Minuto 99: sugli sviluppi di un calcio d’angolo Altare svetta più in alto di tutti e insacca il gol del pareggio cagliaritano. Un gol che gela l’Arechi e rimanda la mente dei più stagionati alla funesta annata 98/99, quella di una retrocessione che ancora grida vendetta. Basta ascoltare il silenzio dello stadio e guardare gli occhi attoniti del pubblico per capire il dramma che si sta consumando nella mente e nel cuore dei tifosi salernitani. Sebbene ci siano delle differenze importanti e sostanziali e sebbene a oggi i campani siano ancora padroni del proprio destino in ambito salvezza.

Il girone di ritorno dei granata è stato una continua rincorsa a rimettersi in gioco, culminata con i cinque risultati utili (maturati prima di questa gara) che hanno permesso loro di estraniarsi dall’ultimo posto in classifica – e da una retrocessione che sembrava scritta – e portarsi al quart’ultimo posto. La mente del tifoso, si sa, è irrazionale e giustamente legata al cuore. Ed è pertanto normale che dopo una simile partita più di qualcuno sia sprofondato nello sconforto, ma obiettivamente ci sta che al terzo match in una settimana e dopo una simile rincorsa la squadra sia stata meno lucida e non abbia saputo mantenere la concentrazione fino all’ultimo secondo.

Sono oltre trentamila i biglietti venduti. Salerno ha risposto alla grande per questo rush finale e a pochi minuti dal fischio d’inizio, all’interno dell’impianto è difficilissimo muoversi o spostarsi da una parte all’altra tanta è la calca e la gente ammassata in ogni dove. Gli steward guardano inermi e non sanno dove mettere le mani, ennesima conferma di come gli uomini in pettorina gialla siano totalmente inutili quando il loro compito diventa leggermente più arduo. Del resto ne ho riprova agli ingressi, dove giocano a rimpiattino per farmi entrare.

Lo dico senza problemi: alla fine, rimasto solo col mio pass stampa in mano come l’ultimo degli imbecilli, passo il filtraggio non appena uno di loro si distrae per iniziare una discussione con un tifoso che – giustamente – voleva venissero accelerati i tempi di afflussi per non farsi travolgere dal temporale che per qualche minuto ha avvolto lo stadio. Se fossi stato dietro alle loro manfrine probabilmente sarei entrato al 30′. Di necessità virtù!

Quella tra campani e sardi è una sfida sentita non solo per il fattore calcistico, ma anche per una rivalità che si trascina ormai da decenni. I tagliandi staccati sull’isola sono oltre trecento e – come di consueto – gli Sconvolts si presentano con la pezza e il bandierone su cui sono indicate sigla e data di nascita del gruppo. Nel pre partita diversi sono i cori ostili fra le due fazioni, che scaldano i motori insultandosi e spronando le squadre in fase di riscaldamento.

È un match da dentro o fuori, soprattutto per un Cagliari che in caso di sconfitta vedrebbe le chance salvezza quasi nulle. I supporter rossoblu lo sanno bene e cercano di trasmettere alla squadra tutta la loro rabbia. Il pubblico cagliaritano è ormai da diverso tempo in rotta con il presidente Giulini e anche oggi verrà esposto uno striscione con cui si invita il numero uno del club a farsi da parte. A fronte di una squadra che può disporre di una rosa non certo da retrocessione, la gestione tecnica di questa stagione è stata sicuramente lacunosa e l’allontanamento di Mazzarri qualche giorno prima di questo match è stato forse sin troppo procrastinato.

È chiaro che in partite come queste sia il pathos a farla da padrone. E anche il tifo, quindi, rimanga incastrato in questa sensazione di forte agitazione. Gli Sconvolts si sistemano nel loro settore, compattandosi e mettendo in mostra subito una serie infinita di battimani e cori secchi. Possono piacere o meno (a livello stilistico), magari non offriranno grandi prove di colore, ma la voce c’è ed è costante almeno fino al vantaggio salernitano (ma, aggiungo, con una retrocessione che a quel punto sembrava certa neanche voglio biasimare qualche momento di pausa corroborato dalla delusione). Dei cagliaritani apprezzo – oltre alla loro proverbiale coerenza su determinate tematiche – il non mettersi troppo in mostra su battaglie e decisioni intraprese. Anche prendendo l’ultima iniziativa approntata da molte Curve a inizio campionato, “O tutti o nessuno”, loro hanno seguito una linea precisa. Non dando conto a nessuno e non lasciandosi andare a comunicati fiume o atti di mitomania (magari smentiti qualche settimana dopo dal rientro in curva). E scusate se è poco, in un mondo ultras che ormai chiacchiera a profusione, loro stanno zitti e seguono integerrimi il credo che dal 1987 li contraddistingue.

Da segnalare – nella ripresa – l’esposizione del goliardico striscione “Venite a mungerci”, che in realtà riprende una pezza già portata (ed esposta sullo striscione) anni or sono a Salerno. Qualche momento di tensione con la tribuna attigua, ma il tutto è ridimensionabile in mero e simpatico folklore da stadio.

Per quanto riguarda i granata: la terza gara in una settimana sembra farsi sentire anche tra i sostenitori del cavalluccio marino. Non che l’Arechi pieno e tutto in piedi non sia un bel vedere – intendiamoci – ma la loro performance è un po’ altalenante, almeno fino al vantaggio siglato da Verdi su rigore, quando effettivamente lo stadio si infiamma, colorandosi anche con diverse torce e fumogeni.

Restano da giocare 180 minuti di questo campionato. La Salernitana sarà impegnata a Empoli e in casa contro l’Udinese. Mentre il Cagliari ospiterà l’Internazionale e poi sarà di scena a Venezia. Incroci che a questo punto della stagione non sono affatto scontati, in un senso o nell’altro, ma che vedranno sicuramente protagonisti i tifosi con esodi e sostegno massiccio. Resta il dispiacere nel vedere coinvolte nella lotta per il declassamento, società e piazze storiche e numerose del nostro calcio. Sebbene gli ultimi anni – fortunatamente – abbiano riportato in A club blasonati e con tifoserie importanti. Chissà che non sia il segno di una rinnovata linfa per un movimento calcistico che – come mai – ha bisogno di ritrovare le sue basi popolari.

Simone Meloni