Sono le cinque del mattino di una luminosa domenica d’aprile. Dopo aver assistito, poche ore prima, all’incontro Latina-Taranto, metto in moto l’auto per raggiungere la Puglia, dove torno a distanza di qualche mese dalla sfida Altamura-Andria.

La mia destinazione è lo stadio “Gustavo Ventura” di Bisceglie, che in giornata sarà teatro del sentitissimo derby Bisceglie-Molfetta. Si tratta di una partita importantissima: le due città distano appena 10 km, dopo diversi anni la trasferta sarà aperta agli ospiti e chi avrà ottenuto la vittoria sfiderà la squadra salentina dell’Ugento nella finalissima per la Serie D. Nonostante i gironi dell’Eccellenza pugliese siano due, solo una squadra potrà ottenere il pass per l’Interregionale. L’Ugento ha già acquisito l’accesso alla sfida decisiva avendo chiuso il girone B in testa alla classifica con più di otto punti di vantaggio sul Manduria, mentre nel raggruppamento A il Bisceglie ha sì tagliato il traguardo in prima posizione, ma con sette lunghezze di scarto sul Molfetta, per cui solo lo spareggio tra i due sodalizi adriatici potrà determinare la sfidante dei salentini.

Quando mi metto alla guida sono galvanizzato: non solo vedrò uno stadio nuovo e due tifoserie che non ho mai fotografo, ma visiterò una splendida città costiera, che immagino mi riserverà scorci magnifici. Il viaggio procede spedito: dopo aver attraversato il basso Lazio, il Sannio e l’Irpinia giungo a Candela, la prima uscita pugliese dell’A16. Superati i tornanti e le gallerie del tratto appenninico, il paesaggio muta completamente aspetto: davanti a me appare il Tavoliere, con il suo reticolo di campi coltivati, le sue masserie e le sue tranquille stradine di campagna. Vedo anche il Gargano e l’Adriatico e penso a tutti i navigatori che hanno solcato nei millenni le sue rotte: Micenei, Illiri, Greci, Romani, Bizantini, Ottomani, Veneziani e tanti altri popoli sono stati i protagonisti degli intensi traffici che hanno sempre connesso l’Italia con i Balcani.

Dopo quattro ore di viaggio arrivo allo svincolo di Trani e lascio l’A14: ora vedo, finalmente, le indicazioni per Bisceglie. La mia prima tappa è il Dolmen La Chianca, un imponente monumento megalitico dell’Età del Bronzo nascosto tra gli splendidi oliveti della campagna biscegliese. Si tratta di una camera funebre che si raggiunge attraversando affascinanti stradine rurali. Soddisfatta questa mia curiosità archeologica mi reco in città, dove compio un primo giretto intorno al “Ventura” prima di entrare nello splendido centro storico.

Bisceglie (53.000 abitanti circa) è una bellissima cittadina dal volto medievale, come si intuisce passeggiando nel labirinto dei suoi vicoli in pietra bianca. Poco si sa di questa località nell’antichità, mentre il quadro risulta molto più nitido e dettagliato a partire dall’XI secolo, quando Bisceglie emerge nelle fonti dopo che fu conquistata dai Normanni guidati da Roberto il Guiscardo. Pietro II la dotò di solide mura, poi al tempo degli Svevi fu costruito il bellissimo Castello. Sotto gli Angioni il centro pugliese conobbe un notevole sviluppo, culminato nell’edificazione della stupenda Cattedrale, che fu consacrata dal noto pontefice Bonifacio VIII. Tra il Medioevo e l’Età moderna Bisceglie fu feudo dei Del Balzo e poté vantare una discreta flotta, che commerciava anche con le città dell’altra sponda adriatica, come Zara e Spalato. La regina Giovanna II concesse agli abitanti di Bisceglie vari privilegi e immunità. Dopo la congiura dei Baroni (1486-87) il centro pugliese fu unito amministrativamente a Corato, con cui formò un ducato. La città conobbe una decadenza nel periodo spagnolo, per poi rinascere a partire dalla metà del XVIII secolo. Oggi Bisceglie è una realtà molto attiva, le cui fonti di reddito sono l’agricoltura (colture ortofrutticole e uva da tavola), il commercio, la lavorazione della pietra da costruzione e, ovviamente, il turismo balneare.

Passeggiando nel centro storico osservo, tra gli altri, monumenti bellissimi come le chiese di S. Margherita e di S. Adoeno, il Castello svevo, il palazzo Tupputi e la notevole Cattedrale. Il locale museo dedicato al Neolitico è purtroppo chiuso, per cui mi reco nell’incantevole porticciolo, dove ammiro i moli settecenteschi e assaggio varie prelibatezze del posto. Mi piacciono molto i centri storici della costa adriatica: mi fanno pensare ai pellegrini e ai crociati che qui si imbarcavano per la Terra Santa dopo la tappa nel santuario di San Michele Arcangelo, sul Gargano.

Trascorro molto tempo in questa zona, poi, quando manca un’oretta al calcio d’inizio, mi reco allo stadio. L’emozione è fortissima: sto per calpestare il manto verde di un impianto storico, inaugurato nel 1970, che fino a questa domenica ho visto solo in foto. Il “Ventura” è collocato tra le case e ha un aspetto affascinante, essendo una struttura vissuta, con molte partite alle spalle. Quando arrivo al botteghino noto tante persone pronte a riempire le gradinate e avverto la tipica adrenalina delle sfide in cui non si contrappongono solo due semplici squadre di calcio, ma due intere comunità: i campanili, insomma.

Dopo aver ritirato l’accredito sono finalmente nel cuore dello stadio. Scatto la prima foto alla scritta Bisceglie vecchia stella del Sud”, quindi punto l’obiettivo sui gradoni, cercando di cogliere ogni dettaglio architettonico. Il colpo d’occhio è notevole già nel riscaldamento. La gradinata è piena, come la tribuna. Il clima si surriscalda quando nel settore ospiti entrano gli ultras del Molfetta, cui sono stati destinati duecento tagliandi. I biancorossi effettuano una bella entrata compatta, varcando le soglie del “Ventura” tutti insieme. Il loro arrivo provoca i fischi del pubblico di fede nerazzurra, con cui inizia uno scambio di invettive e di gesti offensivi, che poi saranno replicati nel corso della gara.

I settori sono stracolmi di spettatori e all’ingresso delle squadre in campo i padroni di casa realizzano due coreografie. Nella tribuna laterale scoperta gli Ultras Bisceglie, accompagnati dai ragazzi di Cosenza (Anni Ottanta), di Lanciano (Lancianesi) e di Corato (Ultras Corato 1946), sventolano tantissime bandierine e accendono dei fumogeni. I loro bellissimi bandieroni e lo striscione “Sono due colori magici” costituiscono il contorno di questa splendida scenografia. Sul lato opposto la gradinata è gremita e al centro viene fatto scendere un magnifico telo con l’immagine della fenice, accompagnato dallo striscione “Come l’araba fenice, insieme, risorgiamo”. Nel settore ospiti i molfettesi si compattano benissimo dietro lo striscione “S.P.Q.M.”, sventolano tre bandieroni di ottima fattura e intonano cori secchi molto intensi. L’inizio della partita è stato da brividi e penso di aver scelto la partita giusta, una di quelle per le quali attraversare l’Italia dal Tirreno all’Adriatico è certamente un’ottima idea.

Durante la partita il tifo prodotto nei tre settori è piacevole e all’altezza di un derby decisivo. I ragazzi della tribuna effettuano tantissimi battimani, sventolano continuamente i bandieroni e cantano dal primo all’ultimo minuto di partita. Espongono anche uno striscione che celebra i 12 anni di attività del gruppo. Il sostegno è continuo anche nella gradinata, dove il tifo si sviluppa soprattutto nella zona centrale, ma in molte occasioni, soprattutto nei momenti topici della partita, riesce a coinvolgere anche gli spettatori ai lati. Pure in questo settore dello stadio, i bandieroni sono sempre in movimento e fotografo scenografiche manate, ancora più belle quando vengono coinvolti gli spettatori più defilati. Sempre nella gradinata vengono srotolati due striscioni offensivi verso i rivali, che a loro volta rispondono per le rime con un messaggio altrettanto ingiurioso. Ottima pure la prestazione dei molfettesi: anche i biancorossi cantano per tutta la partita, producono splendidi battimani e colorano il proprio spazio con i loro bei bandieroni.

La partita è molto tesa. Al Bisceglie, oggi in maglia bianca, basta solo un pareggio per superare il turno. I novanta minuti regolamentari terminano con il risultato di 0-0, per cui, come da regolamento, sono necessari i tempi supplementari per decretare la finalista. Nell’extra-time la tensione domina in campo e sugli spalti, visto che in questa fase ogni azione può essere risolutiva. Il Bisceglie riesce a resistere alle sortite degli ospiti e al 120’ il pubblico di casa può esplodere di gioia per la conquista della finalissima per la D, da disputare contro l’Ugento. I giocatori biscegliesi vanno a festeggiare dapprima sotto la gradinata, poi sotto la tribuna scoperta, mentre i molfettesi lasciano il settore evidentemente delusi dal risultato. Per loro si tratta del secondo boccone amaro da digerire dopo quello masticato nella finale della Coppa regionale persa contro il Manduria, ma gli ultras del Molfetta ci sono sempre stati al di là del risultato, dimostrando grande attaccamento ai propri colori e ideali, anche nei momenti difficili. Lo stesso merito è da riconoscere ai biscegliesi, una tifoseria storica, calorosa e passionale, meritevole senza alcun dubbio di palcoscenici più alti dell’Eccellenza.

Mentre i sostenitori nerazzurri consumano gli ultimi festeggiamenti, per me arriva il momento di rientrare a casa. Alle 20:00 mi rimetto in auto: mi aspettano quattro ore di viaggio, ma la fatica è alleviata dalla felicità che provo per aver visto un derby eccezionale, impreziosito da due tifoserie molto valide. I miei occhi sono allietati dalla bellezza delle campagne del Tavoliere illuminate dagli ultimi raggi del sole, che a poco a poco si nasconde alla vista andando a coricarsi dietro i rilievi irpini. Le mie canzoni preferite mi tengono compagnia fino a destinazione. L’ultimo pensiero in cui mi immergo prima di cadere tra le braccia di Morfeo è dedicato alla Puglia, una regione ricca di tifoserie di notevole valore e di magnifiche città, che saranno sicuramente tra le mete dei miei prossimi viaggi calcistici.

Testo e foto di Andrea Calabrese