Sarebbe facile buttare giù un pezzo retorico su questa partita. Su un dualismo acceso negli anni ottanta e portato avanti con baldanzosa spavalderia – almeno tra le fila giallorosse – negli anni a seguire.

Di aneddoti su Roma-Juventus ce ne sono tanti e altrettante sono le storie che lasciano intuire come, dopo la stracittadina, quella con i bianconeri sia la partita più sentita per il tifoso romanista.

Più contorta, di sicuro, è la genesi dei rapporti tra gli ultras delle due squadre. Un tempo amici fraterni, poi nemici ma di sicuro non “giurati”. La rivalità Roma/Juve ha sempre assunto un aspetto principalmente sportivo. Esiste un sottile filo sotterraneo che lega sotto forma di rispetto molte delle componenti giallorosse e bianconere, le quali riconoscono la rispettiva importanza di storici personaggi che, scrivendo pagine gloriose delle proprie curve, hanno saputo dare agli ultras un contributo fondamentale per diventare il movimento di aggregazione giovanile più longevo del Belpaese.

Una di queste figure cardine è senza dubbio quella di Fausto Iosa. Uno dei padri del tifo romanista, scomparso esattamente nove anni fa. “Roma-Juve ’86 il tuo capolavoro. Fausto con noi” è lo striscione che per lungo tempo viene esposto questa sera in Curva Sud. Il riferimento è abbastanza chiaro per chi mastichi un pochino di ultras e di tifo organizzato. Il richiamo è alla coreografia ideata dallo stesso Iosa trentatré anni fa, in cui per la prima volta l’intero stadio venne coinvolto, ricoperto da decine di strisce gialle e rosse.

La genialità, la creatività e l’originalità degli ultras era in piena evoluzione e Roma era uno dei punto di riferimento per l’intera Italia. Dicevo che sarebbe facile cadere nella retorica, soprattutto per chi – come me – quegli anni non li ha potuti vivere per un mero motivo anagrafico. Quindi non voglio dilungarmi nella celebrazione di un’epoca che indubbiamente ha significato tanto sia per la Sud che per le curve nostrane, ma riflettere su quanto quello striscione sottolinei la vera e propria mancanza di qualcosa oggigiorno.

L’era del consumismo, quella in cui tutti abbiamo tutto ma spesso non abbiamo più sogni da coltivare. Non abbiamo più fantasie da mettere nero su bianco e, anche vittime della repressione e del proibizionismo, dentro gli stadi non abbiamo più figure in grado di dettare minuziosamente i ritmi, dare un’iniezione di inventiva e comunicare ai più giovani quanto prevalere sull’avversario per originalità sia sempre stata una prerogativa del mondo ultras.

I Roma-Juventus di oggi cosa hanno ancora di quell’antica sfida ruvida e sentita? Ben poco, lasciatemelo dire. Innanzitutto da troppe stagioni questa sfida si gioca al termine del campionato, con i sabaudi già campioni d’Italia e quindi privi di motivazioni. Da tanti anni questa sfida è diventata un’ignobile gara al rialzo dei biglietti, con i 55 Euro per una curva e i 65 per un distinto richiesti quest’oggi che toccano livelli di vergognosa speculazione sul nulla.

Un nulla dove questa sfida rappresenta un evento para-amichevole, in cui la sua presunta star (quel CR7 che avrebbe dovuto giovare al calcio italiano) gioca “in ciabatte”, svogliato e irritante e dove la squadra pluricampione d’Italia regala giusto 45′ di partita decente per poi sparire nell’oblio.

Posto che 55 Euro per un settore popolare sarebbero scandalosi anche se in campo ci fossero Puskas, Maradona, Pelè, Totti, Zidane e Zico tutti insieme, veramente non si capisce in questa occasione in virtù di cosa vengano richiesti. Forse perché, essendo in vendita solo la Nord, si sa bene che il tifoso “occasionale” li acquisterà pensando di assistere a una grande passerella. E questo ormai la dice lunga sulla composizione del pubblico di Serie A. Dei semplici clienti pronti a fare il loro acquisto spot esattamente come farebbero su Amazon o Ebay.

Certo, va detto che gli ultras juventini – ad esempio – hanno preferito non prestarsi a questo teatrino, continuando la loro linea di boicottaggio nei confronti delle trasferte più esose. Nel settore ospiti non ci sono quindi striscioni e tifo, ma solo semplici sostenitori bianconeri giunti dalle più disparati parti d’Italia. Oltre che dalla Capitale.

Altra cosa che pesa sulla bilancia del “fascino perduto” è l’ormai affievolita rivalità tra le società. Le schermaglie dialettiche tra Viola e Agnelli o tra quest’ultimo e Sensi sembrano distanti anni luce e oggi, almeno nello scacchiere politico del calcio italiano, i due club sono molto vicini. Tanto vicini da permettere alla Juve di svolgere i propri allenamenti presso il Centro Sportivo di Trigoria prima delle Supercoppa del 2013. Un avvenimento che parecchi non hanno mai digerito all’ombra del Colosseo.

Un atteggiamento che, volendo vedere il tutto ad ampio raggio, rientra a pieno nel percorso di “picconate” inferte alla storia, alle tradizioni e al folklore del romanismo e della sua essenza più profonda.

Una visione radicale ed estrema del tutto? Può darsi, ma almeno in una faccenda di sentimenti e impulsività com’è il calcio per i suoi tifosi, ci sia concessa.

Sullo “show” visto in campo mi sono già espresso in precedenza. La Roma ha la meglio grazie ai gol di Florenzi e Dzeko, ma questo non può farci soprassedere su quanto il campionato italiano sia diventato noioso, prevedibile e, giocoforza, falsato nella sua parte finale. Troppe squadre non hanno più nulla da chiedere e affrontano gli impegni con il costume da mare già ben in vista.

Discreta prestazione della Sud, che pur iniziando sottotono cresce lentamente mettendosi in mostra con un bel secondo tempo.

Considerazione finale sulla maglia indossata dalla Juventus (dovrebbe essere quella che verrà utilizzata la prossima stagione): l’ennesima, ignobile, spallata alle tradizioni. Le strisce scomparse in luogo della divisione a metà infangano la storia di un club ultracentenario, donandogli più una parvenza circense che una fedele rappresentazione della sua araldica e del suo abbinamento cromatico.

Simone Meloni