Sono passati 3 anni e pochi mesi da quel 19 Settembre 2019, ultima partita della Lazio in Romania, sempre contro il CFR Cluj, ma anche ultima volta in cui mi sono prodigato nello scrivere un articolo per Sport People.

Quando in quell’occasione scrissi l’ultimo tristissimo quadro sul movimento calcistico rumeno, vi era sì un campionato oramai alla deriva e una nazionale maggiore che prendeva sberle dappertutto. Ma allo stesso tempo, tre mesi prima, la rappresentativa Under 21 si era resa protagonista di un ottimo campionato europeo di categoria, che lasciava ben sperare (anche se non tutti) per le generazioni a venire.

Si era creata un’alchimia importantissima in quell’estate, per la prima volta vidi la Romania compatta dietro al movimento calcistico. Sensazioni e abitudini per noi italiani normali, ma non così comuni al di fuori dei nostri confini. Probabilmente la nostra passione e la nostra cultura calcistica hanno eguali solo Oltremanica. D’altronde, tale Winston Churchill ottant’anni fa ci aveva già visto lungo quando pronunciò la celebre frase sugli italiani, le guerre e le partite di calcio.

Quella nazionale Under 21 fu seguita in quell’estate, aiutata sicuramente dall’importantissima comunità rumena in Italia, da migliaia di persone, si dice addirittura (non mi azzardo a confermare) che nella semifinale persa con la Germania fossero 15mila i rumeni presenti al Dall’Ara di Bologna.

Gli eroi di quel torneo furono accolti in patria al loro ritorno con gli onori di chi aveva compiuto un’impresa sportiva e in tanti, me compreso, speravano in quella generazione, non solo per dei futuri successi, ma anche per riavvicinare il popolo rumeno a uno sport, che purtroppo è stato totalmente violentato da queste parti, tanto da far disinnamorare totalmente la gente.

Dopo tre anni invece, mi tocca dire che anche quella nazionale fu il più classico dei fuochi di paglia, e purtroppo, chi più chi meno, nessuno ha rispettato le promesse dell’epoca. Il promettentissimo Ionuț Radu è fra tutti quello arrivato più in su, e non ha di certo lasciato un’impronta positiva finora: chiedere ai tifosi interisti in caso di ulteriori dubbi. Gli altri che meriterebbero più di una citazione sono gli “italiani” Pușcaș e Man, oramai nelle sabbie mobili della Serie B da diversi anni, oppure il purtroppo pompatissimo (non per colpa sua) Ianis Hagi, su cui purtroppo sono state riposte troppe attese a causa del suo pesantissimo cognome. Il figlio del “Re” gioca attualmente ai Rangers, ma è oramai sparito dai radar da più di un anno a causa di un infortunio, probabile prologo di una carriera che purtroppo deluderà le attese. Nonostante gli àuguri con tutto il cuore di smentirmi.

In un contesto del genere credo che nemmeno abbia senso ricordavi (oppure farvi venire a conoscenza) di quanto sia mediocre il massimo campionato rumeno, che tra l’altro da qualche mese ha perso anche una delle sue storiche partecipanti, ovvero la Dinamo Bucarest. 

Ebbene sono riusciti ad uccidere una delle maggiori realtà del calcio rumeno, una società che in nemmeno 80 anni di esistenza ha portato a casa ben 18 titoli nazionali e che ha addirittura raggiunto nel 1984 le semifinali di Coppa dei Campioni. La Dinamo è stata uccisa lentamente, anzi, ancora non le è stato nemmeno sferrato il colpo di grazia, bensì la si è lasciata in coma in seconda serie, piena di debiti e lontana dallo stadio di casa (ci sarebbe da scrivere un articolo a parte su questo), cambiando addirittura tre strutture in questa stagione, in nemmeno venti giornate totali di campionato. 

Scusate il mio solito lungo preambolo, anzi, sarebbe il caso di chiamarlo pippone, ma penso sia utile ogni tre anni contestualizzare la provenienza del CFR Cluj, oramai conosciuto da tutta Europa semplicemente come il Cluj.

Sì, perché il CFR, tramite i suoi successi a livello nazionale, che lo hanno portato a confrontarsi con club europei di prestigio, ha oramai legato il suo nome a quello della sua città. Nonostante, e l’ho scritto innumerevoli volte, andrebbe detto che la squadra più tifata rimane l’Universitatea Cluj, un dato oggettivo e solare.

Ho sempre considerato il CFR una squadra di quartiere a Cluj, una di quelle squadre con uno zoccolo duro abbastanza ristretto, che ha registrato diversi sold out nel corso degli anni solo grazie all’ospite di turno, piuttosto che per il sostegno ai locali. Insomma, non dobbiamo nasconderci dietro un dito, la gente veniva a vedere il Manchester United o la Steaua, piuttosto che a tifare il CFR. Lo dimostra il fatto che quando la Fiorentina qualche annetto fa giocò contro il Pandurii alla Cluj Arena, vi erano gli stessi spettatori che solitamente frequentavano nelle grandi occasioni il Radulescu di Cluj, ovvero la casa del CFR.

Ma in un paese dove la passione calcistica non bolle, in cui non sei educato fin da bambino a cosa tifare, quei 15 anni di successi che hanno portato 8 titoli nazionali e qualche comparsa sui grandi palcoscenici europei, in un periodo in cui la squadra più tifata della città alternava campionati troppo opachi in prima serie a 8 anni consecutivi nelle serie minori, come in un qualsiasi contesto capitalistico, ti portano a conquistare sempre più “quote”, e così lo zoccolo duro del CFR Cluj è arrivato a crescere esponenzialmente.

Tanti bambini cresciuti a Cluj durante gli anni dei primi successi del club allora guidato da Pászkány sono diventati grandi e sono finiti in curva. Così come a mio avviso tantissimi ragazzi arrivati da fuori Cluj negli ultimi 10 anni, hanno scelto di seguire la squadra che militava in prima serie piuttosto che quella che giocava in quarta, terza o seconda serie. È un discorso che ci sta e ha una sua logica.

Dopo diversi anni nello scorso Ottobre ho varcato per la prima volta la soglia di uno stadio rumeno per il derby fra l’Universitatea e il CFR che mancava da oramai 8 anni. Non volevo farlo, ma vedere tanta febbre intorno a me, così come non si respirava da tempo, mi ha portato alla Cluj Arena senza tantissime aspettative. 

Eppure non appena entrato, ho avuto una sorta di shock nel vedere il settore ospiti totalmente GREMITO. I sostenitori dei ferroviari si sono presentati in 1.500 unità, ma soprattutto molto colorati, con striscioni molto taglienti contro i dirimpettai e soprattutto con un’ottima prestazione vocale. 

Per noi italiani tutto ciò in una stracittadina è normalissimo. Eppure signori, l’unico derby da me visto in casa dell’Universitatea in 10 anni, fu quello della semifinale di Coppa di Romania del 2015, e nel settore ospiti vi erano 100 persone abbastanza timide e una pezza. Dunque potete ora capire il motivo del mio shock all’entrata nello stadio.

Insomma, è chiaro che il CFR non è più la semplice squadra di quartiere, ma una realtà con uno zoccolo duro ben più grosso rispetto ad alcuni anni fa. Nonostante ciò, scrivo questo articolo dopo essere stato presente anche al derby di ritorno giocato al Radulescu e non me ne voglia nessuno, ma la supremazia cittadina dell’Universitatea è ancora plateale, anche da un punto di vista “ultras”. Sia per una questione numerica (penso che il rapporto rimanga 5 a 1), sia probabilmente per un discorso di tradizione ed esperienza. I sostenitori dell’Universitatea sono stati veramente un piacere agli occhi nel derby di ritorno, nonostante dopo la prima ripresa la loro squadra fosse già sotto di 3 gol. 

Ma arriviamo dunque alla nostra partita di Conference League, in cui il CFR ha ospitato la Lazio. Lo stadio ha registrato il tutto esaurito anche perché, a differenza di 3 anni fa, la società ha ben pensato di mettere i biglietti a prezzi normali e non assurdi come successe all’epoca. Tre anni fa lo stadio infatti si presentò vuoto, circa 7mila spettatori di cui pochissimi ospiti, soprattutto quelli giunti da Roma. Ma era appunto un periodo storico molto particolare per la curva laziale.

Questa volta i laziali sono arrivati in circa 500 unità, un buon numero a mio avviso, soprattutto se si considera che nel periodo di Febbraio le trasferte di Europa e Conference League non sono semplici. In caso di passaggio del turno sono due viaggi in un lasso di tempo abbastanza breve e spesso e volentieri in paesi non facilmente raggiungibili. Di solito inoltre, la Lazio nelle trasferte nell’est Europa è seguita da tanti simpatizzanti stranieri, mentre questa volta posso affermare senza paura di essere smentito che il 90% dei presenti proveniva dall’Italia. Mi ha fatto piacere vedere tanta gente non più giovanissima nel settore ospiti, mentre il settore caldo aveva chiaramente un’età media molto più bassa, dimostrata chiaramente quando negli ultimi 20 minuti buona parte del settore è rimasta a torso nudo e la temperatura era di 0 gradi. Una buona prestazione quella degli ospiti, senza infamia né lode. Ci sta, per una partita probabilmente non attesa con tanto entusiasmo.

Per quanto riguarda i locali credo si sia fatta sentire la presenza di tanti occasionali, i quali magari aiutano da un punto di vista visivo, ma poi non contribuiscono in maniera decisiva al tifo. Magari l’entusiasmo iniziale ha dato una spinta in più, ma in seguito l’interesse per la partita (seppur mai in bilico) ha avuto la meglio sulla prestazione vocale. Sono sicuramente migliorati tantissimo negli ultimi anni.

In campo, una partita a reti inviolate, non bruttissima, ha mandato avanti la Lazio agli ottavi di Conference League, dove è stata in seguito estromessa dagli olandesi dell’AZ Alkmaar.

Testo di Alessandro Piccioni
Foto di Mihai Medan