Ultras Laziali: Per questo disegno sono partito dal logo, quello della Lazio degli Anni ’80. Sarò un nostalgico, causa l’età, ma a mio modesto parere gli stemmi sociali di diverse squadre di quegli anni, restano inarrivabili. Penso al toro stilizzato del Torino, al giglio a forma di effe per la Fiorentina, al diavolo-fiamma del Milan, al biscione dell’Inter, al lupetto della Roma, ai mastini del Verona ed ovviamente alla bellissima aquila stilizzata della Lazio (solo per citare gli esempi più famosi che mi vengono in mente). Non ho nulla da dire contro i loghi attuali, e ci mancherebbe, li utilizzo spesso e li trovo talvolta perfetti. Però quelli degli Anni ’80 hanno un altro fascino: stilizzati, minimali, con poche linee e colori, riuscivano a trasmettere un’emozione e a farsi portatori di tutto un modo di concepire la vita (perlomeno quella sportiva), più spensierato e leggero, che s’è, oggi, purtroppo perso. E forse per questo, guardandoli, mi assale una “nostalgia Chinaglia” tanto per restare in ambito biancazzurro. Non ho dovuto, quindi, far altro che “espandere” il bianco, il blu e l’azzurro del logo all’intero disegno, concepito per essere un adesivo, dandogli armonia e proporzione; il font utilizzato per le scritte è lo stesso del logo. E senza scomodare i vari gruppi della variegata geografia laziale (attuale o dei tempi che furono), ho scelto due semplici parole che potessero rappresentare un intero popolo sportivo e un’attitudine di supporto ch’è quella di cui, noi tutti, siamo appassionati.

02. Fossa dei Grifoni

Fossa dei Grifoni: Uno dei gruppi leggendari del tifo italiano. Per chi è stato, come me, bambino negli Anni ’80, la Fossa dei Grifoni rappresenta un punto inamovibile della storia Ultras di questo Paese. L’immagine degli anni più sfolgoranti del tifo genoano (senza nulla togliere alla Gradinata Nord di adesso, mito vivente) è inevitabilmente e fatalmente legata a questo gruppo. Ho sempre negli occhi le centinaia di coreografie proposte dalla Nord, quando la Fossa imperava, facendo scuola, in Italia e in Europa, al pari di altre curve che in quegli anni “inventarono” il concetto stesso di coreografia da stadio, quali, oltre alla dirimpettaia Gradinata Sud blucerchiata, la Curva Sud di Roma, la B di Napoli e la Maratona di Torino (senza entrare nel merito di chi è meglio e di chi l’ha fatto per primo, li trovo discorsi inutili). Tre anni dopo il mundial di Italia 90 – quando Marassi divenne, architettonicamente, forse lo stadio più bello d’Italia – ed esattamente vent’anni dopo la sua nascita, la Fossa si sciolse (soprattutto per motivi repressivi) e da allora entrò nel mito, lasciando al contempo un’eredità immensa ad una curva e ad un popolo sportivo tra i più generosi e passionali del mondo. Sulla Gradinata Nord ci sarebbero da scrivere tomi su tomi, impossibile condensare in poche righe quello che ha rappresentato il tifo genoano negli ultimi quarant’anni e più. Nel disegno in oggetto, ho voluto riprenderne modus stilistico (i due grifoni che reggono lo scudo sociale) e cromatico (l’”ingenuo” rossoblu pezzato verticalmente) con scritte bianche, importanti e sontuose, ad imprimere quel nome che è parte integrante della ultracentenaria storia del Genoa, il club più antico d’Italia.

03. Bronx Napoli

Bronx Napoli: Per questo disegno faccio una premessa. Sono un appassionato di mondo Ultras e ciò che mi intriga di più è l’aspetto estetico dei vari gruppi, che poi, fortunatamente, è anche la parte più easy. Dunque lungi da me il voler fare l’apologia di questo o quel gruppo; ognuno ha le sue preferenze ed ognuno il suo pensiero riguardo al modo di essere Ultras, su cosa significhi, su chi lo sia e chi meno, e sulle mille sfaccettature di questo meraviglioso mondo che ognuno di noi lègge a modo suo e filtra attraverso la propria esperienza e il proprio vissuto. Semplicemente mi piaceva l’immagine di quest’incappucciato – che m’ha riportato alla mente le locandine dei fantastici film poliziotteschi degli Anni ’70 – e sono partito da lì, m’è quindi venuto spontaneo associarla ad una certa attitudine di intendere lo stadio e a questo gruppo partenopeo ch’è stato uno dei più controversi dell’intero panorama (e che aveva in un incappucciato che brandiva una cinta uno dei suoi simboli). Della “rivoluzione” partita dalla Curva A di Napoli e poi estesasi a tutta la tifoseria azzurra, abbiamo già visto in una delle precedenti puntate; e da una contrapposizione (contro il vecchio stereotipo dell’Ultras napoletano, vittimista e folkloristico) dapprima solo ideologica, quindi fisica, il passo è stato breve. Ed i Bronx sono stati una sorta di “braccio armato” della Curva A, sicuramente uno dei gruppi più “attivi” e che ha spinto fino alle più estreme conseguenze il concetto di scontro, in un mondo Ultras che s’è spesso domandato cosa fosse lecito (in uno scontro) e cosa no, e che ha provato, talvolta, anche ad “auto-regolamentarsi”, senza tuttavia riuscirvi. Per anni i Bronx – forti d’un’organizzazione quasi paramilitare e d’un coraggio e d’una cazzimma (cattiveria mista ad astuzia) fuori dal comune – hanno seminato il terrore tra i gruppi Ultras avversari, e ancor di più nei reparti celere che hanno avuto il dispiacere d’incontrarli. Inevitabilmente, tra denunce, perquisizioni, arresti, processi e quant’altro, il gruppo s’è sciolto, lasciando però un’impronta nel panorama Ultras azzurro e non solo. E questo disegno – con un’insolita (per il tifo partenopeo) veste bianca – vuol testimoniare che il movimento Ultras, oltre che aggregazione e divertimento, può essere – talvolta – violento, laddove la violenza è spesso figlia dei problemi e dei malcostumi d’una realtà difficile, quale può esserlo Napoli, tra cronica mancanza di lavoro, diffusa povertà, malaffare politico, microcriminalità, droga e disagio sociale, contrapposti ad un ordine costituito spesso sordo e intento a sporchi affari privati più che al bene pubblico. Che poi, la cosiddetta “opinione pubblica”, manipolata ad arte, che bigottamente s’indigna nel vedere un ragazzo incappucciato che brandisce una cinta o un’asta di bandiera, altrettanto non fa quando i tutori dell’ordine, rappresentanti dello Stato – in sfregio a qualsiasi logica, umanità e buonsenso e mossi da un’ottusa quanto cieca furia prevaricatrice – pestano a sangue persone inermi, operai, studenti, vecchi e talvolta donne, con il beneplacito di stampa, TV, opinion leader e istituzioni, professionisti nella logica dei “due pesi , due misure”, di cui si fa particolare abuso allorquando ci sia la parola Ultras di mezzo.

04. CUCS Roma

CUCS Roma: Il Commando Ultrà Curva Sud è il gruppo Ultras che più d’ogni altro ha segnato la storia del tifo nel nostro Paese. Nato nel lontano 1977 dalla fusione di tanti gruppi più piccoli che popolavano la Curva Sud, il Commando è stato quello che si può definire un gruppo di massa, che riuscì nell’intento (non facile) di prendere un’enorme curva come quella capitolina, forte di decine di migliaia di persone, e di portarla sotto la sua ala. Generazioni di ragazzi romani (e non solo) sono passate tra le file del CUCS, cui tutti i gruppi (anche quelli che lo osteggiavano) sono debitori di qualcosa. E se la Curva Sud è divenuta, dagli Anni ’80 in poi, una delle più famose, ammirate ed imitate al mondo, penso soprattutto alle infinite immagini di coreografie, il merito è del CUCS. Con il progressivo cambiamento della società italiana, con nuovi modelli di sostegno (tifo all’Inglese) che a partire dai primi ’90 si fecero strada nelle curve italiane (muovendo dalla lontana Verona) e, non da ultimo, a causa di divisioni interne mai del tutto sanate (CUCS G.A.M. contro Vecchio CUCS), lentamente, ma inesorabilmente, il Commando si assottigliò, si sfaldò ed infine perse l’egemonia della curva fino a sparire. Ma lo “spirito” del Commando non è morto, ha perdurato, ed oggi che va di moda il revival e il rivalutare il passato, non poteva essere altrimenti anche per il glorioso CUCS, che ha trovato un posto d’onore nella Storia del tifo, patrimonio sportivo d’un popolo e d’una città, mito e leggenda per tutti gli Ultras di tutte le generazioni e di tutte le fedi calcistiche. Nel mio disegno, ho voluto celebrare il CUCS attraverso gli Anni ’80, quando il lupetto campeggiava sulle meravigliose casacche di Bruno Conti e compagni, rimembrando le innumerevoli scritte viste sui muri della città eterna, nei quartieri più popolari come in quelli bene, allorquando il tifo della Roma era il CUCS ed il CUCS era il cuore della Roma.

05. Brigate Rosanero

Brigate Rosanero: Storico gruppo del panorama palermitano, le Brigate hanno rappresentato un punto di svolta nell’evoluzione del tifo rosanero, ancora legato al Commandos Aquile e ad un’impostazione più spontaneistica e disorganizzata; nate nel 1980, hanno avuto il merito di traghettare la tifoseria delle aquile attraverso uno dei periodi calcistici più bui del Palermo, quando la compagine rosanero (dopo tanta Serie B) dovette subire l’onta del fallimento e ripartire addirittura dalla vecchia C2 per poter poi, lentamente, riscalare le gerarchie calcistiche. Le Brigate hanno dato da subito un’impronta Ultras alla Curva Nord ed hanno iniziato ad accompagnare le casacche rosanero anche nelle trasferte più lontane dal capoluogo siciliano, quand’era possibile anche coordinare il supporto dato dai tanti palermitani sparsi per la Penisola. Personalmente apprezzo molto questo gruppo, evolutosi ma rimasto fedele a sani ed etici principi Ultras. È sempre stato profondo il loro legame con la città e con la squadra e ricordo che da bambino – sempre rimembrando i favolosi Anni ’80 – mi affascinavano i racconti delle loro trasferte (erano i tempi senza scorte), ascoltati da gente che aveva avuto il privilegio di vederli dal vivo, e mi ricordo d’aver anch’io assistito ad una trasferta delle Brigate in una città del Centro Italia, e di come rimasi stupito (nella mia ingenuità di bambino) di vedere e percepire l’attaccamento che avevano quei tifosi del Palermo che arrivavano dal più profondo Sud e si sobbarcavano migliaia di chilometri per seguire una squadra di Serie B (quando andava bene), se non addirittura di Serie C, mangiando un panino all’addiaccio e bevendo da una fontana. Proprio allora cominciai a percepire l’esistenza di quella cosa che soltanto tanti anni dopo avrei compreso appieno e a cui avrei dato finalmente un nome: era quella, per davvero, “cultura popolare del Calcio”, autentica, permeava totalmente quegli Anni ’80, qualcosa di bellissimo e profondo e, nella suggestione e nell’inconscio, l’ho per sempre legata a quelle maglie rosa, a quei pantaloncini neri e a quelle calze bianche che indossavano quei giganti degli Anni ’80 e che in quel pomeriggio della mia memoria vedevo correre a pochi metri da me, e che mi sembra ancora di vedere; era il Palermo del mai dimenticato bomber Gianni De Rosa. Per il disegno ho voluto mantenere la fascinazione degli Anni ’80 data dalla banda orizzontale rosanero; le scritte sono invece d’ispirazione più contemporanea; il teschio con elmetto – che va a sostituire quello del loro simbolo, ripreso pedissequamente dalle più famose (e quasi omonime) Brigate Rossonere del Milan – conferisce al tutto un tono bellico, da panzer.

Luca “Baffo” Gigli.

 

LE PUNTATE PRECEDENTI
Prima puntata: Terni, Caserta, Samb, Lamezia, Milan, Parma, Lazio, Udine;
Seconda puntata: Palermo, Udine, Catania, Fiorentina, Pescara;
Terza puntata: Verona, Roma, Milan, Inter;
Quarta puntata: Brescia, Napoli, Lazio, Palermo;
Quinta puntata: Livorno, Lazio, Nocera, Cavese;
Sesta puntata: Lazio, Savona, Cavese, Manfredonia;
Settima puntata: Crotone, Pescara, Catania, Napoli.
Ottava puntata: Roma, Lazio, Palermo, Milan;
Nona puntata: Spezia, Arezzo, Virtus Roma, Nocera, Cavese.