non ruba certamente gli occhi, ma è l’Isola Liri a spuntarla grazie a un gol nel primo tempo. Nella ripresa il Sora sbaglia un rigore e fallisce almeno due nitide occasioni da gol fermandosi dopo una buona serie positiva. Si riprendono invece gli isolani, che festeggiano almeno per un quarto d’ora sotto la curva. Dal settore sorano tuttavia non piovono fischi, ma solo applausi. A maggio ci sarà il secondo episodio, che potrebbe risultare fondamentale sia in zona promozione che in quella per non retrocedere. Staremo a vedere. Di certo non potranno inventare divieti basati su questa giornata. Come facilmente prevedibile, non accade assolutamente nulla. A testimonianza di come quando si vuole l’ordine pubblico si sa gestire e le partite si possono giocare sempre a porte aperte. Basterebbe fare il proprio lavoro e non gonfiare gli eventi sui giornali. Ma parleremmo forse di un qualcosa di utopico.

Vedo il treno passare sopra i miei occhi. La linea Avezzano-Roccasecca è stata riaperta da poco, un piacere vedere una littorina “sfrecciare”su quelle montagne. Simbolo di un’era senza fine. Come i “portoghesi” assiepati sulle montagne che hanno assistito al match senza sborsare un euro e ora, stretti dalla morse del freddo che comincia a scendere, se ne vanno soddisfatti. Riprendiamo i nostri documenti e lentamente abbandoniamo lo stadio. Avendo dormito meno di quattro ore la stanchezza ora prende possesso del mio corpo. Manca l’ultima tappa, Virtus Roma-Olimpia Milano al PalaTiziano. Marco mi lascia a Frosinone per andare a vedere Veroli-Torino di basket, così io raggiungo la Capitale in pullman crollando tra le braccia di Morfe,o mentre il traffico natalizio attanaglia l’Autostrada del Sole.

Simone Meloni