Avevo lasciato la Fiorentina sconfitta e amareggiata sul manto verde dell’Eden Aréna di Praga. La finale di Conference era appena scivolata dalle mani viola, prendendo la direzione di Londra e tramortendo la masnada di supporter gigliati che avevano raggiunto la Repubblica Ceca. Probabilmente in pochi credevano fosse possibile, a pochi mesi di distanza, tornare a calcare lo stesso palcoscenico europeo. Per di più grazie all’esclusione dalle coppe perpetrata dalla Uefa nei confronti della Juventus. E invece ecco nuovamente squadra e tifoseria toscana alle prese con la terza kermesse continentale, con malcelata voglia di vendicare la passata edizione. Ma per farlo c’è bisogno di superare il preliminare, che mette la squadra di Italiano di fronte a un insidioso Rapid Vienna. Sebbene la differenza tecnica tra i due club sia conclamata, il divario nella preparazione rischia di giocare brutti scherzi a questo punto della stagione e l’andata – terminata 1-0 per gli austriaci – rappresenta un campanello d’allarme da non sottovalutare.

Ma a prescindere dall’aspetto calcistico, quella di oggi è una sfida molto interessante e ricca di spunti soprattutto dal punto di vista ultras. Dopo i disordini occorsi a Basilea lo scorso anno, a margine della semifinale, ai fiorentini era stata vietata la trasferta nella gara di andata, rendendo così la stessa monca di una parte fondamentale. Ciononostante gli ultras del Rapid hanno sin da subito lanciato chiari messaggi provocatori, esponendo un telone con la gigantesca scritta Gruppo Anti Viola (che ricalca una vecchia sciarpa degli ultras juventini degli anni ’90 e che viene normalmente utilizzato contro i rivali cittadini) e facendo rimbombare diversi cori ingiuriosi nei confronti degli avversari. Un’antipatia figlia – più che delle amicizie con veneziani e parmigiani – del colore della Fiorentina. Sulla sponda rapidista del Danubio, infatti, tutto ciò che è viola non viene tollerato e, di conseguenza, odiato. Mio pensiero personale e quindi opinabile: da italiano non riesco molto a comprendere la creazione di una rivalità solo ed esclusivamente su una base cromatica, anche perché se funzionasse così da noi davvero non avremmo un minimo di pace. Ma comprendo anche che parliamo di due Paesi dalla cultura differente, con il nostro che da sempre fa del campanilismo e della contesa storica un motivo di acredine persino tra comuni divisi da un fiume o da una manciata di metri e che quindi trova allo stadio il naturale sfogo per questo genere di antagonismo. Ci sono poi, chiaramente, rivalità che si creano esclusivamente per dinamiche ultras, con “incontri” che le generano (mi viene in mente quella tra tarantini e cavesi, ad esempio) e generazioni che le portano avanti. Difficile, comunque, che dietro ci siano semplicemente dei colori invisi. Tuttavia ciò mette sicuramente un pizzico di pepe in più alla sfida, cosa che non fa mai male. E comunque “Paese che vai, usanza che trovi”.

Per gli ultras viennesi la trasferta è sicuramente di quelle storiche. Oltre a mancare dall’Italia da quattro anni (l’ultima volta fu contro l’Inter in Europa League) è innegabile che per loro il nostro Paese rappresenti da sempre un punto di riferimento. Parliamo di una delle tifoserie più vecchie d’Austria e, in generale, del mondo germanofono, che ormai da anni annovera importanti rapporti con alcune nostre curve e che in tutto e per tutto ha basato il proprio modus vivendi sullo stile italiano. Di loro ho un ottimo ricordo legato a un’amichevole contro la Roma di ben undici anni fa. Era il luglio del 2012 e nel vecchio e bellissimo stadio Gerhard Hanappi la curva di casa diede veramente spettacolo, con una prova di tifo maiuscola e la partecipazione di tutti i presenti. Un ricordo che conservo abbastanza lucidamente, tanto mi colpì all’epoca la portata della loro performance.

I biglietti venduti per il settore ospiti sono 1.700 (francamente mi aspettavo qualcosa in più) mentre il pubblico di casa ha risposto inizialmente in maniera tiepida, finendo per accelerare la prevendita a ridosso nel match e chiudendo il dato ufficiale a 25.197 paganti. Si tratta del resto di un match fondamentale per la stagione della Viola e la sconfitta patita all’andata può essere sovvertita anche con la spinta del pubblico.

Benché per i supporter austriaci sia stata allestita una fan zone in Piazza Indipendenza, lo zoccolo duro del tifo organizzato preferisce ritrovarsi nella centralissima e sempre magnifica Piazza della Signoria, dopo che gli Ultras Rapid si sono concessi una foto ricordo su Ponte Vecchio con tanto di striscione. Un gesto che penso non vada neanche visto come provocatorio, considerato il presidio di polizia e forze dell’ordine che blinda una delle zone più turistiche d’Italia, semmai una dimostrazione d’orgoglio per essere approdati in una delle piazze storiche del nostro calcio (nonché del nostro patrimonio artistico). Intorno alle 16:30 tutti i presenti si uniscono in una sorta di corteo, partendo alla volta della fan zone da cui prenderanno gli autobus per il Franchi. Durante la “camminata” per il centro di Firenze vengono scanditi diversi cori per il Rapid e contro i viola. Mentre più di qualcuno sembra non gradire la presenza di turisti e curiosi intenti a riprendere il tutto con gli smartphone e, in maniera molto scenica, mostra il proprio disappunto. Quando sono le 17:30 il grosso del contingente viennese sale sui bus che si incamminano scortati da diverse pattuglie della polizia verso lo stadio. A questo punto non mi resta che prendere la stessa direzione, anche se invece di optare per il mezzo pubblico mi concedo una bella camminata.

Quando mancano poco meno di due ore al fischio d’inizio, attorno al Franchi già brulica diversa gente. La Fiesole presidia il territorio, memore anche del preliminare con il Twente dello scorso anno quando, sotto una pioggia battente, non mancò il contatto con i tifosi olandesi. Diciamo che stasera, tutto sommato, la situazione rimarrà tranquilla. Malgrado qualche sprovveduto “normale tifoso” austriaco abbia la sciagurata idea di passare con i propri colori nei pressi del cuore del tifo gigliato – venendo prontamente rimandato nel suo settore – e qualcun altro provi in modo velatamente provocatorio a sfilare non lontano dalla Tribuna Coperta, trovando pane per i suoi denti, non si registra nulla di veramente significativo sotto il profilo dell’ordine pubblico.

Decido di entrare quando mancano una quarantina di minuti al fischio d’inizio. Gli striscioni sono già appesi nelle due curve. Con la Fiesole che tuttavia ancora si deve riempire, mentre il settore ospiti è già quasi al completo e dove, oltre alle classiche insegne degli ultras rapidisti, spiccano i vessilli dei gemellati di Venezia e Norimberga. Si percepisce che per loro la serata è di quelle importanti e scaldano i motori con imponenti battimani e cori che praticamente non si fermano durante tutto il pre partita, facendo già bella mostra di stendardi e bandiere (tra cui primeggiano il bandierone Gruppo Anti Viola e il due aste Viola Merda). Lentamente va riempiendosi anche il feudo degli ultras gigliati e subito cominciano i primi cori da parte austriaca, a cui i padroni di casa rispondono con un secco “Vi picchiamo quando vogliamo”, insultando prima i veneziani e poi direttamente i viennesi. Almeno per quanto riguarda l’antipatia reciproca ci siamo, una volta tanto non dovrò assistere a un confronto dove vige l’indifferenza tra le due fazioni.

Capitolo tifo: sulla prestazione degli ospiti poco da dire. All’ingresso in campo delle squadre sfoderano una coreografia semplice ma bene fatta, con bandierine recanti i colori sociali dapprima tenute in mano e mo di cartoncini e poi sventolate. Durante il match, oltre al bellissimo sventolio di bandiere e bandieroni, si concedono una sorta di coreografia (forse rivedibile) fatta da striscioni verticali bianco, verdi, blu e rossi. Nella ripresa altra coreografia con bandierine, al minuto 75 bellissima torciata che, come da consuetudine, celebra il Rapidviertelstunde (antica tradizione del club che consiste nel battere le mani all’inizio degli ultimi quindici minuti di gioco, per incitare la squadra a lottare fino alla fine, indipendentemente dal punteggio; spesso è utilizzata dagli ultras per fare sfoggio di torce e fumogeni) e nel finale, a sconfitta ormai sancita, sciarpata che esalta comunque l’orgoglio dei presenti e suggella una prestazione davvero maiuscola.

In tutto ciò, ovviamente, anche l’aspetto canoro è superlativo, sebbene debba dire che non resto mai totalmente convinto dalle tifoserie germanofone a causa della loro monotonia nei cori. Altra considerazione, pure qui personale e quindi assai opinabile, è sulla meccanicità con cui queste tifoserie si approcciano allo stadio. Ho osservato attentamente le movenze per tutti i 90′ e sono rimasto alquanto sbalordito dalla precisione con cui si alzavano le bandiere, si accendevano le torce o con cui i ragazzi erano intenti a togliere di mezzo il materiale nel momento in cui serviva e far sì che, in generale, tutto filasse liscio e senza alcuna sbavatura o pecca. Ecco, per quanto qua si ricada nel gusto personale, ammetto che questa “perfezione” un po’ mi inquieta. Essendo nato e cresciuto negli stadi italiani, preferisco la spontaneità (tuttavia pur sempre organizzata e gestita dai vari direttivi) che si respira nei nostri settori dove – al netto della cieca e forte repressione – difficilmente c’è una linea totalmente comune su cosa e quando sventolare una bandiera ad esempio. Ma qua parliamo proprio della differente indole dei due popoli: precisi e schematici loro, disordinati e più “anarchici” noi sotto alcuni aspetti. Ma ripeto, questa non è una critica ma una constatazione personale.

Un elogio particolare invece lo voglio fare all’utilizzo smisurato della pirotecnica, aspetto in cui le tifoserie di quest’area linguistica-geografica si dimostrano ormai maestre. Sottolineando come neanche per loro sia una passeggiata far passare questo materiale in Italia (a fine serata si conteranno alcuni identificati perché trovati in possesso di artifizi pirotecnici) e come, tuttavia, sia più “facile” farlo una tantum anziché ogni domenica (soprattutto per chi è per forza di cose a contatto con la Questura del luogo) mi piace appurare come abbiano messo questa “battaglia” in cima alla propria lista di priorità. E sì, so bene che da loro è ovviamente più “tollerato” – anche perché difficilmente se ne fa utilizzo sprovveduto, su tutti il lancio sul terreno di gioco – ma è pur vero che quando è la massa a spingere per preservare un proprio tratto identitario, qualcosa in generale si ottiene sempre.

Per quanto riguarda la Fiesole, invece, la prestazione si attesta su ottimi livelli. Va ricordato – quando spesso giustamente incensiamo le curve straniere perché tifano meglio di noi – che impianti come il Franchi sono davvero scomodi e dispersivi per tifare. Questo lo dico perché so che c’è chi si sofferma solo a misurare i decibel uditi fra andata e ritorno, senza valutare il resto del contesto, compreso quello architettonico. Dopo la classica sciarpata di inizio partita gli ultras gigliati si producono in una performance continua, colorata e con bei picchi che nel finale, quando la Fiorentina prima sblocca il risultato e poi cerca a tutti i costi il gol qualificazione, riescono a coinvolgere anche altri settori del Franchi. Sebbene da questa parte dello stadio non ci siano vere e proprie torciate, di tanto in tanto la luce rossa della pirotecnica fa capolino, cautamente lasciata in terra. La serata è suggellata dal rigore di Gonzalez al 90′, che consegna ai padroni di casa il lasciapassare per i girone di Conference e sbatte malamente fuori dall’Europa i dirimpettai. Grande festa della Fiesole che rimane a ringraziare la propria squadra, esibendosi nella seconda sciarpata della serata.

C’è delusione tra le file rapidiste, ma anche grande orgoglio per una serata contraddistinta dal grande tifo fatto e dall’aver ancora una volta confermato la validità di una tifoseria che vanta ormai oltre trentacinque anni di militanza. Le ultime voci dello stadio sono quelle delle schermaglie fra curve, che confermano e sottolineano la poca simpatia reciproca maturata al termine di questi due incontri. Lo zoccolo duro degli ultras toscani rimane al centro della Curva anche per ricordare i diffidati e far partire qualche coro goliardico all’indirizzo degli avversari.

Per me, invece, c’è tutto il tempo per prendermela comoda. Il mio Flixbus per Roma non partirà prima delle due di notte (ma ovviamente farà quasi un’ora di ritardo). Mi concedo un giro per la Firenze by night, ormai spoglia di turisti e nuda solo di fronte a quei pochi che ancora hanno intenzione e voglia di ammirarne le bellezze. Una giornata ricca di spunti e riflessioni è alle mie spalle, avrò tempo per parlarne e scriverne. Mi lascio andare tra le braccia di Morfeo per qualche ora, giusto il tempo di raggiungere la Stazione Tiburtina e godere del primo sole mattutino della Capitale. Parecchia gente è tornata dalle ferie ed è intenta ad andare a lavorare. Prendo al volo il primo autobus utile e sorrido nel veder litigare due passeggeri per qualche insulso motivo. In fondo è il segnale che sono effettivamente tornato a casa!

Testo Simone Meloni
Foto Josef Gruber