Arrivo molto lungo alla lettura di questo libro, che avevo in coda fin dalla sua uscita, avvenuta circa due anni fa ma che, per un motivo o per un altro, non avevo ancora trovato il tempo di leggere. La tempistica però non è in fondo un gran problema se si considera che questo libro, sul mercato italiano italiano, è arrivato con gran ritardo rispetto al 1973, anno in cui il lavoro di John Clarke vide la luce originariamente in Gran Bretagna.

Uscito con il titolo “Football hooliganism and the Skinhead”, lo scritto faceva parte di una ricerca per il Centre for Contemporary Cultural Studies dell’Università di Birmingham dello stesso Clarke. Va da sé che si parla di un’opera strettamente accademica quindi lo stile di scrittura è quello, le note e i riferimenti bibliografici abbondano, ma tutto sommato la lettura resta scorrevole e persino piacevole. Anche grazie all’ottimo lavoro di Luca Benvenga, dottorando presso il Dipartimento di Storia, Società e Studi sull’Uomo dell’Università del Salento, che ne ha curato non solo la traduzione ma ne ha anche attualizzato alcuni passaggi. Nella stessa direzione muove anche la prefazione di Andrea Ferreri, già autore de “Ultras, i ribelli del calcio” o più recentemente di “Sugli spalti”, che focalizzando la sua attenzione su “Sottocultura ultras e generazione X” mette questo studio sull’hooliganismo in parallelo con il movimento ultras, con il quale, al netto di diverse similitudini di base, diverge in tanti altri aspetti fortemente caratterizzanti.

Esattamente come in Italia, questa subcultura da stadio fiorisce sul finire degli anni ’60, precisamente è nel 1966-67 che si registra per la prima volta sui giornali il riferimento alle “Hooligan gangs” ma, a parte la questione linguistica, il fenomeno – come l’autore evidenzia – affonda le radici già nell’epoca Vittoriana, laddove “tenere (o prendere) la strada” (“holding/taking the streets”) delle bande di ragazzini, si può considerare un prodromo del “taking/holding the ends” degli hooligan, che “giocavano”, talvolta con esiti nefasti, a difendere il proprio settore o invadere quello avversario.

In tal senso si possono cogliere chiaramente le stesse analogie fra le bande di quartiere dell’Italia del boom economico e la territorialità degli ultras, mentre tante altre analisi o raffronti li si possono fare, invece, per differenza. In Inghilterra, per esempio, il movimento delle gradinate è stato molto meno trasversale da un punto di vista di censo e nello specifico, l’attenzione di Clarke è tutta volta a esaminare i fortissimi legami dell’hooliganismo con la classe operaia e il sottoproletariato urbano. Un sottoproletariato bianco e autoctono su cui poi ha finito per convergere, sovrapponendo spazi e pratiche, influenzando e facendosi influenzare, la sottocultura Skinhead che ha poi segnato un’escalation delle violenze su una scala più ampia e soprattutto programmatica.

Nella società di riferimento, ieri come oggi, hooligan o skinhead che siano: il teppismo assurge a figura retorica del potere dell’élite, è dispensatore di un collettivismo paranoico suscitante un progressivo e ricorrente stato d’ansia, che richiama alle tesi (…) sul ruolo giocato dai media sull’eccessiva esposizione dei fenomeni culturali giovanili (…) che scateneranno ricorsivamente allarmismi, su cui all’uopo fare leva per precise strategie politiche”. Divieti, controllo sociale, militarizzazione e qualsiasi invadenza autoritaria sulle libertà collettive o individuali, sono sempre legittimati dalla preventiva diffusione del “panico morale”.

Per quanto inevitabilmente il libro soffra i suoi anni, in alcuni passaggi, resta però in definitiva attuale nella sua sostanza e non si può non riconoscere la solidità delle tesi di Clarke, con cui qualsiasi studioso del fenomeno dovrebbe confrontarsi. Uno studio sugli stadi che a più ampio spettro è anche uno studio della “devianza” in genere e dell’approccio malato di una società che, paradossalmente, con la sua stessa isteria ha alimentato l’esistenza delle streghe a cui dava la caccia.

La devianza è alimentata attraverso la reazione della società nei confronti di un atto considerato deviante”.

Un “must have”, come direbbero appunto gli inglesi, per appassionati e ricercatori delle sottoculture da stadio. Una lettura comunque non insormontabile alla luce delle sole 110 pagine di cui consiste, ma che resta forse preclusa a chi non ama la letteratura “scientifica” dell’argomento.

Per chi volesse acquistarlo, il libro è ancora disponibile sul sito dell’editore, Derive Approdi, al costo di 9,35 €, oppure potete chiederlo al vostro libraio di fiducia con il codice EAN di riferimento che è 9788865482599.

Matteo Falcone