Il treno corre lento sui binari della direttissima Roma-Napoli. Dopo Latina si svuota lasciandomi praticamente solo con le cuffie e il mio cellulare in versione radio a tutto volume. È una di quelle giornate in cui avrei persino voglia di isolarmi ed in cui solo il calcio e gli ultras, assieme a poche altre cose, possono regalarmi un paio d’ore di spensieratezza.

Giocandosi in notturna opto per una combinazione da vero “zingarone”: andata in treno e ritorno con Blablacar. Appuntamento alle 23,40 a Piazza Garibaldi, ma quello è un altro capitolo su cui mi soffermerò nel finale. Arrivo a Napoli Centrale alle 19:18, un orario perfetto giocandosi la gara alle 21. Per raggiungere il San Paolo è “sufficiente” prendere l’affollatissima metropolitana e scendere nella storica stazione di Campi Flegrei. Quando si parla di tifo e calcio in generale non si può non collegare questo scalo ferroviario alla storia della società partenopea, almeno da quando gioca a Fuorigrotta. Un tempo, quando pallone era sinonimo di libertà e spensieratezza, da queste parti venivano fatte scendere le tifoserie ospiti. Certo, negare che vi si siano svolte vere e proprie guerriglie sarebbe mentire (vedi Napoli-Roma del 2001), ma è vero anche che oggigiorno, con le accortezze che quando vogliono le questure sanno usare, tutto ciò sarebbe impensabile. Ma ci sono i divieti e le tessere. Quindi parliamo sostanzialmente di aria fritta.

È il Genoa a sbarcare in Campania stasera. Ciò vuol dire rinsaldare uno storico gemellaggio che ormai esiste dal 1982. Era il 16 maggio di quell’anno infatti, quando al San Paolo gli azzurri ospitavano il Grifone che si giocava la salvezza con il Milan ed a cui serviva un pareggio. Il pubblico di casa, in ostilità con quello meneghino, si schierò al fianco della squadra allenata da Simoni che, all’82’, trovò il definitivo 2-2 con Faccenda, centrando la salvezza e condannando il Milan alla seconda retrocessione della sua storia. Da lì in poi ben 33 anni di amicizia suggellata dai consueti scambi di sciarpe e giri di campo con striscioni e bandieroni. Scene che forse oggi non vedremo mai più a causa delle restrizioni poliziesche in voga negli stadi, ma che fino a poco tempo fa erano la consuetudine.

Avvicinandomi allo stadio intravedo diversi tifosi ospiti ciondolare senza problemi in mezzo a quelli napoletani. Mentre sciarpe azzurre e rossoblu si mischiano, io lentamente faccio il giro del San Paolo per ritirare l’accredito. Maledico all’infinito i geni che hanno deciso di chiudere il corridoio che dai Distinti permetteva velocemente di raggiungere la Curva B, costringendomi a circumnavigare una serie di palazzi allungando inverosimilmente il mio percorso. Anche se mi muovo con una certa celerità non posso far a meno di darmi un’occhiata intorno. Sono stato svariate volte qua, anche nel passato recente. E mi affascina sempre sentire l’odore di questi vecchi e storici tempi del calcio italiano. San Siro, Olimpico, San Paolo, Marassi. Ringrazio sempre di averne vissuto anche una piccola razione della loro versione reale e non quella surrogata dei giorni d’oggi.

Che i napoletani vivano il calcio con passione spropositata non lo scopro di certo io. Mi sono bastate due tre cose stasera per convincermene ancor più. Dalle tribune che offrono un buon colpo d’occhio già un’ora e mezza prima (vera rarità nella Serie A moderna) al silenzio vero di tutti (ultras compresi) al momento del rigore di Higuain che ha regalato il successo alla squadra di Benitez. Quando manca mezz’ora al fischio d’inizio le due curve srotolano i propri striscioni: Al di la del risultato in B e Curva A Napoli nell’omonimo settore. Sul fronte genoano sono circa 150 i tifosi che occupano il settore ospiti e si posizionano come di consueto nell’anello inferiore tenendo a mano lo striscione Via Armenia 5/r.

Il clima comincia a scaldarsi qualche minuto prima che le squadre facciano il loro ingresso in campo, con gli ultras partenopei che si esibiscono in manate stilisticamente perfette. Da sottolineare, in Curva B, un paio di torce accese dai Fedayn mentre eseguono il loro storico inno “Renato Curcio fu ferito, fu ferito ad una gamba, Renato Curcio che comanda, che comanda i Fedayn! Fe-Fe-Fedayn”. Se a partita iniziata mi pongo qualche domanda sulla scarsa pirotecnica utilizzata vengo immediatamente smentito. Dal 5’ in poi, infatti, sarà un susseguirsi di torce e fumogeni accesi dalle due curve. Sempre un bello spettacolo. Certo, sono lontani gli anni in cui il bagliore di questi oggetti finiva sulla pista d’atletica dando una vera e propria sensazione di incendio. Oggi, giustamente, i ragazzi delle curve stanno molto più attenti onde evitare di regalare diffide oltre che rischiare marziali chiusure dei settori.

Il fatto che gli azzurri (oggi in un’inspiegabile tenuta blu notte) trovino quasi subito il vantaggio con Higuain, galvanizza l’ambiente e mi dà l’opportunità di assistere a una bella prestazione di tifo. Cori secchi, a rispondere e tenuti a lungo. C’è un po’ tutto nella serata del San Paolo, compresa la bella esultanza sul gol vittoria siglato ancora dal Pipita nel finale. Dalla mia posizione non è molto facile dare un giudizio complessivo sui genoani, sentirli è quasi impossibile visto il settore ovattato in cui sono relegati. Tuttavia li vedo sempre in movimento, accendono una torcia al gol del pari e offrono una bella sciarpata nel finale.

Al triplice fischio del direttore di gara devo sbrigarmi a raggiungere la stazione. Mi incuneo tra la folla caotica che si riversa nelle strade e, non con poca fatica, riesco a raggiungere e prendere la metropolitana. Il ritorno sarà un po’ movimentato. Il tizio di Blablacar infatti arriva con mezz’ora abbondante di ritardo. Sì tratta di un autotrasportatore. Per farvi capire le mie sensazioni durante le due ore di viaggio vi basti sapere che per tutta la durata dello stesso, il “fido” conducente non farà altro che maneggiare il cellulare guardando sporadicamente la strada. Ciò fa si che il nostro mezzo oscilli continuamente da destra a sinistra in piena Autostrada del Sole. Avrei sonno, ma dato che la strizza è tanta, guardo in continuazione i cartelli che segnano la distanza da Roma. Una volta giunti all’Anagnina vorrei baciare terra e ringraziare la buona stella che mi ha assistito ed aiutato a ritornare a casa.

Testo di Simone Meloni.
Foto di Raffaele Floris.