Sebbene abbia già attraversato diversi paesi per assistere ad una partita di calcio, ne trovo sempre di nuovi in cui, non essendoci mai stato, conosco poco del calcio e delle sue tifoserie. Un esempio è l’Ungheria, sebbene non sia troppo lontana o difficile da raggiungere. I motivi di questa mia mancanza sono molteplici: il campionato non è cosi famoso, gli stadi storici sono stati quasi tutti demoliti e sostituiti da moderne arene senza storia o tradizione, asettici come se ne possono trovare ovunque in Europa. Hanno inoltre giocato un effetto altamente deterrente le varie e rigorose misure di sicurezza attuate in loco, dall’obbligo di sottoscrivere il corrispettivo locale della tessera di tifoso valido per tutte le partite o, nel caso del Ferencvaros, con la folle aggravante dei tornelli con riconoscimento biometrico in cui è necessaria la scannerizzazione delle impronte digitali per attivarli. Dopo tante resistenze, il grande derby di Budapest, quello che si gioca fra la squadra di maggior successo del paese, il Ferencvaros, e i rivali storici dell’Újpest, da sempre garanzia di spettacolo per quanto concerne le due tifoserie, mi convince finalmente a salire su un treno notturno diretto ad Est. Fosse anche solo per vedere, capire come il movimento del tifo organizzato locale sia sopravvissuto a queste stagioni di forte repressione.

Per non giudicare il calcio di questo paese solo sulla scorta della partita più importante, decido inizialmente di assistere almeno ad una seconda partita a Budapest, ma solo pochi giorni prima della mia partenza vengo informato che la partita da me scelta, quella fra Honved e Kisvarda, sarà giocata a porte chiuse, penalizzazione a carico di tutto il pubblico, senza distinzioni fra colpevoli ed estranei e compreso anche il tifo di parte avversa, a causa di cori razzisti nel turno precedente. Alla fine, davanti all’illogicità dal punto di vista economico, nella vuota cattedrale vengono ammessi solo bambini.

Arrivo a Budapest domenica mattina verso le nove. Dopo aver lasciato il mio bagaglio in albergo posso fare un primo giro nel centro storico della capitale ungherese. Ovviamente passo in rassegna i monumenti più famosi, come il Palazzo del Parlamento, il Ponte delle Catene sul Danubio, il Castello di Buda e la Cattedrale di Santo Stefano. Il tempo è bello ma freddo, le strade sono pulite e ho la sensazione che i tanti turisti arrivino quasi tutti dall’Italia. Mentre mi dirigo nuovamente verso l’albergo mi rendo conto di non aver visto un singolo tifoso in centro, né un qualsiasi altro cenno che da lì a poche ore si giocherà la partita più importante del paese…

Rientrato in albergo, dopo aver recuperato tutto il necessario, raggiungo in autobus lo stadio del Ferencvaros, situato appena a sud del centro cittadino. Nei dintorni dell’impianto finalmente si possono vedere i primi tifosi biancoverdi ma anche tanti poliziotti, che tuttavia sono collocati in maniera più o meno discreta, senza inutile e controproducente sfoggio di forza. Lo stadio di per sé è un modello standard anni 2010, situato nel mezzo di una zona commerciale e in cui, più o meno, vi si possono riconoscere elementi architettonici che personalmente ho già visto a Monaco di Baviera (Allianz Arena) o Stoccolma (Tele2-Arena). Solo alla seconda e più approfondita occhiata riesco a cogliere i dettagli che mostrano lo spirito e l’attitudine più tipicamente calcistica dello stadio. L’Aquila in ferro, il “meeting point“ dietro la curva, e molto più emozionante o popolare, se vogliamo, le foto della Curva raffiguranti svariate coreografie e torciate, collocate su dei tazebao dietro lo stadio…

Sistemate finalmente le lungaggini per l’accredito guadagno l’ingresso. Anche all’interno posso riconoscere elementi visti altrove e che mi fanno pensare fortemente al “Weststadion” del Rapid Vienna. Questa sensazione è ulteriormente accentuata dal fatto che le tifoserie di Ferencvaros e Rapid sono gemellate da tanti anni. I due stadi hanno quasi lo stesso numero di sedili verdi, anche la curva di casa (il B-közép, il “settore B“) e il settore ospiti sono sistemati in maniera molto simile. Ultimo ma non meno importante: le due curve sono colorate proprio come al derby di Vienna, quella di casa generalmente in biancoverde, il settore ospiti in viola.

Il parallelismo di uguaglianza trova il suo climax quando le due squadre entrano in campo: il B-közép allestisce infatti una coreografia con cartoncini che mostrano proprio i colori sociali del Rapid (biancoverde come i locali ma con in più una striscia in rossoblu, i colori originari della società viennese all’atto della sua fondazione) e dopo qualche minuto appare nella parte centrale la replica gigante di una sciarpe del gemellagio “Tornados – Green Monsters” (a Vienna l’amicizia con la tifoseria dei “Fradi” è sentita dall’intera Curva, tuttavia i Tornados ne sono il gruppo maggiore e oggi ne arrivano in quasi una quarantina), il tutto poi accentuato da tre fontane pirotecniche. Stessi colori, stessa qualità d’esecuzione come nel “Block West” del Rapid, indicativo della simbiosi e dell’affiatamente fra queste due realtà. In contemporanea, nel settore ospiti tante torce bianche e qualche fumogeno contribuiscono ad alzare il livello del colore e della contesa.

In campo, le due squadre sono il più delle volte in equilibrio, sempre incoraggiate dalle rispettive tifoserie. Il primo gol, un autogol da parte di un difensore dell’Újpest proprio davanti il B-közép, è festeggiato da una torciata molto suggestiva.

Quando le squadre rientranno il campo dopo il canonico thé, la curva di casa realizza una seconda coreografia anche questa volta con riferimento al gemellaggio con il Rapid: stavolta davanti al settore viene esposta una replica di una sciarpa del gruppo Monsters. Si tratta nello specifico del pezzo originale già adoperato nella coreografia per festeggiare il 25esimo anniversario del gruppo Tornados. Le celebrazioni per questo giubileo, che ricorreva in realtà nel 2021, sono state posticipate a causa della pandemia e in occasione di Rapid-Sturm Graz del 24/04/2022 sono state riprodotte in una coreografia tutte le sciarpe storiche dei Tornados incorniciate da quelle degli amici Boys Parma e appunto Green Monsters. Quest’ultimo pezzo di quella coreografia fu quindi regalato agli amici ungheresi dopo la partita e utilizzato quest’oggi. Una bella torciata con torce rosse e verdi sopra la gigantografia della sciarpa aggiunge, se ce ne fosse stato bisogno, ancora altro colore. Altro bel dettaglio durante questa coreografia: opposto alla curva, nel settore “Green kids” riservato ai bambini vengono accese tre torce, sotto la supervisione dei Vigili del fuoco. Visto da fuori, un esempio di buona educazione per i giovani tifosi…

Nel frattempo in campo le due squadre lottano aspramente per la vittoria in una partita avvincente. Il gol del pareggio è celebrato dall’ennesima torciata nel settore ospiti, ma alla fine sono i padroni di casa a festeggiare la vittoria per 3-1. Con le ultime torce la squadra si congeda e fa ritorno verso lo spogliatoio dopo aver ricevuto il meritato applauso sotto la propria curva.

Un mezz’ora dopo l’autobus mi porta via da questa splendida gara e di nuovo verso il centro città. Sotto le luci dei lampioni la città mi piace anche di più, nonostante la temperatura sotto lo zero cammino per le strade ancora per diverse ore. I turisti sono quasi tutti spariti e di nuovo non vedo tifosi in giro magari per festeggiare la vittoria. In merito all’ordine pubblico non c’è niente da riferire, in città e nei luoghi del mio passaggio non ho rilevato altro in tal senso.

Quando cala la notte, cammino lungo le rive del Danubio perdendomi nei miei pensieri ambivalenti. Sono consapevole di non sapere molto di calcio in Ungheria, nemmeno del mondo ultras locale. Ovviamente ho apprezzato molto le coreografie, le torciate, i battimani, i cori. Ho però come la sensazione che la maggior parte dei tifosi, da queste parte, debba nolente o volente fare i conti con le stringenti misure di sicurezza per entrare allo stadio. Non saprei che dire di fronte alle scelte del tifo ungherese e alle sue evoluzioni di fronte a tali limiti che per forza di cose ne ridisegnano i confini. Ricordo però le polemiche concernenti la tessera del tifoso in Italia e i diversi approcci delle tifoserie per affrontarla o eluderla. La soluzione unica probabilmente non esisterà mai, pur tuttavia il sapere e spesso il genio del mondo del tifo, hanno offerto e ancora offrono sempre nuove scappatoie e forme di resistenza alle forze che dall’esterno cercano di limitarlo. I miei pensieri insomma stanno già vagando e organizzando il prossimo viaggio alla scoperta di questa inesauribile fonte di ispirazioni e creatività che il tifo organizzato rappresenta…

Jürgen De Meester